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Il tramonto dei direttori sportivi

Il tramonto dei direttori sportivi - immagine 1
Torna un nuovo appuntamento con "Loquor", la rubrica a cura di Carmelo Pennisi

“Alcuni hanno una specie di

di sensibilità . Io non l’ho

                                                                 mai avuta”.

Da “Jerry Maguire”

 

Secondo Michele Criscitiello, vulcanico direttore di “SportItalia”, nel calcio italiano i direttori sportivi stanno scomparendo come figura fondamentale dell’organico di un club. L’idea dei presidenti, seguendo il Criscitiello-pensiero, è quella di trattare direttamente con i procuratori, considerati ormai i veri padroni del mercato calciatori ridotto, nel corso degli ultimi anni, completamente in loro ostaggio. Si vive in un tempo in cui si è sviluppata l’idea, e non solo nel calcio, di accentrare il più possibile il controllo e le responsabilità, ricercando in modo quasi ossessivo non dei collaboratori ma bensì delle persone adatte ad ubbidire senza chiedersi il motivo per cui occupano un ruolo e ricevono uno stipendio, a volte assai ricco. Tale metodo tende ad assicurare una piramide la cui esistenza ha il motivo di garantire il lavoro ordinario impossibile da seguire per il vertice della piramide, in genere anche riluttante dell’occuparsi di manovalanza faticosa. Si è pagati non per contare qualcosa e apportare un talento, ma giusto per togliere la polvere dagli anfratti più oscuri o magari per metterla sotto uno dei tanti tappeti presenti nel quotidiano. Avere personale con un qualche carattere oggi è considerato una vera e propria perdita di tempo per gli affari, che devono essere veloci e privi di rischi, avendo cura ad adattare il tutto in primis al profitto facile prescindendo dalla qualità di ciò che si fa. Accettato questo sistema assai perverso, la prima cosa ad essere scomparsa è stato il controllo al “metodo” attraverso il quale si agisce, come se in una operazione algebrica non contassero più i “passaggi” per giungere ad un risultato ma solo il risultato stesso.

Si è scivolati verso l’indifferenza della comprensione dei fatti, e ad avere rilevanza pare sia rimasto unicamente il rumore assordante delle nostre opinioni accecate dal bagliore emanato dal risultato finale voluto e perseguito dal “Principe” di turno. Ma il Niccolò Machiavelli del “Il Principe” a ricordare come un principe libero di fare quel che vuole sia un pazzo, riporta tutto alla fondamentale questione del metodo e degli obiettivi. Il direttore di “SportItalia” ha sicuramente ragione allorché sottolinea la pericolosa tendenza di lasciare a casa direttori sportivi indubbiamente bravi per affidarsi alla figura fittizia del “procuratore-direttore”, denunciando una sistema sempre più malato e pensato appositamente per riempire le tasche dei mediatori, ma quale rimedio si può elaborare per fermare l’avvitamento definitivo e letale di questa situazione? E’ possibile accettare una Roma il cui mercato è praticamente nelle mani di Jorge Mendes? Tutto ciò è eticamente accettabile e, soprattutto, è legale? L’imbarazzante silenzio della Federcalcio non riuscirà a far dimenticare l’eco di questi sacrosanti quesiti, perché capire se lo sport del calcio sia diventato semplicemente un mezzo per far circolare denaro in tasche complici e interessate sta diventando più che mai urgente, giusto per far consapevolmente decidere i tifosi se ha ancora un senso perdere tempo in interminabili e agitate discussioni sul mercato calciatori nelle giornate estive diventate di una calura insopportabile. Se la figura del direttore sportivo è diventata ingombrante, siamo di fronte alla perdita di contatto con la qualità di cui sopra. “Se questo è vuoto- dice, indicando il cuore, il mentore del procuratore sportivo Jerry Maguire interpretato da Tom Cruise- questa (indicando la testa) non ha importanza”; sono frasi da film ma scritte per portare a ragionare sull’eccessivo scollamento dalla realtà vera prodotto dall’ansia di essere assolutamente al centro del gioco, accettandone tutte le non regole. Un caso emblematico è la lite avvenuta in queste ore tra Davide Vagnati e Ivan Juric(con relativo filmato postato sulla rete), foriera a  prestarsi ad innumerevoli interpretazioni non tanto per il motivo(è apparso evidente come il tutto sia stato scatenato dal mercato calciatori) ma per i sottotesti nascosti tra le pieghe degli epiteti intercorsi tra i due. “SportItalia”, continuando la crociata del suo direttore, ha adombrato subito il sospetto di una manovra per portare al licenziamento di Vagnati e far così gestire completamente il mercato a Ivan Juric e al suo procuratore Giuseppe Riso, epigono di Mino Raiola nel far partire le sue fortune nel calcio dal lavoro in un ristorante, teatro dell’incontro fatale con Adriano Galliani. “Con la GR Sports, la mia agenzia, scoviamo i campioni del futuro nei campi di periferia”, ha detto in una intervista il potente procuratore di origini calabresi, ammettendo così di fare qualcosa al limite della legalità, considerato come la FIFA nel 2015 sia intervenuta per vietare a soggetti esterni all’ordinamento sportivo di effettuare investimenti sui calciatori per poi ricavarne lucro, nascondendolo in fattura nella voce “oneri e accessori”.

L’invadenza negli affari del calcio di procuratori come Riso rendono difficile il compito di dare torto alla malizia di “SportItalia” se si ripensa al maggio scorso, quando Ivan Juric si presentò con il suo procuratore  da Urbano Cairo  proprio per parlare del mercato prossimo venturo. L’invadenza di Riso può essere uno dei problemi(non il solo) dell’attuale immobilismo sul mercato del club granata, avendo di fatto creato una impasse di interessi tra il direttore sportivo e l’allenatore del Toro. Continuando a seguire il filo del pensiero di Criscitiello, gli incastri di mercato sovente non andrebbero a buon fine proprio perché non c’è comunione di intenti tra il direttore sportivo  e il procuratore-direttore, a volte forte nell’avere nell’allenatore suo assistito una sponda invalicabile per portare avanti i suoi disegni. Nel dire “i procuratori sono bravi ma non sempre fanno il bene del club”, il noto giornalista avellinese pone con forza il problema del “conflitto di interessi” e della “trasparenza” nel crocevia di affari in atto nel calciomercato, vero cuore pulsante dello sport più seguito al mondo. In effetti i direttori sportivi in teoria dovrebbero essere un “contrafforte”, a favore dei club per cui lavorano, a difesa dagli interessi dei procuratori, per deformazione professionale totalmente avulsi alle esigenze sportive di un club. “I soldi sono la cosa più importante, tutto il resto è conversazione”, dice il Gordon Gekko di “Wall Street” interessato ad una compagnia aerea non per il suo potenziale “passeggeri” ma solo per la speculazione finanziaria da poterci fare sopra. Una cosa molto simile portata avanti dal compianto Mino Raiola intento a far girare come una trottola Zlatan Ibrahimovic tra l’Europa e il Nord America solo per ricavarci più proventi possibili. Probabilmente il calcio è veramente giunto al punto di non avere più bisogno dei direttori sportivi, le agenzie di procuratori organizzate ferocemente sono lì pronte ad esaudire ogni desiderio finanziario dei giocatori e dei proprietari dei club, e sarà per questo che “tutti accettiamo -come evidenziato da Criscitiello-  in silenzio senza lamentarci quando finisce tutto a rotoli”. In realtà sapere sul serio cosa si vuole è la sfida del nostro tempo, e si deve cercare di saperlo in fretta per non finire in mano ai Giuseppe Riso di turno volti, come Jerry Maguire, verso un unico orizzonte fatto più o meno così: “non avrò pace finché non ti vedrò con una Coca in mano, le tue scarpe ai piedi, mentre giochi con un videogame di cui sei protagonista, cantando una tua canzone in una tua pubblicità durante il Superbowl in una partita che stai vincendo. E non dormirò finché non accadrà. Hai quindici minuti per richiamarmi”. Credetemi, lo richiameranno tutti. Ma proprio tutti. Siamo circondati e senza vie d’uscita. Forse.

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