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Il granata della porta accanto

Il Toro di Juric parte bene, la società invece arranca sempre

Cairo Torino-Cremonese Coppa Italia foto Nderim Kaceli

Dopo 16 anni appellarsi al fatto di aver preso il Torino dal fallimento non è più un argomento che giustifica alcun aspetto dello status quo attuale

Alessandro Costantino

Arrivati alla seconda sosta per le nazionali ed a quasi un quinto del campionato, è tempo per un mini bilancio dell'avvio di stagione della squadra di Juric. 8 punti in 7 partite non sono un bottino clamoroso, ma garantiscono un ritmo da salvezza tranquilla (proiezione di 43/44 punti a fine stagione) che, seppur non dichiarato, appare essere l'obiettivo di quest'anno. Con meno infortuni e più attenzione nei finali di gara, la proiezione potrà diventare più ottimistica sebbene lo storico di Juric ci fa preoccupare perché nel girone di ritorno le sue squadre tendono a calare. Ovviamente ci auguriamo che così non sia e che, anzi, con l'amalgama dei nuovi e il ritorno di Belotti a tempo pieno la squadra acquisisca consapevolezza e ambisca alla parte sinistra della classifica.

Se da un lato quindi l'ottimo lavoro di Juric ha portato un'aria nuova nell'ambiente granata ed ha rivitalizzato le speranze dei tifosi di rivedere una squadra viva e combattiva dopo le ultime due penose stagioni, dall'altro non registriamo nessun cambio di passo apparente da parte della società del presidente Cairo. Se non ci fosse Juric a sferzare di tanto in tanto la dirigenza a fare (bene) il proprio mestiere, il Torino FC, inteso come apparato dirigenziale, continuerebbe ad andare avanti al suo piccolo trotto, incurante della necessità sollecitata da tutta la piazza (all inclusive, senza distinzione tra maggioranze o minoranze silenziose od assordanti) di dare un'accelerata ad un'opera di rinnovamento ed ammodernamento dell'intera gestione.

Se il dio bilancio continua ad essere l'unica divinità alla quale rivolge le proprie attenzioni il presidente Cairo, esistono tanti dossier aperti in seno al Torino che meriterebbero una chiamata all'azione che non può essere differita se si vuole cambiare un presente che non può soddisfare. Dopo 16 anni appellarsi al fatto di aver preso il Torino dal fallimento non è più un argomento che giustifica alcun aspetto dello status quo attuale: c'è stato tutto il tempo e la possibilità di creare un presente ed un futuro migliore, e pochissimo è stato fatto in relazione a ciò che si sarebbe potuto e dovuto fare per riportare il Torino in una dimensione di società moderna ed attrezzata a competere in questo calcio evoluto.

BELOTTI E LA GESTIONE DEI RINNOVI - La grana più grande che il presidente ha lasciato che esplodesse senza fare nulla per evitare di ridursi in tale situazione è sicuramente quella legata al rinnovo di capitan Belotti. Se il Gallo ad oggi non ha firmato e, probabilmente non firmerà, concretizzando il rischio di perderlo a zero, la colpa è solo del presidente: il suo rinnovo andava gestito in tempi non sospetti, un paio di stagioni fa, quando si sarebbe dovuto approcciare il capitano con un progetto sportivo ed economico degno di tale nome per invogliarlo a sposare "a vita" la maglia granata. Ci si è ridotti invece ad attendere la "zona Cesarini" per proporre una cifra importante, senza però disporre di ciò che davvero avrebbe convinto Belotti a firmare ad occhi chiusi: un contesto ambizioso nel quale giocare. La classica stalla chiusa quando i buoi sono scappati (l'arrivo di Juric e di qualche pedina di qualità in teoria potrebbe ancora indurre il Gallo a rivedere le prospettive di crescita sportiva del Toro nel futuro prossimo, ma non possiamo contarci più di tanto), speriamo insegni alla dirigenza a gestire d'ora in avanti con più lungimiranza i contratti dei calciatori più ambiti sul mercato: ed il prossimo, attenzione, sarà Bremer…

LA STRUTTURA E LE STRUTTURE SOCIETARIE - Il caso sollevato da Juric (guarda un po' sempre lui…) della gestione non all'altezza da parte dello staff sanitario dei recuperi degli infortunati che ha portato alle dimissioni del dottor Minafra, ha scoperchiato un altro vaso di pandora sull'approccio quasi dilettantistico con cui vengono gestite tante cose nel Torino FC. Come ben spiegava il dottor Misischi, ex medico sociale granata, in una schietta intervista qui su ToroNews, la gestione dello staff sanitario dovrebbe essere affidata in maniera continuativa e razionale a figure ben radicate nel contesto territoriale torinese, a medici quindi che abbiano conoscenze e relazioni già consolidate con gli specialisti del luogo ai quali rivolgersi rapidamente e con certezza per gestire tutti i casi potenziali che possono verificarsi durante una stagione sportiva. Il medico sociale dovrebbe quindi essere un'espressione autorevole della società e non un professionista a cottimo legato al direttore sportivo di turno. Anche qui mi pare che l'approccio sia del tutto lontano da quello che è un'idea di società forte e strutturata. La struttura societaria resta ad oggi carente di un general manager o amministratore delegato dopo l'uscita di Comi: un uomo forte che faccia il lavoro che non può fare Cairo servirebbe come il pane eppure da 16 anni non è mai stato concepito nell'organigramma scritto dal presidente. Come mai?

