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Il grido di Pep Guardiola

MANCHESTER, ENGLAND - APRIL 22:  Josep Guardiola, Manager of Manchester City celebrates his side's second goal during the Premier League match between Manchester City and Swansea City at Etihad Stadium on April 22, 2018 in Manchester, England.  (Photo by Laurence Griffiths/Getty Images)

Loquor / Torna l'appuntamento con la rubrica di Anthony Weatherill: "Sono giorni difficili di attesa del futuro, questi. Un futuro difficile da decifrare, ma sicuramente complicato"

Anthony Weatherill

"“Ho bisogno che valga la pena”.

Anonimo

Sono giorni difficili di attesa del futuro, questi. Un futuro difficile da decifrare, ma sicuramente complicato. A chi ama lo sport le complicazioni non spaventano, perché sono l’origine di ogni sfida e di ogni competizione, e finiscono con il diventare una visione migliore del mondo. Che importa se l’Atalanta sta facendo la storia, ma la storia sta guardando da un’altra parte, presa da qualcosa di cui si narrerà negli anni a venire come l’improvviso giunto a sconvolgere le nostre vite. “Quia ventum seminabunt, et turbinem metent” (e poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta), ammonisce il profeta Osea nell’Antico Testamento, con uno spirito profetico paradigma del tempo della nostra odiernità. I giovani presi dal consumare la vita senza pensare agl’effetti del Coronavirus, sono figli di un’educazione portata ad elevare a valore necessario il cinismo. Ed è cinismo chiudersi impauriti tra le mura di casa, esattamente come è cinismo vivere in modo incosciente fuori da quelle stesse mura.

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Nel cinismo non c’è il senso della cultura ellenica basata sul’idea di “metron”, di giusta misura. Il filosofo Diego Fusaro ha ricordato recentemente come “l’uomo è limitato secondo natura; una finitudine, secondo i greci, che ci caratterizza. Nei poemi omerici gli dei olimpici provano un senso d’invidia nei confronti dei mortali, proprio perché solo i mortali sono finiti e dunque possono attribuire un significato al loro esistere”. Già, noi mortali non possiamo proprio non dare un significato all’esistenza, perché quando succede si finisce per affrontare un dramma o con incoscienza, o con pavidità. E la strada al nichilismo si apre come un’apparente maestra di vita. Forse per questo Pep Guardiola ha dichiarato come “un calcio senza pubblico allo stadio non ha molto senso. Se le persone non possono venire allo stadio, non c’è ragione di giocare”. Il tecnico spagnolo intuisce, a discapito del suo far parte a pieno titolo dello show business, che rischiare l’allontanare ancora di più il calcio dalle sue consuetudini, potrebbe decretarne la fine della fortuna planetaria. Ci sono momenti in cui bisognerebbe avere fede e provare al destino avverso l’esistenza di altri opzioni. Ma ormai la fede, non solo nella religione ma in qualsiasi cosa, è rimasta stritolata nelle pieghe dello scientismo e del dio tecnologico pagano.

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Non ci fidiamo più del fascino dell’incognito e vogliamo standardizzare qualsiasi cosa, persino la morte. Non deve sorprendere, quindi, l’uscita apparentemente stravagante e scomposta di Andrea Agnelli, a proposito dell’illegittimità dell’Atalanta a partecipare alla Champions League. Il rampollo di Umberto ne fa una questione di pedigree e di fascino internazionale, che a suo dire il club bergamasco non avrebbe relativamente alla Roma. Non si creda che al presidente della Juventus sia scivolato il piede della frizione, facendogli sfuggire l’importanza e la gravità delle sue dichiarazioni. Perché chiedersi se sia giusto o no che un club come l’Atalanta possa partecipare ad una competizione sportiva guadagnata sul campo, è una giravolta giuridico/valoriale che può essere ammessa solo in una fase della storia umana in cui il neoliberismo elevatosi a categoria dello spirito è diventato l’obiettivo finale di ogni attività umana. Qui siamo di fronte ad un voler sancire sempre più in modo definitivo l’evoluzione del calcio da sport a prodotto commerciale da fatturati sempre più in salita e, soprattutto, senza confini. Le critiche durissime giunte dal “Daily Mail”, dove lo si accusa di essere un protezionista e un mediocre, poco importano ad Andrea Agnelli, che sta seguendo pedissequamente lo schema tipico disegnato dalla “Finestra di Overton”, ovvero lo schema di comunicazione, di persuasione e di manipolazione delle masse, ideato dal sociologo Joseph Overton. Tale schema permette, una volta messo in atto, di attuare una sottile ed efficace forma di persuasione occulta, operata dalle menti del pensiero sociale e pubblicista, per far sì che l’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto ad una certa idea abbracci una determinata direzione.

