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Parma-Toro 0-1: un bel modo di preparare un derby

Parma-Toro 0-1: un bel modo di preparare un derby - immagine 1
Nel 2002 il Toro scelse un buon modo per avvicinarsi al derby: vincere a Parma, cosa mai successa in Serie A. Francesco Bugnone ce ne parla nella nuova puntata di Culto

Francesco Bugnone

"La partita prima del derby", col passare degli anni, ha raggiunto una sorta di mitologia grottesca. Si passa dalle domande marzulliane stile "preferiresti vincere la prossima o il derby?" (Ma perché non tutte e due le partite? C’è una legge? E poi perché se alla fine finisce che spesso facciamo cagare in entrambe? Mistero della mente umana) al "Non pensiamo al derby che prima giochiamo contro Tizio, ma non pensiamo al derby, mi raccomando, niente derby, derbyyyyyy" con la parola derby ripetuta ottantacinque volte in una frase, proprio per dimostrare che no, non stiamo pensando assolutamente al derby, ma va. Comunque sia in tempi recenti spesso la gara prima della stracittadina si è risolta in mezzi psicodrammi, come una sconfitta interna contro il Sassuolo con tanto di rigore fallito da Sanchez Mino, in figure barbine, come uno 0-2 subito a Parma con lo squalificato Novellino sgamato in un cesto della biancheria a dare indicazioni durante l’intervallo, o in gare totalmente snobbate, come una sconfitta a Siena in Coppa Italia dove il Toro bis disputò una gara adatta alle cornice di pubblico (950 spettatori) e tornò a casa con due pere sul groppone.

Un’eccezione a questa triste regola avviene il diciassette febbraio del 2002, nonostante sulla carta fosse tutto apparecchiato per una delusione o una beffa. Il Toro affronta il Parma al "Tardini" dove non ha mai vinto in serie A e l’ultimo successo è datato 1959  in serie B con reti di Moschino e Bearzot. Dopo il disastroso interregno di Passarella, preso come ripiego dopo che il Milan scippò ai ducali Ancelotti in seguito al ko proprio contro il Toro che fu fatale a Terim, la squadra affidata a Carmignani è in netta ripresa con tre vittorie consecutive e la finale di Coppa Italia, che vincerà, conquistata. In più c’è il fattore beffa: i gialloblù schierano l’ex Sukur in attacco, vuoi che non ci segni? Anche il Toro di Camolese è in un ottimo momento. Ha iniziato il girone di ritorno con tre vittorie consecutive (Udinese, Brescia e Lazio), ha pareggiato 0-0 a Milano contro l’Inter e ha rimediato al tentativo di sgambetto del Piacenza la domenica precedente con Ferrante che ha impattato la rete di Hubner. In settimana ha anche fornito un giocatore alla nazionale italiana dopo secoli: Antonino Asta ha debuttato con una discreta prestazione contro gli Stati Uniti. "Nel primo tempo s’è visto solo lui" le parole di Carmignani preoccupato di affrontare il Capitano nel suo lungo periodo di grazia. La partita in Emilia è quella in cui i granata sono chiamati a confermare la loro solidità, allontanando definitivamente la zona salvezza e provando addirittura a pensare a qualcosa di europeo.

Dopo pochi minuti il fattore beffa potrebbe materializzarsi quando Sukur si ritrova solo davanti a Bucci, ma Luca respinge di piede ed è come se un bel po’ di paure sparissero da sole. Il primo tempo del Toro è di amministrazione controllata. Il Parma prova, ma non punge troppo. I granata danno l’idea di aspettare il momento giusto per caricare e prendere l’avversario a cornate. Galante, Fattori e Delli Carri sono impeccabili. Si va a riposo sullo 0-0. Nel secondo tempo il Toro aumenta di livello in maniera lenta e inesorabile. Il campo, progressivamente, diventa sempre più granata, mentre il Parma, senza rendersene quasi conto, perde il contatto con l’incontro. Asta, sacrificatosi molto nella prima parte, ritorna padrone della fascia e al 15’ centra perfettamente per Lucarelli che si trova fra i piedi un pallone d’oro, ma si trova già nella fase di digiuno atavico iniziata dalla rete alla Lazio e Frey, in qualche modo, ci strozza in gola l’urlo per una rete che sembrava fatta. Qualche istante dopo, invece, l’urlo esce molto bene, sebbene non di gioia, ma di rabbia. Djetou stoppa con le mani un’azione pericolosa di Ferrante e sarebbe rigore ed espulsione, essendo il francese ultimo uomo, ma l’arbitro De Santis sta pensando ai fatti suoi, il resto della terna idem e veniamo incredibilmente penalizzati. Camolese non si scompone e aumenta le possibilità offensive inserendo Maspero al posto di Cauet, d’altronde Ricky, quell’anno, è semplicemente l’uomo del destino.

Infatti è proprio l’autore del 3-3 (e della "buca") nel derby di andata che si accinge a battere una punizione conquistata in zona d’attacco a 1’ dal termine, uno di quei piazzati che ti fa pensare "vuoi vedere che stavolta". Siamo sulla destra a pochi metri dalla linea di fondo e Maspero pennella un sinistro a effetto capace di far provare imbarazzo con la sua perfetta traiettoria a rientrare. Frey, infatti, non sa se uscire o stare in porta e, nel dubbio, fa un passo avanti e uno indietro, ma a un istinto tale che riesce a opporsi al colpo di testa di Ferrante dal limite dell’area piccola. Lo fa come quando ti ripari da un ceffone, ma la botta, in questo caso, è solo rinviata di qualche millisecondo. Succede tutto in fretta, ma il tempo si dilata quando ci accorgiamo che, su quel pallone vagante, sta arrivando di gran carriera Gianluca Comotto che prima della gara, scorrendo le statistiche, aveva visto che non uscivamo da lì con la vittoria da quarantatré anni e aveva pensato che avrebbe potuto essere la volta buona. Sicuramente non sta pensando a quello in quei due secondi infiniti, ma solo a calciare la palla in porta il più forte possibile. Stangata centrale, dritto per dritto, così forte che se un parmense ci mettesse la testa o la mano le catapulterebbe via come in un cartone animato di Ken il Guerriero. La rete si gonfia, possiamo esultare.

Tutti sotto la Maratona itinerante a gioire, qualche minuto di doveroso patema per tenere il risultato e poi finalmente si possono festeggiare vittoria e ottava posizione in classifica. Comotto aveva già segnato in carriera, ma questo è il primo gol decisivo. Ne farà altri, soprattutto uno il giorno del Centenario, ma non andiamo troppo avanti nel tempo. Negli spogliatoi si inizia a parlare di derby, o meglio a dire che dal giorno successivo si penserà al derby, ma invece se ne parla già, segno che ci siamo già lì col cervello. Ferrante, scatenato, promette di segnare (e manterrà), tutti si sentono in grado di affrontare i bianconeri guardandoli nelle palle degli occhi (e lo faranno), ma l’ultima goccia di saggezza la fornisce Camolese che, autore dell’ennesimo capolavoro tattico, pone l’accento sul fatto che tutti hanno messo da parte l’"io" per il "noi" e che siamo un gruppo vero. Il fatto che sia stato proprio lui a renderlo così passa quasi in secondo piano. Il derby lo giocheremo benissimo in campo e sugli spalti ("Un oceano di passione in un mare di tifo" resta lo zenit della Maratona al "Delle Alpi"), ne abbiamo parlato in un precedente Culto ("Un Toro vero"). Forse è successo anche perché lo avevamo preparato così bene vincendo a Parma.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo. 

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