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Il calcio e la propaganda

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Torna un nuovo appuntamento con "Loquor", la rubrica a cura di Carmelo Pennisi

“Allacciate le cinture,

perché ci divertiremo”.

Pep Guardiola

Quando giungono i giorni di una campagna elettorale i toni del dibattito si alzano a tale livello da rendere “stroboscopica” qualsiasi percezione della realtà del momento. È il momento in cui si cerca l’utilizzo di qualsiasi mezzo, attraverso iperboliche e immaginifiche analogie o paragoni, per portare avanti e inculcare una strategia nella mente di chi poi si troverà nel silenzio di una cabina elettorale chiamato ad esprimere una preferenza. Come nella pubblicità, la propaganda politica cerca di scardinare le difese del libero arbitrio, in questa fase storica ridotte in condizioni assai modeste, attraverso dei “topos” facilmente semplificabili per essere ascoltati e introiettati dall’opinione pubblica. Il calcio, in Italia, è uno di questi “topos”.

Nel caso specifico del Torino, per esempio, il “tempo” è un altro “topos” utilizzato per collocare gli scopi in un “luogo passato” dove tutto era innocente, puro, idilliaco a cui tendenzialmente ogni essere umano nell’intimo aspira nel voler ritornare. Il “Grande Torino” , il “Filadelfia” e il Toro di Emiliano Mondonico sono, ad esempio, una forma di “Campi Elisi” o di “Paradiso” presenti nella via dell’inconfessabile ricerca dell’eterna giovinezza. Sfruttare questi “topos” per avere successo e consenso è diventato nell’epoca dei social un mezzo disinvoltamente utilizzato. Non deve sorprendere molto, quindi, il postare di Diego Fusaro, controverso filosofo molto presente sui social e nei salotti tv, di un ritratto di Maria Antonietta d’Asburgo Lorena, consorte del Luigi XVI defenestrato dalla “Rivoluzione Francese”, con la simpatica(si fa per dire) didascalia in cui si avverte la sovrana che il popolo ha fame e grida alla ribellione, ottenendo dalla nobile di origini austriache la sferzante risposta di far ripartire immediatamente il calcio. Lo scaltro professor Fusaro non è il primo a voler usare il gioco più seguito dagli italiani con l’atteggiamento snobistico teso nel voler colpevolizzare la gente di perdere tempo con un fenomeno reo, ai suoi occhi, di provocare reazioni oppiacee con conseguente stordimento e incapacità di avere un approccio veritiero alla realtà. Questo ragionamento fa mettere al calcio la freccia e gli fa superare la religione come elemento distraente utilizzato dal potere dominante per soggiogare facilmente la pubblica opinione ai suoi voleri.

La logica del professore sembrerebbe privare i tifosi della capacità di essere “multitasking”, ovvero di essere attenti contemporaneamente a più avvenimenti presenti nel quotidiano. La riduzione di chi segue il calcio a una sorta  di “minus habens” abbandonato dal sistema di potere in un “giardino dei balocchi” capace di distaccarlo dai problemi veramente importanti, è l’atteggiamento da sempre seguito da chi ha ambizioni demiurgiche o da spin doctor della pubblica opinione. In questo processo dal sapore propagandistico, quindi manipolatorio, si procede nell’analogia minus habens tifoso/elettorato disattendo ai problemi generali del Paese, attuando lo schema classico della colpevolizzazione della vittima. Gli aspiranti demiurghi (ce ne sono tanti sia in politica, che in rete e hanno tutti un solo scopo: acquisire potere) sono abili nel far andare in scena una rappresentazione ormai tristemente classica, ovvero quello di trasferire l’errore commesso dall’oppressore all’oppresso. Si modificano artatamente i significati dei fatti con lo scopo, non dichiarato, di porre l’individuo nella condizione di colui che agisce ricevendo dall’esterno la norma e la ragione della propria condotta. Si punta a far accettare all’individuo tale stato dell’arte perché reso inconsciamente colpevole di essersi lasciato distrarre da cose assolutamente voluttuarie come il calcio, assunta a perfetta analogia di tutti i presunti “oppiacei dei popoli” presenti nella società.

