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Il topolino Giovannino Toschi

Nel Segno del Toro / Torna l’appuntamento con la rubrica di Stefano Budicin: "Giovannino Toschi faceva sempre la figura di un Davide che dovesse scontrarsi contro undici Golia"

Stefano Budicin

Chi si ricorda del giocatore nominato scherzosamente “Topolino”? In che epoca del calcio granata si colloca? E perché gli venne affibbiato proprio quel soprannome? Ogni qualvolta gli capitava di giocare contro avversari di considerevole stazza e prestanza fisica, e le occasioni certo non mancavano. Era così esile di costituzione da parere un topolino. Non a caso infatti il soprannome gli venne tributato per via del suo fisico mingherlino. Toschi è nato a Porcari l’11 aprile del 1945. Dopo un primo assaggio calcistico nelle giovanili del Lucchese, passò alla Reggina, dove militò per tre stagioni realizzando 20 reti in 106 gare. Nella stagione 1970-71 fu acquistato dal Mantova, per poi essere ingaggiato dal Torino l’8 luglio 1971. Malgrado la sua statura Toschi si fece subito notare per uno stile di gioco atletico e incalzante. Ala sinistra, formava con il compagno spilungone Gianni Bui una coppia insolita e curiosa, la cui fisionomia somigliava all’articolo “il” (Toschi, basso, era la i, Bui la elle). La sua struttura gli consentiva però di eseguire dribbling inaspettati. E spesso gli avversari non potevano che rimanere perplessi e incantati dallo stupore allorché si accorgevano che Toschi li aveva appena scartati, compiendo manovre acrobatiche impossibili da praticare per un giocatore di statura normale. Toschi è anche ricordato per un episodio a suo modo leggendario. Una rete, per essere precisi. Era il 9 aprile 1972. Il Toro stava giocando un match contro il Napoli allo stadio Comunale. Trevisan, il portiere, era pronto per la rimessa dal fondo e cominciò a correre per batterla. Era il novantesimo e l’arbitro aveva il fischietto alla bocca. Ma il portiere, invece di calciare il pallone, scelse per qualche motivo di passarla al compagno Zurlini, che vi si precipitò rocambolescamente. Toschi colse il proposito di passaggio e ne approfittò per intervenire. Si interpose tra portiere e difensore e tirò il pallone in rete per una vittoria che traghettò il Torino in cima alla classifica di campionato. Perché ho detto “a suo modo” leggendario? Per un motivo molto semplice. In tv non si poté godere di quell’emozione: il cameraman non riuscì a girare la telecamera per riprendere il gol, nell’allora serie A. Si era spostato con poca tempestività e aveva perso la rete della vittoria a conclusione di un’azione a cui qualunque spettatore televisivo avrebbe amato poter assistere. Se l’avesse fatto per tempo, forse a quest’ora sarebbero molte di più le pagine dei libri dedicati a rievocare quell’evento a suo modo irripetibile, e il cognome Toschi girerebbe con maggiore frequenza nei discorsi dei tifosi di tutta Italia.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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