Il soprannome farà storcere il naso ai cosiddetti appassionati “solo” del bel gioco. Viceversa, suscita un po’ di rimpianto nel tifoso che sa cosa ha significato “tenere” là dietro, soffrire contro attaccanti potenti e veloci, in trasferta su grandi palcoscenici come San Siro, o su campetti dove i tifosi portavano con se’ l’ombrello anche nei giorni di sole, per usarlo a mo’ di fioretto quando effettuavi la rimessa con le mani dal fallo laterale.
La Leggenda e i campioni
Angelo Cereser, “Trincea”
Angelo Cereser entra in squadra alla terza giornata del Campionato 1965-66 (pareggio a reti bianche a Ferrara) e non ne esce più per dieci anni. Libero nell’accezione più classica del termine coniato da Gianni Brera, ovvero libero senza avversario fisso da marcare ma provvidenziale per rimediare ad ogni “buco” alle spalle della difesa, ha giocato in coppia con Giorgio Puja, Luciano Zecchini (“L’uomo nero di Riva”), il giovane Roberto Mozzini “Piro” in qualità di stopper.
Di tecnica essenziale, aveva coraggio e presenza. Nel derby del 21 marzo 1971 (3-3) Cereser è chiamato a calciare il rigore dal dischetto per ben due volte. Infallibile, batte il portiere bianconero Tancredi in entrambi i casi.
Oh il derby… la partita delle partite.
Anche se l’utopia di riportare uno scudetto sulla sponda granata non si è tradotta -ancora- in realtà ad inizio Anni Settanta, la Vecchia Signora si sente in pericolo. Mai come adesso il derby non è stato una partita come le altre.
Domenica 22 novembre 1970, ore 14:30. Duello Anastasi-Cereser. Non si fanno complimenti. Il centravanti bianconero sfotte per tutta la partita, tanto da far quasi perdere le staffe ad un gentleman come Puja.
Risultato finale: Torino batte Juventus 2-1.
A fine partita i nervi sono tesi. Cereser si fa dare il pallone dall’arbitro, torna indietro verso l’attaccante avversario: “Pedro, se vuoi puoi toccare il pallone…”. Formidabili quegli anni.
Pace fatta la settimana seguente con una stretta di mano davanti alla Gran Madre.
“Tremendista è una squadra di orgoglio, di rabbie leali, di capacità aggressive, mai vinta…” cosa non uscì dalla penna di Giovanni Arpino.
In una trasferta su un campo difficile, alla ripresa del gioco, un coltello si conficca nel terreno, a livello del cerchio di centrocampo.
L’arbitro guarda attonito Giorgio Ferrini e Angelo Cereser. “Non faccia niente, andiamo avanti”, l’immediata risposta del Capitano, che ancor oggi Angelo ricorda commosso.
Ancor oggi la signorilità, la compostezza nei giudizi, la presenza da parte di Angelo Cereser ad eventi significativi-su tutti sempre, ogni anno, in Corso Re Umberto per Luigino Meroni- testimoniano di una passione ed una dedizione ben superiore all’essere stato calciatore professionista del Torino AC. Il Torino di Orfeo Pianelli.
Gianni Ponta
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
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