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Sandro Mazzola: “Spiego chi era Valentino ai miei nipoti”

Sandro Mazzola (foto overpress)

Esclusiva / Il figlio dell'indimenticato Capitano del Grande Torino si commuove per il prossimo centenario: "Vorrei il Museo dentro il Fila"

Marco Parella

Sabato 26 gennaio sarà una data importante per ogni tifoso granata che si rispetti, ma per uno in particolare vorrà dire qualcosa in più.

Buongiorno Sandro Mazzola. Tra due giorni sarà il centenario della nascita di suo padre Valentino. Emozionato?

Sì, probabilmente non uscirò di casa quel giorno. Andrò a prendere vecchi album di foto e li mostrerò ai miei nipoti, raccontandogli qualcosa del loro bisnonno.

Li sta crescendo bene, dunque…

Sì, ascoltano e si interessano. Sono due: uno predilige soldatini e giocattoli, l’altro appena arriva mi dice “nonno, andiamo giù al parco a giocare a pallone”.

Lei si è trovato addosso il compito di tramandare la memoria di un uomo e un simbolo ingombrante come suo padre fin da quando era un ragazzino. Le è mai pesata questa responsabilità?

No, assolutamente. L’ho sempre sentita come la cosa giusta da fare, non è mai stata un peso.

Lei ha attraversato gli ultimi sette decenni del calcio italiano: da quando suo padre faceva innamorare tutta l’Italia ad oggi, passando per i suoi indimenticabili trascorsi interisti sul prato verde. Com’è cambiato il gioco del pallone in queste tre tappe?

Ai tempi del Grande Torino il calcio era tutto basato sulla forza fisica. Quando giocavo io invece è stata l’era della fantasia, della tecnica, della creatività perché ci davano il pallone appena entravamo in campo per l’allenamento e vivevamo in simbiosi con la sfera: destro, sinistro, testa, petto, tacco. Oggigiorno è ritornato l’atletismo dei calciatori, è logico, è la strada che si è scelta per rendere più veloci e spettacolari le partite.

A proposito di attualità, domenica c’è Toro-Inter. In questi casi non si chiede per chi tifa, ma come vive il suo derby personale?

Tifo per entrambe, quindi quando si scontrano si può dire che non tifo per nessuna delle due. Quando il Toro fa una bella giocata sono contento, poi penso all’Inter e mi dispiaccio. Allora aspetto che ne facciano una altrettanto bella i nerazzurri. Non mi interessa il risultato.

 MILAN, ITALY - APRIL 28: Alessandro Sandro Mazzola awarded by Inter Forever before the serie A match between FC Internazionale and Juventus at Stadio Giuseppe Meazza on April 28, 2018 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani - Inter/Inter via Getty Images)

Che partita sarà?

Ci sono i presupposti per una gara divertente e aperta perché in campo ci saranno tanti giocatori di qualità.

Da uomo di campo, secondo lei rivedremo presto il Belotti migliore?

Bisogna aspettare. Le qualità le ha e non voglio sentire critiche su di lui. Due stagioni fa fece 26 gol e non è stata solo fortuna. La fortuna ti assiste in una partita, non per tutto un campionato. Chi sa fare gol ricomincerà a farli presto, basta attendere il momento giusto.

Che opinione ha sulle rispettive società di Inter e Torino?

Bella domanda, non sono facili da decifrare. L’Inter si sta assestando dopo il cambio di proprietà, il Toro è speciale, nel bene e nel male. Quindi non si riesce mai a prevedere quale sarà la prossima mossa.

Una mossa che in tanti tifosi aspettano e, credo, farebbe estremamente piacere a lei in particolare è vedere il Museo del Grande Torino trasferito e inglobato in un luogo sacro come il Filadelfia. Quanto sarebbe importante per lei?

Sarebbe meraviglioso riunire mio padre e i ragazzi del Grande Torino con il Fila attraverso i loro cimeli e le loro storie. Spero accada presto. Mi permetta di ringraziare ancora una volta i volontari che tengono vivo il ricordo e la storia del Toro attraverso la loro dedizione al museo. Non credo che altre squadre al mondo possano vantare un attaccamento simile.

A proposito, dopo un anno e mezzo dall’inaugurazione, le piace il nuovo Fila?

Le confesso che ogni volta che ci entro mi manca il respiro. I ricordi prendono il sopravvento. Ripenso soprattutto ai derby giocati su quel prato, quando mio padre mi portava a bordo campo e mi metteva la maglia granata. Il capitano della Juve di allora faceva lo stesso con suo figlio e io e quel bambino vestito di bianconero passavamo tutta la partita a guardarci in cagnesco. È una cosa che dà il senso di tutto, mi scalda ancora il cuore ogni volta che ci penso.