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Sulla base delle strategie della “Finestra di Overton”, si possono costruire campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Come per magia l’inaccettabile diventa accettabile, e addirittura conforme e legalizzato. Il presidente della Juventus sa bene come si stia vivendo in una società pronta a credere ciecamente a qualsiasi cosa provenga dai media, poiché conquistata da tempo dal relativismo etico e assolutamente dimentica di qualsiasi valore non negoziabile. Secondo Overton, alla sua finestra di opportunità basta solo far apparire un’idea impensabile, per poi farle cominciare la marcia lenta ed inesorabile della sua accettabilità nella coscienza di massa. Quando il presidente dell’ECA parlò per la prima volta di “SuperLeague” europea, fu riempito di critiche e contumelie di ogni genere. Ma l’idea ormai era nata e, attraverso vari mezzi di comunicazione, sta facendo il suo percorso di accettazione sociale. Da anni ormai si parla si gestire questioni di utilità pubblica, e a mio parere il calcio è utilità pubblica, con gli stessi criteri gestionali aziendali e con linguaggio neoliberista. Ogni qual volta, in questi anni, ho provato a ricordare, esattamente come ha fatto il Daily Mail, come il calcio sia degli uomini e delle donne, che si ritrovano in piena libertà a manifestare insieme una passione ed un amore, qualcuno ha sempre alzato la mano per ricordare quanto antico sia questo mio modo di pensare. Come sia stato logico, per il calcio, abbracciare ogni teoria di mercato, ogni teoria di monetizzazione della passione dei tifosi. Ho dovuto ascoltare soloni protesi a cercare di convincermi, con insulsi sorrisetti ironici stampati in faccia a mo’ di auto-manifestazione di superiorità, come il mio concetto di calcio fosse arcaico. Basito da questi commenti, mi sono sempre ricordato come i sistemi della “Finestra di Overton”, abbiano convinto le masse come anche le religioni debbano necessariamente modernizzarsi e stare al passo con i tempi. Tutto deve mutare, anche quei valori e quelle credenze che devono la loro fortuna e la loro legittimità proprio alloro carattere immutabile del loro dna costitutivo. Nessuno mai a fermarsi a pensare come una religione che si “modernizza”, perda progressivamente la sua peculiarità più importante, il suo motivo essenziale per cui ad essa molti di noi si rivolgono: la “rivelazione”. E quando si è accettato la derogabilità delle mutazioni delle cose inderogabili, lì si è aperta l’autostrada perfetta a gente come Andrea Agnelli. Ed è quasi tristemente inutile ora come il “Mail” provi disperatamente, ma meritoriamente, a ricordare a tutti noi come la Roma non abbia poi tutti questi meriti sportivi superiori all’Atalanta, perchè conta esclusivamente, nel calcio diventato “prodotto”, la facile vendibilità di quel prodotto alle masse. Ovvio come in questa logica, Roma sia molto più appetibile di Bergamo. E’ questioni di “sineddoche” (figure retoriche quantitative”) e “metonomie” (figure retoriche qualitative), nulla di più. In questa situazione io e il “Daily Mail” siamo percepiti come vecchi, come coloro che vorrebbero fermare le onde del mare con paletta e secchiello.

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Perché così la società di massa giudica chi vorrebbe far riflettere sull’immenso potere messo nelle mani di Amazon, ogni qualvolta compriamo o abbiamo comprato un prodotto dalla sua rete distributiva globale. Ci dicono che non capiamo di “produttività” nel lavoro, senza però mai riflettere come l’eccessivo uso della comodità regalataci dall’uso smodato della tecnologia ci abbia tolto la responsabilità della scelta, togliendoci quindi spazi di libertà. L’aumento esponenziale della “produttività” nel calcio si esplica attraverso le televisioni, e a loro tutto è dovuto, perché molto di quel tutto ritornano nelle tasche degli Andrea Agnelli della situazione. Il grido di Pep Guardiola come il calcio senza le persone allo stadio non sia più calcio, ha gli stessi connotati di Giovanni rinchiuso nella prigione di Erode: un grido nel deserto dell’inevitabile. Perché molti, purtroppo, avrebbero voluto che il calcio continuasse a porte chiuse. E vista l’estrema verità del concetto insito del vento che porta tempesta, non deve meravigliare se in questi giorni di Coronavirus molti giovani italiani abbiano continuato a vivere senza preoccuparsi delle conseguenze delle loro azioni sul diffondersi del contagio della malattia. Quei giovani sono la naturale tempesta del nostro aver seminato vento, del nostro aver trascurato il dovere della scelta del bene generale. Sento molti discorsi sull’effetto benefico sulle coscienze di questa crisi da virus, e in parte concordo. Lo spavento porta sempre un fermarsi e una possibilità di riflettere. Ma non ci si illuda troppo, perché questa crisi rafforzerà ancora di più chi ha di più. E alla fine di questo spavento, Andrea Agnelli, con il suo sorriso di circostanza, ci presenterà il conto delle sue teorie. In fondo dobbiamo tornare a vivere e a sorridere, e cosa c’è di meglio di un nuovo campionato europeo per club? Potete contarci che Andrea Agnelli farà questo, e allora la questione vera è un’altra: a quel punto ci berremo uno spritz di fronte a un Roma Liverpool televisivo o decideremo, finalmente, di reagire? Joseph Overton punterebbe tutto sullo spritz.

(ha collaborato Carmelo Pennisi)

Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.

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