Dalla struttura alle strutture il passo è breve, ma la situazione è altrettanto poco entusiasmante. Il Filadelfia resta "congelato" al giorno dell'inaugurazione, giorno dal quale nessun avanzamento dei lavori è stato portato avanti. Il Torino FC, che avrebbe tutto l'interesse a completarlo per farne il cuore pulsante della propria attività a 360 gradi, non muove un dito: è vero che c'è di mezzo la Fondazione, ma un Filadelfia finito in tutti i suoi 3 lotti è un asset che gioverebbe solo al Torino e pertanto dovrebbe essere proprio il presidente Cairo a spingere in ogni modo (anche mettendo soldi, giacché non è vietato donare fondi alla Fondazione per di più sapendo che sono soldi che torneranno indietro in benefici…) per completare l'opera. Opera che invece non è nemmeno cominciata al Robaldo, la vera cartina tornasole della gestione cairota del Toro. Come sia possibile che il principale editore italiano non abbia saputo fare la giusta pressione mediatica sulla politica per accelerare le pastoie burocratiche del Robaldo e non abbia prontamente investito tutti i soldi necessari alla costruzione nel più rapido tempo possibile di un centro sportivo per le giovanili che serve come l'acqua nel deserto è un mistero talmente assurdo che solo pensando male ci si può dare una spiegazione. Neanche l'arrivo di Paolo Bellino da Rcs Sport ha dato impulso alla vicenda: negli ultimi quattro mesi ci si è limitati a scopare il marciapiede di fronte all'area del Robaldo. E la data dell'inizio dei lavori non è ancora stata stabilita conferendo a questa storia un contorno sempre più kafkiano, per non definirlo vergognoso.

Dello Stadio Olimpico Grande Torino non vale la pena neppure di parlarne: anche lì nessun progetto, nemmeno abbozzato, di personalizzazione o di sfruttamento alternativo dello stadio "di casa". Si potrebbe cogliere al volo l'imminente cambio di amministrazione comunale per intavolare nuovi discorsi sul Comunale, ma occorrerebbero soldi, idee e visione di lungo periodo che non sembrano esserci in società.

VAGNATI - Il direttore sportivo è il fulcro delle operazioni legate all'area sportiva di una società. Ho sentito parecchi rivalutare il suo operato per gli arrivi in extremis di Zima, Praet e Brekalo nell'ultimo calciomercato. Ottimi elementi in effetti, ma la domanda è: sarebbero arrivati comunque se Juric non avesse fatto il famoso sfogo dopo la gara di Firenze? Inoltre molte sue scelte legate a professionisti portati da Ferrara (Spal) si sono rilevate fallimentari. A parer mio Vagnati da quando è al Toro non ha dato mai l'idea di essere un vero valore aggiunto per questa società. Continuo a fare fatica a vederlo come l'uomo capace di rilanciare le ambizioni sportive del Torino ed anche il suo rapporto con Juric non sembra di totale sintonia. Gode della fiducia di Cairo, ma non si è ancora guadagnato la stima della piazza e non sembra essere uno dei quei punti fermi su cui impostare un rilancio immediato della società.

LUDERGNANI E LA PRIMAVERA IN ESILIO - Un giovane ed ambizioso ds delle Giovanili, Ludergnani, anche lui con un passato a Ferrara, si è ritrovato con il compito non facile di dare nuova linfa al vivaio dopo l'era Bava. Con la Primavera sembra aver impostato un discorso interessante a livello di organico e ha dato a Coppitelli del materiale su cui lavorare. Si è però ritrovato a gestire la patata bollente delle partite casalinghe della Primavera: ritengo che anche qui la società sia stata carente perché il problema avrebbe dovuto già essere stato archiviato da tempo con una decisione ed un intervento che non doveva certo ricadere sul neo arrivato Ludergnani. La Primavera dovrebbe giocare al Filadelfia, non ci si stancherà mai di ripeterlo: una società che non fa in modo che così sia (mettendo in campo tutte le risorse necessarie, fosse anche triplicare gli investimenti in giardinieri per curare al meglio il manto del Fila) è una società che non ha capito nulla del mondo granata. E dopo 16 anni, se permettete, a me tutto ciò sembra gravissimo.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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