di Stefano Rosso
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Panchina a rischio? Quando la squadra gioca contro l’allenatore
di Stefano Rosso
Quando una squadra è in crisi di risultati, la classifica piange ed oltre al malcontento popolare anche le prestazioni sul campo iniziano a scarseggiare significa che, per la...
Quando una squadra è in crisi di risultati, la classifica piange ed oltre al malcontento popolare anche le prestazioni sul campo iniziano a scarseggiare significa che, per la dirigenza, è arrivato il tempo di monitorare attentamente l'umore dello spogliatoio per valutare la possibilità ma soprattutto l'effettiva necessità di cambiare la guida tecnica della squadra.
Tralasciando le dichiarazioni di rito che negli anni e su tutte le panchine d'Italia allenatori e dirigenti vari hanno sempre intonato all'unisono "in tutta la mia lunghissima carriera non ho mai visto una squadra giocare contro il proprio tecnico" - senza nemmeno credere loro stessi per primi alle proprie parole - e le amare considerazioni circa lo strapotere dei calciatori in grado di modificare ed influenzare pesantemente persino le strategie societarie, si andrà ad analizzare il primo cambio in panchina del nuovo Torino dovuto all'umore del gruppo per valutare le condizioni e gli effetti che possono portare ad un esonero dell'allenatore.
Anzitutto, come anticipato, i sintomi della fine dell'intesa tra un tecnico ed il proprio gruppo sono molteplici, ma caratterizzati principalmente dalla compresenza di tre fattori: flessione di risultati, ambiente negativo e rotazione continua ed improvvisa dei giocatori.
A conferma di questa tesi si può citare, ad esempio, la stagione 2006-2007, la prima in serie A del Torino targato Urbano Cairo: dopo un discreto avvio di campionato con Alberto Zaccheroni alla guida, la squadra inizia ad avere un calo di risultati e le prestazioni in campo, già non particolarmente brillanti ed affidate quasi unicamente all'esplosività di un giovane Alessandro Rosina, latitano. Il tecnico romagnolo conclude il 2006 con un pareggio prenatalizio a Livorno e dal rientro delle festività infila sei sconfitte consecutive in altrettante gare: l'ultimo di queste, il 3-0 a Verona contro il Chievo senza mai tirare in porta per tutta la gara, gli costa la panchina.
Se i primi due fattori si possono intuire - flessione di risultati significava piena zona retrocessione, mentre per ambiente negativo s'intendeva umore basso di tifosi e giocatori, eccessiva mancanza di grinta e prestazioni sul campo - il terzo è facilmente rintracciabile dalle statistiche: salvo alcuni discutibili perni fissi - Pancaro e Barone su tutti - il resto della rosa ruota in continuazione e l'emblema di questo disagio è l'attacco. Il modulo prevede una punta sola e, nonostante la presenza del solo Stellone in squadra con le caratteristiche per giocare da centroboa, Zaccheroni, oltre all'attaccante romano, alterna anche Muzzi e Abbruscato inserendo persino Oguro a partita in corso: il risultato, com'è prevedibile, è una volontaria confusione tecnica e tattica che porta, nel giro di un mesetto, al ritorno di Gianni De Biasi.
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