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Sirigu: “Lo spirito Toro non è un concetto astratto. Onorato di giocare qui”

Le parole / Il portiere granata ha rilasciato un'intervista a France Football

Redazione Toro News

Salvatore Sirigu ha rilasciato un'intervista a France Football in cui ha trattato diversi temi, dal suo presente al Torino alle difficoltà incontrate in passato. Non mancano anche riferimenti al suo passato al PSG.

Sul Filadelfia - "Si sente chiaramente che vestire questa maglia ha qualcosa di particolare, un po' come se la storia di questo club ti entrasse nella pelle. Ma non mi pesa anzi: sono onorato di giocare nel Torino. Per quello che rappresenta in Italia, per quella mitica squadra del 1949, per i grandi giocatori che ci sono passati . Una squadra che, piano piano, è riuscita a guadagnare i piani nobili della A".

Sulla presenza dei granata a Torino - "Assolutamente [onnipresente]. Nei primi tempi, amici e parenti che mi venivano a trovare dicevano: "Incredibile che nella città della squadra italiana più titolata non si trovino tifosi juventini, ma granata ad ogni angolo!". A Torino, i riferimenti al Toro sono permanenti. Tutti parlano dei giocatori e degli allenatori che hanno fatto la storia. Vi assicuro che lo spirito Toro è tutto meno che un concetto astratto!".

Sul rilancio personale - "È un modo di vedere le cose che non mi spaventa. Non bisogna drammatizzare: credo che nella carriera di un calciatore, come in quella di qualsiasi sportivo, sia normale avere degli alti e dei bassi. È come affronti le cose che importa. È facile impegnarsi a fondo quando va tutto bene, ma bisogna essere combattivo e determinato in tutte le circostanze: è l'unico modo per superare le difficoltà del mestiere. La costanza nel lavoro quotidiano è il miglior modo di affrontare i momenti difficili".

Sul suo livello attuale - "Diciamo che a trentadue anni mi considero anche come un portiere giovane, che ha tanto da dare. L'età è relativa in questo ruolo. Certo, ho già vissuto tante situazioni che mi hanno arricchito, ho fatto molte esperienze e e ho accumulato un certo bagaglio. Conosco il mio valore e quesoto mi dà sicurezza nell'affrontare le partite, nel gestire le situazioni complicate durante il week-end".

Sulla sua crescita tecnica dal 2011, quando lasciò il Palermo - "Sì [sono cresciuto]. La tecnica di base è la stessa, ma ho avuto occasione di incontrare differenti altri metodi d'allenamento e di lavoro, che mi hanno permesso di capire gli aspetti dove posso migliorare".

Sulla preparazione contro i rigori - "Si possono studiare le abitudiini di chi calcia, ma il rigore è soprattutto questione d'istinto. Al momento del tiro, la sensazione che hai vale più di tutto quello che hai imprato in precedenza su chi ti si presenta davanti. Poi ho capito che oltre all'istinto è soprattutto questione di tempistica: bisogna scegliere il momento giusto per tuffarsi. Spesso è questo che fa la differenza".

Sulla voglia - "Ho sempre avuto questo entusiasmo. Oggi forse appare sotto una luce diversa. Questa voglia folle di migliorare e di vincere è cresciuta soprattutto perché ho capito che nessuno può farti tornare al passato, Per continuare a vivere grandi momenti, devi stare ad un certo livello, andare a mille all'ora. Senza girarsi indietro, senza rimpianti e senza lamentarsi".

Sulla rivincita - "Non ho mai risposto a qualcuno o dimostrato qualcosa riguardo ad una situazione passata della mia carriera. Mi sono sempre lanciato delle sfide per motivarmi, migliorarmi, capire dove posso arrivare".

Se ha pensato a lasciare prima del Toro - "Assolutamente no. Ho conosciuto periodi difficili, ma è stata la voglia di schiacciare sul pulsante reset che mi ha guidato. Molti si sono concentrati sul mio ultimo periodo turbolento a Parigi, io non ci ho mai dato grande peso. Non era una situazione facile, soprattutto durante la settimana, visto che in partita sei sempre concentrato al 100% a vincere. Certo, sapevo che dopo essere stato sempre titolare, non era un bel modo di finire. Ma vdo che anche che nella mia ultima stagione a Parigi ho giocato quattoridici partite ufficiali, vinto la Coppa di Francia e la Coppa di Lega, e non ho preso gol nei tre match di Ligue 1. Ho fatto sempre buone prestazioni e stavo meglio che in altre annate. Con il PSG è finita in una maniera complicata, ma voglio soprattutto vedere il bello. Senza dimenticare l'ultima partita: finale di Coppa di Francia contro il Marsiglia! Cosa puoi sperare di meglio come conclusione che vincere quella partita?".

Se segue ancora il PSG - "Se c'è un articolo o dei video, li guardo volentieri. Non si possono dimenticare cinque anni e dodici trofei insieme".

Se si chiede ancora il perché dell'addio - "È più il modo di come si sono sviluppate le cose del fatto di non giocare molto che mi fa domandare. Ma non sono né il primo né l'ultimo a cui succede. Preferisco guardare l'aspetto positivo e constatare che la squadra che ha cominciato il ciclo vittorioso, che ha scritto la storia, è sempre nel cuore dei tifosi, come mi dimostrano quelli che incontro. Penso di essermi fatto apprezzare sul piano umano, anche solo per aver fatto lo sforzo di parlare francese. E non ho mai cercato polemiche. Di tutti questi anni terrò particolarmente con me il ricordo di un gruppo fantastico. Qualcuno parla di clan, ma non è vero, lo garantisco. C'era una grande solidarietà in campo e una bella atmosfera fuori".

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