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Marco Ferrante: “Ljajic e il 3-5-2, perchè non ci hanno pensato prima?”

TURIN - NOVEMBER 2:  Marco Ferrante of Torino in action during the Serie A match between Torino and Brescia, played at the Stadio Delle Alpi, Turin, Italy on November 2, 2002.  (Photo by Grazia Neri/Getty Images)

Esclusiva / Il bomber granata sul futuro del Toro: "Vincere col Milan e poi lasciate fare a Mazzarri"

Marco Parella

Buongiorno Marco. Contro l’Inter è arrivato una vittoria sofferta, ottenuta con cuore, grinta e atteggiamento da Toro. La aspettavamo da tanto tempo.

Sì, tanta sofferenza e forse è stata la partita nella quale meritavi di vincere meno che in altre perse in passato. A volte quando non giocando un buon calcio riesci a vincere, può essere una svolta a livello psicologico, un segnale importante per l’ambiente.

Quando la si dava per svanita, è tornata la febbre d’Europa?

A differenza di tre settimane fa si è riaperto un piccolo spiraglio. Non sarà facile perché da qui alla fine dovresti praticamente vincerle tutte, soprattutto lo scontro diretto con il Milan. Però adesso non c’è più l’ansia di prima, forse abbiamo già bersagliato tutti tra giocatori e società per quell’obiettivo mancato e ora che numeri e spirito sembrano riaccendere la speranza, qualsiasi cosa succeda è tutto di guadagnato. Ci aspetta un filotto di partite proibitive, ma basta vedere la Fiorentina che ha vinto le ultime sei di fila, tutto è possibile.

 TURIN, ITALY - APRIL 08: Adem Ljajic of Torino FC celebrates victory with team mate Vanja-Savic Milinkovic at the end of the Serie A match between Torino FC and FC Internazionale at Stadio Olimpico di Torino on April 8, 2018 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

I risultati positivi sono iniziati con il ritorno in campo di Adem Ljajic. Può un giocatore cambiare così tanto una squadra in così poco tempo?

A volte l’entusiasmo del singolo fa tanto. Un giocatore non fa una squadra, ma a livello di caratteristiche lui è uno dei pochi al Toro che salta l’uomo, calcia bene le palle inattive, è un assist-man nato. Perciò sì, concettualmente è proprio il giocatore che ci mancava. Ora bisognerebbe farsi qualche domanda e darsi qualche risposta in merito al perché non sia stato impiegato prima. Sono verità che noi non sapremo mai del tutto, ma si può immaginare che ci fossero problematiche non con lo spogliatoio, ma tra giocatore e società. Soprattutto alla luce del fatto che i problemi sono iniziati con la gestione di Mihajlovic. Il povero Mazzarri non ne poteva nulla, si è trovato il guaio già in casa e ha seguito le direttive della società, a discapito dei risultati.

Del rientro tra i titolari del numero 10, ha beneficiato enormemente anche il numero 9, Andrea Belotti.

È tornato il Belotti che tutti ci ricordavamo. Non un attaccante da ultimi 16 metri, ma uno che svaria su tutto il fronte d’attacco, una punta che ha bisogno di spazi e soprattutto di palle intelligenti per andare in porta. E chi meglio di Ljajic può rifornirlo?

Diciamo che con il 3-5-2 si trovano meglio un po’ tutti, dalla difesa all’attacco. Concordi?

La domanda sorge spontanea: perché non lo si è pensato prima? Il buon inizio di Mazzarri, a livello di risultati, ha coperto le magagne, poi il Toro è entrato in un tunnel che ha compromesso quasi del tutto la qualificazione europea. Oggi quella fiammella è tornata a bruciare. Mazzarri può aver commesso ingenuamente qualche errore, ma è difficile entrare in corsa, a differenza di Mihajlovic. Poi era fisiologico attendersi un periodo di reciproca conoscenza con i giocatori. Ci vuole tempo per queste cose, per capire quale modulo adottare. Solitamente sono cose che provi durante il ritiro estivo, quando puoi ancora vagliare diverse soluzioni. Tutto sommato, penso che l’ultima persona a cui si possano muovere delle critiche sia Mazzarri.

