di Edoardo Blandino
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Quell’applauso della Maratona
di Edoardo Blandino
C’era una volta un Toro molto aristocratico. Forte sulla carta e bravino a parole. Era una squadra appena retrocessa in B che aveva costruito un organico...
"C’era una volta un Toro molto aristocratico. Forte sulla carta e bravino a parole. Era una squadra appena retrocessa in B che aveva costruito un organico apparentemente superiore agli altri club per tornare immediatamente in Serie A. La fiducia era alle stelle, c’era molta soddisfazione per il mercato estivo appena concluso e qualche giornale affermava, erroneamente, che questo Toro avrebbe infranto tutti i record. L’inizio di campionato era stato brillante, ma presto qualcosa si inceppò. Il giocattolino perfetto divenne una congegno difettoso che mostrava problemi da tutti i punti di vista. I buoni risultati cessarono e la crisi fu più grave che mai. Eppure la squadra granata, composta da giocatori di nobile stirpe, continuava a sostenere di potercela fare con le proprie forze e che il vero valore si era appena intravisto. Un po’ come un eroe assopito che si stava riposando dopo lo scontro iniziale. In fondo, i granata erano tutti giocatori da Serie A ed alcuni di loro avevano anche giocato in nazionale. Non era possibile che non riuscissero a conquistare una promozione. Eppure il cavaliere dormiente non sembrava risvegliarsi nonostante tutto ciò che gli stava accadendo. Sembrava aver ingerito un sonnifero potentissimo. E intanto il popolo iniziava a spazientirsi. Più passava il tempo, più il malumore prendeva piede. Appena i giocatori sbagliavano qualcosa piovevano fischi e critiche. Ma tanto si sarebbe aggiustato tutto: la squadra era forte. Tuttavia gli aristocratici granata non si resero conto di ciò che gli stava accadendo e dai fischi alla rivoluzione il passo fu breve. Il Terzo Stato si ribellò contro il Clero e la Nobiltà. Prima fu minacciata la società, poi toccò ai giocatori. La frattura tra tifosi e Torino era diventata insanabile. Toccò a Petrachi il compito di traghettare la squadra fuori da questa situazione. Il ds granata in un mese disfò e rifece una rosa: si liberò di tutti i giocatori di nobili origini e ne prese altri vogliosi di ripartire da zero. Il lavoro fu apprezzato le contestazioni si placarono. Non era più un Toro aristocratico, ma era diventato un Toro operaio. Il popolo si rese conto del reale cambiamento. E l’atteggiamento mutò immediatamente. Infatti contro il Brescia, a fine match, anziché contestare, i giocatori poterono andarsi a prendere i meritati applausi della Maratona. E nel post partita vissero tutti felici e contenti.
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