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Lunardelli: ”Io, il Toro e quello scudetto del 1927”

L'autore dell'opera presentata al Salone del Libro il 12 maggio a TN: ''Ritraggo un'Italia che non c'è più''

Roberto Maccario

"Indagine sullo scudetto revocato al Torino nel 1927 è un libro di Massimo Lunardelli con la prefazione di Giancarlo Caselli, che tenta di fare luce sul primo vero scandalo del calcio italiano, un fatto di cui si è sempre saputo molto poco. L'opera verrà presentata il 12 maggio al Salone del Libro di Torino dal nostro vice direttore Gino Strippoli

"Ciao Massimo, illustraci in poche parole il tuo progetto.''Si tratta di una sorta di libro – inchiesta. Per scriverlo ho dovuto documentarmi, leggere i giornali dell'epoca, in particolare la Stampa e il Guerin Sportivo e ricostruire l'aria che si respirava nel nostro Paese.Da tifoso del Toro quale sono poi mi sono posto una domanda: comprammo o no quel famoso derby?''

"Ed è riuscito a darsi una risposta?''Non una risposta definitiva, ma ci sono andato vicino; in ogni caso si tratta del lavoro più completo sull'argomento''.

"Come andarono le cose?''Pare che due dirigenti del Torino, attraverso un intermediario, un giovane studente, tentarono di corrompere alcuni giocatori juventini prima di un derby. Ci fu un processo intentato dalla Lega, una causa civile in seguito alla quale tutta la colpa ricadde su due dirigenti del Toro: Nani e Pietro Zanoncelli, che si assunsero l'intera responsabilità della vicenda. All'interno del tutto però ci sono delle imprecisioni''.

"Quali?''Nella ricostruzione dei fatti solitamente fornita da tutti, compreso Gianni Brera, si parla di 50 mila lire; in realtà pare fossero 25 mila più 10 mila che lo studente intermediario chiese in caso di vittoria dello scudetto da parte dei granata, ma è molto probabile che i soldi non arrivarono mai a destinazione e che il ragazzo se li intascò fregando tutti''.

"Inoltre dalle cronache dell'epoca risulta che Allemandi, il giocatore della Juventus coinvolto, fu il migliore in campo, non è così?''Lo fu anche secondo Bruno Roghi della Gazzetta dello Sport, una firma autorevole all'epoca, ma la cosa curiosa fu che proprio Roghi non prese mai apertamente le sue difese, a testimonianza di un ruolo piuttosto ambiguo ricoperto dalla stampa durante il regime fascista''.

"Cosa ci dice sulla figura di Arpinati?''Arpinati era un gerarca fascista, nonché presidente della Lega Calcio, podestà di Bologna, proprietario del Resto del Carlino e del Littorale (il Corriere dello Sport dell'epoca) e beneficiario di altre importanti cariche. Si trattava insomma di un uomo molto influente, guarda caso tifosissimo dei rossoblu, che in quella stagione arrivarono secondi. In ogni caso pare ci fosse stata una lettera a testimonianza di uno scambio epistolare tra Allemandi e lo studente in questione, trovata da Arpinati nel cestino di una pensione torinese dopo Toro – Padova e costituente la prova d'accusa per i granata. A parte il fatto che le titolari della pensione hanno sempre smentito le dichiarazioni di Arpinati, la domanda che mi sorge spontanea è: se quella lettera esisteva davvero perché il gerarca non l'ha mai fatta pubblicare?''.

"Tornando al libro, a chi è indirizzato? Non solo ai tifosi del Torino ma a tutti gli appassionati di calcio e di storia in generale, giusto?''Sì, il calcio è il protagonista assoluto dell'opera, ma credo che essa costituisca anche un bel ritratto di un'Italia che oggi non c'è più''.

"Nel suo lavoro si associano le parole ''Toro'' e ''scudetto'': un binomio destinato a non ripetersi mai più?''Io ho 53 anni, ho visto lo scudetto del 1976 da ragazzo vivendolo, gustandolo e prendendomelo in pieno. E' ovvio che non si possono mai fare previsioni precise, tuttavia purtroppo oggi le cose nel calcio sono cambiate per cui credo che sia molto difficile''.