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culto

Guastafeste

Francesco Bugnone

Culto torna col secondo capitolo dell'ideale trilogia sul 1979/80. Stavolta Francesco Bugnone racconta quando il Toro interruppe l'incredibile striscia positiva del Perugia di Castagner

C’è stato un periodo cui il Wimbledon era decisamente malvisto in Inghilterra. Gioco noioso, spesso cattivo, eppure resisteva nella massima serie e non voleva saperne di andarsene per lasciare il posto a squadre più modaiole. Lungi dall’offendersi, i “Dons” facevano quadrato e alzavano la posta, quasi fieri di questa fama. Si sentivano come quelli che, invitati per forza a una festa, la rovinavano scientemente. Nel 1987/88 la Crazy Gang di Fashanu, Vinnie Jones, Dennis Wise (“sarebbe capace di scatenare una rissa in una stanza vuota”) e Dave Beasant vincerà addirittura la coppa d’Inghilterra contro il Liverpool grazie a un colpo di testa di Lawrie Sanchez e a un rigore parato dal succitato Beasant ad Aldridge.

Nelle mie fantasie adolescenziali avrei voluto un Toro così. Aggressivo, stronzo il giusto e guastafeste. Un Toro di cui gli avversari dovevano preoccuparsi quando gli servivano punti per l’obiettivo e dovevano farci visita. Spesso e volentieri, però, eravamo noi quelli con la festa guastata, per esempio nella famosa sfida col Chievo 97/98. Qualche volta, però, è successo che siamo stati noi a rompere decisamente le scatole al prossimo, a rovinare un momento magico, a beffare gli avversari in maniera crudele. Una volta abbiamo anche interrotto una striscia senza sconfitte che durava da ben trentasette partite.

Il Perugia di Castagner ha concluso il campionato 1978/79 senza perdere nemmeno una partita, ma questo ruolino non gli è bastato per vincere il campionato visto che il Milan è riuscito a cucirsi sul petto lo scudetto della stella. L’acquisto di Paolo Rossi nell’estate successiva lascia presagire la voglia di provare nuovamente a dare l’incredibile assalto al primo posto dell’anno. Nelle prime sei giornate gli umbri continuano a non perdere, anche se ben cinque partite si concludono in parità. Su sei reti realizzate, cinque sono di Rossi (tre su rigore) e una di Goretti a evitare, al 90’, un ko a Bologna che avrebbe interrotto anzitempo l’imbattibilità perdurante dall’ultima giornata del 77/78. Poi arriva il Toro.

Il Toro 79/80 lo abbiamo già conosciuto nello scorso episodio di Culto, quando è stato estromesso dallo Stoccarda in un primo turno di Coppa Uefa che grida vendetta al cielo. Le scorie di quell’ingiustizia si sentono nelle gambe e nella testa, così i granata pareggiano contro la Fiorentina e a Roma e, cosa più dolorosa di tutte, perdono un derby contro la Juventus più in difficoltà degli ultimi anni. A rendere più forte l’amarezza il fatto che fossimo anche passati in vantaggio al 30’ con la zuccata dell’irresistibile Graziani di questo avvio di stagione. Dopo soli 4’ una papera di Terraneo su tiro di Bettega riequilibrava la situazione e a poco più di venti minuti dalla fine un errore inusuale di Danova a centrocampo lanciava il contropiede solitario di Tardelli per il 2-1 finale.

Il Perugia arriva alla gara contro di noi col morale alto, perché la sua invincibilità pare proseguire anche in Europa: dopo aver eliminato la Dinamo Zagabria, il Grifo è tornato da Salonicco con un prezioso 1-1 contro l’Aris. Fra i granata ci sono ferite da leccare e formazioni da inventare, visto che Pecci verrà addirittura schierato libero (quinto protagonista nel ruolo della stagione: chi viene piazzato dietro i marcatori sembra infortunarsi magicamente).

Il Toro parte in maniera prudente. Pecci prende misure al suo nuovo ruolo, Danova mette la museruola a Paolo Rossi dimenticando il pasticcio della stracittadina in tempo zero. L’unico vero brivido arriva in avvio quando, su azione d’angolo, Bagni si ritrova liberissimo in area, ma si dimentica di essere un centrocampista col vizio del gol e sparacchia alto. Col passare dei minuti iniziamo a rispondere presente anche in avanti, giocando rapidi di rimessa e chiamando Malizia a un paio di interventi, uno dei quali su bel colpo di testa di Pulici. Le fatiche di coppa sembrano fiaccare le offensive umbre man mano che si va avanti e inizia a balenare nei cervelli di tutti che forse si possa portare via più di un punto.

Al 57’ entra finalmente in campo la grande assente dell’avvio di stagione granata, quella che avrebbe avuto modo di evitare i numerosi infortuni granata, la rete nel recupero con lo Stoccarda, gli errori banali, i legni colpiti. La fortuna si ricorda di noi e bacia il piede di Salvatore Vullo.

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Totò Vullo è una delle mie icone personali di quel Toro fine anni 70. Grintoso, mille polmoni, difficile da arginare sulla fascia, il suo essere è tutto nell’azione che porta al gol Claudio Sala contro lo Stoccarda dove ha sradicato dai piedi dell’avversario una palla che molti avrebbero dato per persa e ha crossato perfettamente per il suo Capitano. A rendere ancora più entusiasmante il quadro quei baffi spioventi stile film di Sergio Leone che ne caratterizzavano il volto. Quel pomeriggio Vullo ha la palla sulla sulla fascia mancina, nei pressi del vertice dell’area. La porta sul destro e centra. La traiettoria è maligna, basterebbe una deviazione per spiazzare il portiere. O basterebbe semplicemente l’errore di un difensore. Ceccarini, infatti, sembra in anticipo per spazzare di testa, ma, ingannato dal movimento di Giuseppe Greco, manca l’intervento e la sfera si adagia in rete. Toro in vantaggio.

Il Perugia non reagisce, il Toro si scopre cattivo. Graziani, in questo avvio di stagione, sta giocando in maniera sublime, è ovunque, in attacco, in difesa, poi te lo ritrovi ancora davanti alla porta a sbatterla in rete. Stavolta, invece, fa segnare. Si invola a testa bassa per rincorrere un pallone sulla fascia destra, poi affronta una avversario e trova lo spazio per centrare dal fondo. Della Martira non riesce a intervenire di testa e Pulici, con bravura e opportunismo, incrocia in rete da un passo. Da gemello a gemello: due a zero.

Dopo la gara ci sono sorrisi e pacche sulle spalle, il Toro si è come liberato di una zavorra e si ricomincia a parlare di scudetto, a rivedere il sereno. Radice dice che ci voleva proprio fare due punti in questo modo e su questo campo. Purtroppo ben presto i granata saranno di nuovo avvolti in una spirale di risultati non molto positivi e, dati alla mano, questa sarà l’ultima vera impresa del primo periodo granata del mister dell’ultimo scudetto. Un’impresa, però, che è e rimarrà negli almanacchi. Per una volta siamo stati “guastafeste”.

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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata. 

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