Il messaggio di Fusaro arriva così alla stessa stregua di uno sganassone imprevisto, ponendoci nella condizione del re scopertosi improvvisamente nudo. Il giochino da ipnosi intellettuale ovviamente non riesce con chiunque, ci sono ancora fortunatamente spiriti lucidi e occhi attenti, ma non tutti sono come Lucio Caracciolo, direttore della rivista “Limes” e autorevole maitre a penser della sinistra italiana, che in una recente intervista ha candidamente dichiarato di essere prima di tutto un tifoso romanista, riconoscendo al calcio, sotto l’evidente stupore dell’intervistatrice, un momento in cui alcune dinamiche affettive familiari e amicali hanno la possibilità di ritrovarsi felicemente insieme. Caracciolo non ritiene certo che i problemi dell’Italia esistano perché si è distratti dal calcio, non colpevolizza le vittime usando lo schema retorico del “se la sono cercata” con quel loro andare allo stadio e il loro sottoscrivere gli abbonamenti a Dazn. Ma il professor Caracciolo non è alla ricerca di consensi, non ha ambizioni da demiurgo, cerca semplicemente di portare avanti il suo lavoro, con cui si può essere d’accordo o meno, con il salubre pregio di essere esclusivamente quel che si vede. Pur non essendo il calcio la sola passione collettiva presente nella società, esso paga la supremazia di natura sociale costituitasi nel tempo, e ciò gli ha attirato una sequela di luoghi comuni senza fine. Una natura sociale che si sta cercando di azzerare, nella mutazione genetica del tifoso a spettatore più volte segnalata da questa rubrica, attraverso molteplici operazioni massmediologiche magistralmente mascherate e ad attività di presidenti dei club occupati a rimuovere tutti i legami con un passato in cui la loro figura non era presente. Si spiega così, probabilmente, la sorprendente dura contestazione dei tifosi del Napoli contro Aurelio De Laurentiis, artefice di una progressione e continuità di buoni risultati mai vissuti dal club campano.

Tornando al “simpatico” Fusaro ciò a cui si mira, offendendo e insultando gratuitamente il calcio, è una docile sottomissione al demiurgo o, più eufemisticamente, all’insegnante, provando ad instillare vergogna o orgoglio rispetto allo svolgimento del compito assegnato dal demiurgo stesso. Non è una storia nuova, questa riproposta dal filosofo, visto come esista dall’inizio dei tempi qualcuno con la voglia di “liberarci” ed “illuminarci”, e chiaramente solo esclusivamente per il nostro bene. Qualcuno ha fatto notare che  “se il marketing commerciale mira al portafoglio, quello politico e sociale mira alla sfera cognitiva degli atteggiamenti e delle convinzioni delle persone: “tutti i mussulmani sono terroristi” al “governo sono tutti ladri”, e così via”. Chi scrive è sempre stato in sintonia con la visione sul calcio di Lucio Caracciolo e non è poi così inusuale cercare il potere utilizzando argomenti o analogie con lo sport, lo hanno fatto tutti i regimi politici, totalitari e non. L’auspicio sarebbe come almeno gli intellettuali, o i supposti tali, abbiano la decenza di lasciare in pace, finché possono, lo sport dalla bramosia delle loro ambizioni. Il calcio ha la capacità di donare gioia e di lenire dolori ed è uno dei pochi avvenimenti realmente socialmente trasversali della storia umana. Offenderlo e deriderlo per scopi propagandistici non rende molto onore e certamente non crea i presupposti necessari per una svolta rivoluzionaria. Vorrei rassicurare il professor Fusaro: gli italiani non si lasciano distrarre dai loro problemi, perché li vivono ogni giorno a volte con dolore, a volte con coraggio, a volte con rassegnazione. Ma tutto ciò non toglie una splendida certezza donateci da quel grande scrittore che fu Eduardo Galeano: “quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo”. E di fronte ad un miracolo forse sarà meglio restare muti e lasciarsi prendere dalla meraviglia. Ci provi anche lei, gentile professore.

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