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Lasciarci le penne

Una presentazione al Fila… nel ricordo di un’estate di Stephen King

Una presentazione al Fila… nel ricordo di un’estate di Stephen King - immagine 1
Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Lasciarci le penne", a cura di Marco P.L. Bernardi

Marco P.L. Bernardi

Il corpo

dalla raccolta Stagioni diverse

di Stephen King (Sperling & Kupfer)

Stephen King è un narratore di storie.

Che siano racconti, come quello di cui parleremo, o i libri da centinaia di pagine che sono il suo marchio di fabbrica, quando inizia a raccontare ti porta via con sé, come il pifferaio magico, e non puoi smettere di leggere fino all'ultima riga, e nemmeno qui esaurisci la voglia di saperne di più, di vivere ancora un po' della vita di quei personaggi.

Il corpo del titolo è quello di un ragazzino deceduto accidentalmente nella foresta, alla ricerca del quale partono quattro coetanei venuti a conoscenza per caso del luogo in cui è situato il cadavere; essi vivranno, in quella macabra caccia, la più difficile delle avventure, quella che dall'infanzia porta all'adolescenza, e la più meravigliosa delle scoperte, quella di un'amicizia in grado di travalicare età e classi sociali.

Alle prese con una banda di teppisti, anche loro sulle tracce della salma, affronteranno le loro paure, incubi spesso banali come la prepotenza dei bulli o la violenza domestica, che il genio di King trasforma in mostri che niente hanno da invidiare ai crudeli protagonisti dei suoi romanzi più noti, quali It o Shining. Perché l'orrore banale scava più a fondo nell'animo, in quanto è quello che tutti noi abbiamo sperimentato, talora sfiorandolo per strada o sui giornali, talaltra sentendolo sulla nostra pelle come un marchio infuocato.

Eppure, sui mostri e sulla crudeltà della provincia americana King sceglie di stendere un alone di magia: l'autore sa che i ragazzini hanno la capacità di trasfigurare la realtà in sogno e, da artista quale è, riesce a restituirci con immediatezza e verosimiglianza il loro spirito ingenuo e libero.

Proprio con lo spirito degli anni dell'adolescenza ho ripensato alle presentazioni del Toro, quelle che si svolgevano al Filadelfia negli anni Ottanta, quando lo stadio era ancora in piedi nella sua precedente incarnazione e, benché puntellato dalle impalcature, era proprio quello della leggenda, e il prato sul quale ci assiepavamo era quello delle epiche gesta che fecero la storia della Squadra.

C'era la calca ai piedi del palco, anche nei non rari casi in cui scarseggiavano i grandi nomi da festeggiare. I giocatori venivano chiamati ad uno ad uno a ricevere il tributo della folla e, nonostante fossero spesso gli stessi che erano stati ricoperti di insulti per una giocata sbagliata nella trance agonistica dei match, in quell'occasione venivano tutti applauditi, non fosse altro per la maglia granata che indossavano.

Adesso che la squadra parte alla chetichella per l'Austria nella totale indifferenza dei tifosi, sembra incredibile il cambiamento avvenuto, e quei ricordi sembrano di altre epoche storiche, persino di altre vite.

Qualcuno dirà che lo scarso interesse è legato al deprimente inizio di calciomercato e ai mediocri risultati sportivi che hanno anestetizzato passioni ed entusiasmi, oppure che è la conseguente reazione ad un mercato dilatato e disperso, che si conclude addirittura dopo che si sono giocate le prime gare, ragion per cui una presentazione vecchio stile avrebbe perso il suo senso.

Altri daranno la colpa all'overdose di partite che ha reso brevissima la parentesi tra l'ultima gara della stagione e l'inizio del ritiro, così da non accendere quella voglia di Toro che prendeva quando ancora il calcio era una cosa seria, che si giocava solo la domenica pomeriggio e aveva tempi logici per lo svolgimento dei propri riti.

Non lo so il motivo, ma rimpiango quei tempi, non solo per le soddisfazioni frequenti che la squadra ci dava; soprattutto mi manca quel modo di vivere il calcio, più semplice, meno virulento e più ribelle.

Ricordo che, alla fine di una di quelle presentazioni, si scatenò un autentico nubifragio e, con mio padre e mio fratello, ci riparammo alla buona, insieme a un sacco di altra gente, sotto le assi dei ponteggi che sorreggevano la vecchia tribuna in legno. Non serviva a niente starsene lì sotto ed eravamo tutti zuppi, ma mi sentivo a casa, sotto il diluvio, in mezzo a persone che imprecavano in piemontese, e più si bagnavano più si divertivano.

Non mi ricordo chi era appena salito sul palco a prendersi gli applausi, ma quella sensazione di essere parte di qualcosa di più grande non me la sono scordata.

Dal racconto di King è stato tratto il film di Rob Reiner Stand by me - Ricordo di un'estate: quel temporale sul Fila è il mio Ricordo di un'estate di tanti anni fa, quando eravamo il Toro. Sempre e comunque. A prescindere.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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