di Fabiola Luciani
toro
L’ultimo chilometro a testa alta
di Fabiola Luciani
In ballo, sulla sponda granata non c'era niente se non il prestigio di giocare l'ultima partita con una big. Il ritmo è stato vibrante, almeno per trequarti di partita. Un primo...
In ballo, sulla sponda granata non c'era niente se non il prestigio di giocare l'ultima partita con una big. Il ritmo è stato vibrante, almeno per trequarti di partita. Un primo tempo con un Toro che subisce la pressione dell'avversario e con un Sereni gran protagonista tra i pali a negare le occasioni da goal ai viola. Poi capitano i giorni come ieri in cui vedi un calcio che era tempo che non si vedeva nel campionato. Sciolto, sicuro, semplice e geometrico nella sua bellezza. E dall'altra parte non c'era certo uno squadretta, ma una gran bella squadra giovane, veloce, ordinata e tignosa che alla fine è riuscita a portare in porto la vittoria che le serviva, seppur in sofferenza. Si, perché il Toro di ieri, nonostante la sconfitta ha onorato il calcio giocandosi la partita fino al fischio finale dell'arbitro. Un secondo tempo dove il Toro ha saputo cambiare il protagonista in campo: da Sereni a Frey. Ha segnato pure un goal valido che poteva tagliare le gambe all'avversario, ma oggi non recriminiamo perché l'approdo in Champions dei viola è ampiamente meritato per quanto hanno saputo offrire nell'arco del campionato.Oggi sono contenta, in alcuni segnali che sono di assoluta originalità nel panorama calcistico italiano. Perché è stata una partita vera da stropicciarsi gli occhi e da leccarsi i baffi. Rimane così il rammarico ed il mistero di come altre squadre abbiano potuto regalare nelle ultime settimane prove scialbe ed incolori, determinando così i verdetti finali del campionato. La partita del Toro è stata la forza di un calcio dal quale potrebbe, se solo lo si volesse, ripartire tutto il movimento in debito di credibilità.E a detta di tutti, questi sono segni di cui andare orgogliosi e che rafforzano la nostra unicità.Siamo diversi dagli altri, dai padroni del vapore vecchi e da quelli nuovi, dai disonesti di sempre e dagli "onesti" dell'ultima ora che hanno trasformato un tratto di signorilità, ancorché abbastanza sgangherato e sfigato, in una tracotanza insopportabile. Ma questo è il calcio in Italia.
Il campionato si è concluso, ci siamo salvati e per alcuni ieri è stata la passerella d'addio. Oggi è come il primo giorno di vacanza, di quelli in cui si respira un'atmosfera strana. Di quelli che ti guardi alle spalle e rivedi l'anno che è passato. Il Toro di domani dovrà nascere non dalle alchimie finanziarie, ma dalla chimica esplosiva che nasce dal credere nei giovani e investire nella loro crescita, un Toro che non professa onestà, ma la pratica come valore fondante di un gruppo in cui tutti si rendono partecipi di un progetto, dal Capitano fino al custode del cancello della Sisport. Ripartire dai valori, ripartire dai giovani.Ora non me ne vogliate, ma a stagione conclusa mi sento in dovere di spendere due parole per colui che mi ospita in questo spazio. Si, proprio lui, il nostro Principino. Per il fatto di essere di casa, non mi sono mai prodigata molto con lusinghe e salamelecchi nei suoi confronti, proprio per non essere tacciata di servilismo, pertanto il mio "grazie" che gli rivolgo è sentito dal profondo del mio cuore, per quel che ha saputo dare nonostante i malanni fisici che lo hanno perseguitato. Un infortunio che ha condizionato la sua stagione e quando un campione s'infortuna è sempre una grave perdita, a prescindere dalla squadra in cui gioca. Quando il campione in questione si chiama Alessandro Rosina, a maggior ragione, il rammarico è qualcosa che coinvolge tutti i tifosi granata, che da sempre si identificano nel loro Capitano.Dicono che per un attaccante di razza non vi sia medicina migliore, per guarire dai momenti neri, che non quella di realizzare un goal. Dicono che la panacea sia gonfiare la rete ed infischiarsene delle prestazioni, buone o cattive che siano. Aggiungono, inoltre, che i goleador veri, quelli col pelo sullo stomaco, una volta "sbloccati" non si fermino più. Filastrocca sentita e risentita allo sfinimento dal ragazzo venuto dal sud, che aveva, fino a pochi mesi fa, collezionato un numero di detrattori pari a qualche suo predecessore dei tempi migliori. Poi, come d'incanto, il principino Ale è diventato di colpo un "vinto" dei romanzi di Verga, ha trovato due gemme consecutive dal peso specifico enorme e capaci di chiudere la bocca ai detrattori. Si sono dovuti ricredere in tanti. La cosa confortante è che adesso pure alcuni dei tifosi che lo criticavano ( pochi a dire il vero ) se ne sono resi conto. Insieme ai tifosi, aggiungo, anche i tanti Azzeccagarbugli che solo fino a qualche settimana fa si erano prodigati a darlo per sicuro partente o a inventarsi un presunto disagio del ragazzo nel rimanere nel Toro. Altri invece si sono prodigati nel fornire pozioni magiche e rimedi infallibili per tornare alla via del goal per quell'attaccante che era semplicemente "innamorato del pallone", che non sarebbe stato capace di "risolvere i suoi problemi fisici", che "si specchia troppo e non tira mai" e che non sarebbe stato in grado di "prendere per mano la squadra e condurla in salvo" come conviene ad un vero Capitano. Lui, tanto pacato nelle dichiarazioni quanto elegante nel gesto atletico, ha fatto spallucce, ha chiuso tutto in un cassetto, e ha stretto i denti come solo i campioncini sanno fare. Le due reti che hanno portato in cascina sei punti delle ultime due giornate, non gli hanno fatto montare la testa. Ora provate per un attimo a pensare a quale gogna mediatica si sarebbe andati incontro se solo, con il Napoli ed il Livorno si fossero portati a casa due punti anziché sei. Ci ha pensato lui e tutti noi abbiamo potuto dormire finalmente sonni tranquilli. Il "Principino" è tornato a risplendere.Grazie, Ale.Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA