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Chi coniò il motto: “Palla avanti e pedalare”?

Nel Segno del Toro / Torna la rubrica di Stefano Budicin con tante storie legate al Toro

Stefano Budicin

A chi dobbiamo la nascita del celebre motto "Palla avanti e pedalare"? A un uomo che nel Toro ricoprì tanto il ruolo da mediano quanto quello da allenatore. Un uomo che si è sempre distinto per uno stile improntato alla massima praticità, spendibile in una moltitudine di tattiche di gioco.

Avete capito chi è? Stiamo parlando di Mario Sperone. Cresciuto nell'ala dei Balon Boys, entra presto nel novero dei titolari più promettenti grazie al suo fisico robusto e capace di ogni genere di atletismo. Correda la sua figura un aspetto aggressivo e scapigliato. In poche parole, Mario Sperone è un giocatore in grado di distinguersi tanto per la presenza forte e imponente quanto per lo stile di gioco,  solido e d’impatto.

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Sperone vestì per tutta la sua carriera la maglia del Torino, e precisamente dal 1923 al 1932. Ebbe pertanto modo di giocare assieme al capitano Baloncieri, vera e propria icona del pallone e ancora oggi modello intramontabile di stile, tecnica, genio e virtuosismo. Severo e di poche parole, amava tanto la disciplina. Non c’è da stupirsi che il suo sodalizio con il Toro durò per tanti anni.

Una volta divenuto allenatore, Sperone si qualificò ben presto come uno dei migliori della storia granata, e fu celere a farsi riconoscere subito per una frase che ancora oggi è rimasta nota nel gergo calcistico: "Palla avanti e pedalare". Che tradotto in altre parole significa: reagisci.

Quando non sai in che modo reagire o che tipo di strategia seguire, quando hai l’impressione che la natura del gioco in quella data partita stia seguendo una rotta poco convenzionale, un percorso capace di smentire le ore su ore su ore di pratica e studio pregresso, non rimane che fare una cosa: pedalare. Correre, insistere, buttarsi. Resistere alla tentazione di gettare la palla fuori campo e arrendersi agli eventi se si vede che non seguono la traiettoria impalcata idealmente durante i preparativi tattici e teorici. Un insegnamento, questo, trasferibile altrove, allocabile nella vita quotidiana in tutte le sue più minute sfumature.

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Uomo di grandi capacità intuitive, esigeva dai suoi giocatori quella stessa abnegazione che lo aveva caratterizzato nei suoi anni da mediano. Ostile a qualsivoglia forma di complessità cerebrale, identificava nella spontaneità reiterata della corsa il vero tratto vincente di un atleta, a patto che correre significasse non mollare mai, neanche a pochi secondi dal triplice fischio dell'arbitro. Guai ad adagiarsi. Sperone non poteva che essere granata, in questo. Non è nelle corde cardiache del Toro adeguarsi facilmente alla sconfitta, né soccombere quando si capisce che la situazione è talmente insostenibile che non c’è scappatoia che si possa prendere per evitarne l’impatto.

Nel periodo in cui prestò le sue doti al servizio della causa granata, Scarpone condivise il campo con Antonio Janni e Enrico Colombari. I tre faranno parte di un trio che passò ben presto alla storia, dati i vari talenti che lo componevano, un terzetto di audaci calciatori che si potrebbe mettere quasi sullo stesso piano del celebre e supremo “Trio delle meraviglie”. Ma delle meraviglie appena menzionate parleremo meglio la prossima settimana.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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