gazzanet

Rino Foschi: “Belotti? Andava venduto, ma Cairo ha voluto fare un regalo ai tifosi”

GRADISCA D'ISONZO, ITALY - JULY 10:  Sport Manager Rino Foschi answers questions during his presentation at US Citta' di Palermo training camp base on July 10, 2016 in Gradisca d'Isonzo, Italy.  (Photo by Tullio M. Puglia/Getty Images)

Esclusiva / L'ex direttore sportivo del Toro su Belotti: "L'avrei venduto per 70 milioni, lo sacrificherei anche per 50"

Marco Parella

Rino Foschi è uno dei grandi vecchi del calcio italiano, da quasi quarant'anni nell'ambiente e vecchia volpe del calciomercato. Con il Torino ha vissuto un periodo difficile, ma le sue idee sui granata di oggi non lasciano spazio a interpretazioni.

Buonasera Direttore. La stagione sta volgendo al termine e il Torino non ha saputo centrare gli obiettivi che si era dichiaratamente prefissato. Dall’esterno come giudica i granata?

Il Torino l’anno scorso ha fatto una discreta annata e in generale negli ultimi anni è in crescita, grazie all’acquisto di buoni giocatori. Quest’anno ha avuto una battuta d’arresto e nonostante il cambio di allenatore i risultati non sono arrivati. Capisco la delusione dei tifosi, perché Torino è una piazza un po’ particolare, tutti si aspettano qualcosa in più e in città viene inevitabile fare il paragone con una Juventus che vince. Però la Serie A non è facile e non bisogna farne un dramma.

La delusione è maggiore considerando che in estate la quasi totalità degli addetti del settore indicava il Torino come l’outsider del campionato. Anche lei ci credeva?

Per una qualificazione in Europa League no, sono sincero, ma anch’io mi aspettavo che la squadra facesse qualcosa in più. Avendo trattenuto Belotti, pensavo che il Toro avrebbe ottenuto qualche punto in più per, quantomeno, lottare un po’ più vicino alla zona delle coppe.

Se guardiamo ai singoli, reparto per reparto, la rosa allestita da Cairo sulla carta è competitiva. Cosa è mancato?

Non glielo so dire. I giocatori importanti ci sono, dalla porta fino all’attacco; sono anche stati lanciati alcuni giovani interessantissimi e si è provato a dare una scossa con il cambio in panchina. Non è servito. Il calcio è fatto di episodi, la palla è tonda. Sarebbe bastato vincere un paio di partite in più per accontentare i tifosi. La società sta lavorando bene, ma quando sei sotto dove vorresti essere, è normale essere delusi.

Negli ultimi anni il monte ingaggi del Torino è cresciuto molto. Non di pari passo invece i piazzamenti a fine stagione. Serve altro per fare il salto di qualità?

Ci sono squadre che hanno speso più del Torino e pagavano stipendi maggiori e sono retrocesse. Il Milan stesso ha speso oltre 220 milioni e in campo non sempre si sono visti. Questi parallelismi non reggono, però mi sembra che la società sia solida.

Dopo tanti anni nel mondo del calcio, secondo lei qual è la strada su cui puntare per migliorare?

La differenza la fa la classifica, perché se arrivano i risultati allora diventi bravo in tutto, dalla prima squadra alle giovanili. Però non è sempre così. L’Atalanta in passato ha destinato tanti fondi al suo vivaio, ha costruito uno dei centri sportivi più belli d’Italia, ma ha rischiato di retrocedere. Poi ha trovato un nuovo allenatore che adesso sta rendendo al massimo e sta sfornando talenti a ripetizione. Anche l’Udinese di Guidolin sembrava un altro modello da seguire, ma seguiva un percorso diverso, fatto di centinaia di giovani presi in giro per il mondo, tra i quali ogni tanto se ne metteva in luce uno. Sembrava un paradiso, ma le cose non hanno funzionato così bene. Era l’esempio sbagliato, quello corretto è l’Atalanta.

Le giovanili del Toro negli ultimi anni stanno ottenendo grandi successi. Se questo è il segreto, allora dobbiamo solo pazientare ancora un po’…

Cairo ha investito molto anche nei giovani, ha rifatto il Fila e credo che il Torino è sulla giusta strada.

Proiettiamoci al futuro. Ci crede al progetto Mazzarri?

Il progetto Mazzarri è il progetto Torino. Lui è un bravo allenatore, ma è Mazzarri che deve sposare il progetto Torino, non viceversa. Il progetto lo fa la società, che è quella che fa i conti dietro la scrivania e pensa a come spendere e ammortizzare i costi. Prima di accettare l’offerta di Cairo, Mazzarri avrà sicuramente chiesto le intenzioni future del Torino, i suoi programmi e la sua prospettiva. Per cui immagino sia pronto ad adattarsi a queste condizioni.

Anche lei con Cairo si è dovuto un po’ adattare…

I miei tempi al Toro erano più nervosi e la squadra imparagonabile. Io non ho fatto molto bene, ma la verità è che non ho potuto fare mercato. Mi è capitata la fortuna di essere in una piazza importante come Torino, ma sono arrivato nel momento sbagliato. La squadra era agli ultimi posti e nel mercato di gennaio non ho avuto la possibilità di esprimermi, di lavorare. Dovevamo aspettare la fine della stagione per capire le strategie da adottare. Questo è il mio rimpianto, senza trovare scuse.

Consigli di mercato per il Toro 2018/’19?

No, no, non mi permetto. Petrachi sa fare il suo lavoro e lo ha dimostrato. È stato anche premiato come miglior Ds. Nomi caldi per la prossima estate? In Serie B ci sono tanti giovani interessanti italiani, punterei su quelli. Guardo con molta ammirazione il lavoro della coppia Cairo-Petrachi negli ultimi tre anni, anche se adesso i risultati non danno loro ragione.

"In uscita, invece, il cognome che si sentirà più spesso è Belotti. Lei lo venderebbe?

Andrea lo conosco bene e ha disputato una stagione splendida, poi è stato condizionato dall’infortunio. Il Torino è stato molto bravo a prenderlo al momento giusto e pagarlo pochissimo, poi nel momento in cui doveva essere venduto Cairo ha voluto fare un regalo alla piazza, ha messo la clausola e lo ha trattenuto. Alle cifre che so che aveva in mano, io l’avrei venduto: io a 70 milioni Belotti l’avrei venduto. Adesso è difficile che si raggiungano quelle cifre, ma con le punte non si può mai sapere, oltretutto per uno con le sue caratteristiche. Se arrivasse un’offerta da 40-50 milioni, sono del parere che la società dovrebbe venderlo. Il Torino non può permettersi di rifiutare certi incassi, non è la Juventus che non vende Dybala e non ne soffre il bilancio. Il Gallo può essere l’uomo da sacrificare per rinforzare la squadra in tutti i reparti, nonostante lui certamente tornerà a essere il giocatore di prima, letale in zona gol.