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Lavoro di testa

"Toro in crisi" sarà senz'altro il leit-motiv della settimana, ma come tutte le espressioni abusate anche questa è superficiale e dice poco, pur non essendo certo così lontana dalla...

Redazione Toro News

"Toro in crisi" sarà senz'altro il leit-motiv della settimana, ma come tutte le espressioni abusate anche questa è superficiale e dice poco, pur non essendo certo così lontana dalla verità. "In crisi di risultati, ma non di gioco", è l'opinione espressa ieri sera da Urbano Cairo; ci permettiamo di catalogare le parole del presidente come "legittima e perfin doverosa difesa del patrimonio tecnico", ma anche di andare oltre, scavando un po' nei mali della squadra granata. Nell'assistere al nullo secondo tempo del Torino di ieri, seniotre il giudice Caselli poco distante che smozzicava continuamente dei "guarda che roba", "scarponi!", e "come facciamo ad andare in A?" faceva capire che anche i tifosi più equilibrati non erano insensibili alla pochezza tecnica dello spettacolo offerto. Nascondere la testa non serve, e dovrebbe saperlo bene chi vive a pane e Toro, perchè si è passato un anno intero (l'ultimo in Serie A) a dire che la squadra era troppo forte per fallire l'obiettivo e che le partite negative erano episodi; ma, un episodio dopo l'altro, ecco che il termine giusto diventa "consuetudine", e che il risultato finale viene irrimediabilmente pregiudicato.Aggiungiamo ancora che una legge molto elementare che regola il calcio dice che le crisi difficilmente sono "solo" di risultati: la penuria di punti deriva da una pen(uri)a di gioco, le sconfitte casuali possono accadere ma non diventano, appunto, consuetudine.E allora? E allora, al lavoro. Non che finora si sia battuta la fiacca: Colantuono, fin da Folgaria, ha fatto correre i suoi come pochi altri prima. E in campo, i giocatori corrono: certe volte a vuoto, ma non si può dire non sudino.Quel che deve lavorare è la testa. Deve diventare veloce e leggera. Ieri, dopo la partita, Gigi Apolloni lo ammetteva: il suo Modena aveva usufruito del vantaggio di non essere affatto costretto a vincere, aggiungendo di aver chiaramente avvertito, sul campo, la tensione dell'obbligo che il Torino viveva.La testa deve liberarsi dalla consapevolezza di essere "i più forti". Per due motivi: il primo, è quello che ha colto anche il mister del Modena, ossia la forzata interpretazione del ruolo di favorita che la squadra di Colantuono vive. Il secondo è quello del rischio di sentirsi superiori, evidente sul campo laddove i granata attendono fiduciosi di iniziare a segnare, certi che prima o poi accadrà. Perchè sono più forti. Così, perdono in cinismo, vedasi Diana e Di Michele nelle uniche clamorose palle-gol capitate sui piedi di giocatori del Torino. La Serie B è una livella, dove i valori tecnici non vengono del tutto azzerati ma senz'altro si avvicinano molto. Il Toro ha tecnica, ha anche polmoni e cuore (perchè, ripetiamo, i giocatori corrono e si impegnano), ma non ha la testa da B. C'è da lavorare, c'è da fare la parte più importante del lavoro..Foto Maurizio Dreosti