lasciarci le penne

La festa del papà granata

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Torna un nuovo appuntamento con la rubrica “Lasciarci le penne“, a cura di Marco P.L. Bernardi

Marco P.L. Bernardi

Mandaci una cartolina

Carmen Consoli

dall'album Elettra (2009), Narciso, Universal Music Group

 

Tra tutti i giorni in cui potevi partire

Perché hai pensato proprio al lunedì?

Inizia così la canzone che Carmen Consoli ha scritto pensando alla morte del padre, brano dolente ed ironico, intriso di nostalgia e speranza.

Ogni volta che la ascolto ripenso a mio padre, che se ne andò sette anni fa e che scelse anche lui un lunedì per salutarci. Era mattina presto, il momento in cui la settimana si mette in moto, attimo di strade caotiche e litigi agli incroci, come canta l'artista siciliana.

Da allora, il 22 febbraio coincide con la mia personale festa del papà granata.

Ripercorro gli anni che precedettero il distacco e tra i mille momenti ritornano quelli della passione per il nostro Toro, che lui mi aveva tramesso come un virus: motivo di attese e discussioni, delusioni e gioie.

Ripenso alle domeniche della partita, giornate di caldo, di pioggia, di neve senza nessuna tettoia a ripararci. A tutte quelle ore trascorse sul nostro gradone in Maratona. Agli innumerevoli match seguiti spalla a spalla, con la tensione, l'ansia e la gioia di stare insieme: perché lo scopo era quello e la partita era lo strumento e non il fine di quei pomeriggi.

Mio papà Franco era uno che di calcio ne capiva, esperienza di quel vecchio giornalista che era stato da ragazzo e intuito innato: riuscivaa farmi incazzare quando, intorno al quinto minuto di gioco, mi anticipava come sarebbe andata a finire, azzeccandoci quasi sempre. Era come rivelare l'assassino a uno che ha appena iniziato la lettura di un giallo. Si divertiva un sacco a fare il suo pronostico, sogghignando beffardo.

Lui, per me, era la quintessenza dell'essere Toro: era un granata di seconda generazione perché aveva ereditato, a sua volta, il virus da mio nonno, nato nel 1900 e tifoso del Torino prima che fosse Grande, con quei suoi giocatori di epoche remote, a prescindere dai risultati e dalla forza in campo, al punto che quando il nonno ed alcuni amici fondarono una squadra cittadina decisero di battezzarla col nome di un antico portiere granata che si era fatto stritolare dal filobus per Rivoli, Pino Maina, forse non entrato nella Leggenda, ma al quale lui aveva voluto bene e che non aveva dimenticato.

Entrambi, poi, avevano amato i giocatori del Grande Torino, li avevano conosciuti personalmente e perfino frequentati, quelli che abitavano di fronte a casa loro. Così, quando l'aereo si schiantò su Superga, piansero gli amici oltre che gli eroi.

Il papà ed io non ci siamo persi una partita giocata in casa dai primi anni Ottanta fino al 2009, quando non ritenemmo più abbastanza sicuro che continuasse ad arrampicarsi lungo le gradinate. Trent'anni spalla a spalla: alla fine ci eravamo spostati dalla Maratona ai Distinti, ma il posto non c'entrava niente. L'importante era stare lì, nel nostro stadio, insieme.

Già, il nostro stadio... Il papà non c'era più quando l'Olimpico venne dedicato a quei calciatori ai quali era stato così legato, ma sono sicuro che nell'Altrove dove si trova adesso fu felice di quella scelta e che la festeggiò con i destinatari della dedica.

Oggi ho parlato di lui perché sono certo che tanti di voi hanno vissuto percorsi di strada simili e provato emozioni analoghe. Negli anni ho visto volti di padri e di figli granata trasformarsi, crescere ed invecchiare sempre con lo sguardo rivolto al pallone, alle maglie, al prato.

Il 22 febbraio prossimo sarà quindi la mia festa del papà granata: giorno malinconico ed allegro, perché malinconico ed allegro dev'essere il ricordo delle persone alle quali abbiamo voluto bene.

Lui è stato il mio riferimento e il mio amico, certezza che sarebbe bastato incontrarlo per farmi abbandonare per magia le mie preoccupazioni: avremmo fatto due passi ed avremmo chiacchierato di Toro.

Da sette anni non metto piede allo Stadio: non ho la forza di affrontare quello che seguirebbe alla prima azione, quando, voltandomi per commentarla, mi toccherebbe incontrare un volto estraneo.

E poi non posso immaginare di veder trascorrere il quinto minuto di gioco senza che qualcuno mi sveli il finale del giallo, condendo la soffiata col solito ghigno beffardo.

Mandaci una cartolina e una ridente foto di te, dice Carmen.

La tua foto non potrebbe che essere così, Papà, perché, nei miei ricordi, tu sorridi sempre.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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