 TURIN, ITALY - APRIL 08: Torino FC head coach Walter Mazzari reacts during the Serie A match between Torino FC and FC Internazionale at Stadio Olimpico di Torino on April 8, 2018 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

Con la base di questi primi mesi in granata, la prossima stagione ci si aspetta tanto da tecnico, società e giocatori?

Per raggiungere obiettivi importanti, servono giocatori importanti. L’allenatore deve dire alla società con che modulo intende giocare e quali interpreti ha bisogno. Il Ds deve cercare di accontentarlo. Un po’ come successo con Mihajlovic che si sbilanciò molto a fine mercato (“Se non raggiungo l’Europa League, me ne vado”, disse). Solo rispettando queste condizioni si potrà poi incolpare Mazzarri di un eventuale fallimento. Adesso che gli si può imputare?

Tra i nomi importanti che la società “regalò” a Mihajlovic c’è un certo Niang…

Il ragazzo non si è ancora ambientato. Torino è una piazza difficile perché, indipendentemente dalle qualità tecniche, il tifoso vuole vedere uno che si impegna, si sbatte, suda e dà sempre il 100% nonostante il risultato. Lo dico per esperienza. Per questo, forse ora in tanti sono scontenti di Niang.

In realtà anche Ljajic, un po’ come Niang, prima di arrivare al Toro era conosciuto come uno che non correva molto per la squadra. Ora invece recupera palloni e macina chilometri. Cos’è successo?

A volte in un giocatore scatta quella scintilla e si completa una maturazione. Ecco perché, secondo me, per Ljajic e per Niang queste sono le piazze importanti. Dove il pubblico ti mette pressione e se non corri ti insulta dal mattino alla sera. Ma in maniera costruttiva. Uno l’ha capito, l’altro ancora no, ma può essere ancora giustificato perché è alla sua prima stagione in granata. Non voglio trovargli alibi, perché comunque Niang deve e dovrà molto di più, ma non solo nel Toro, in generale nella sua carriera. Altrimenti rimarrà sempre quel mezzo giocatore con tutte le carte in regola per diventare un campione, ma che si ferma a 30 invece che fare 31.

Che voto dai al presidente Cairo, alla luce dei risultati del “suo” Torino 2017/’2018?

È un presidente molto presente, ma non so se passionale. Intendiamoci, non è per forza necessario esserlo, guardata per esempio l’eccesso opposto, Ferrero della Samp; ma il tifoso del Toro se lo aspetta, vuol vedere anche questo. Quando si vince una partita inaspettata, tanto per dire, magari un presidente passionale potrebbe andare sotto la curva insieme alla squadra. Cairo è una brava persona che ha fatto del bene al Toro, ma anche a se stesso, con tutte le plusvalenze di questi anni. Ottenute meritatamente, perché non si fanno plusvalenze per caso, bisogna essere abili a prendere giocatori a basso costo e rivenderli bene. Da questo punto di vista i meriti sono indubbi.

Augurandoci ogni bene per questo finale di stagione a tinte granata, cosa può servire al Toro da giugno in poi?

È presto per pronosticare eventuali partenze o conferme. Capita che un calciatore sbagli una stagione intera, ma se fa bene le ultime 6/7 partite non solo ha la riconferma da parte del club, ma improvvisamente diventa anche appetibile sul mercato. La linea si potrà tirare quando mancheranno solo un paio di giornate.

E sul fronte obiettivi di mercato?

Non è detto che se spendi, vinci. L’Inter è un esempio perfetto per capire che il raggiungimento di traguardi non è automatico, nemmeno se spendi tanti milioni. Io credo che Mazzarri sia un allenatore che ha un’esperienza europea, avendo allenato all’estero e, dall’altro lato, sa come gestire i grandi giocatori, con il suo trascorso a Napoli. Per cui lui sa cosa serve per rinforzare l’ossatura della squadra nell’ottica di traguardi ambiziosi. Certo, non si possono vendere i migliori ogni anno, anzi, le grandi squadre si costruiscono inserendo ogni anno un pezzo del puzzle. Così come sta facendo ultimamente l’Atalanta e nello stesso modo in cui, in ben altri tempi, venne costruito il Toro di Mondonico.