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I pirati del calcio

PARMA, ITALY - SEPTEMBER 01:  Lega Serie A banner is seen prior to the Serie A match between Atalanta BC and Torino FC at Stadio Ennio Tardini on September 1, 2019 in Parma, Italy.  (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

Sotto le granate / Torna l’appuntamento con la rubrica di Maria Grazia Nemour: "

Maria Grazia Nemour

Stopiracy: questo il nome del video diramato dalla Lega Serie A a sostegno della sua campagna antipirateria.

Un video che sembra sceneggiato da De Amicis, l’ultimo capitolo del libro Cuore. La vocina di un bimbo, rotta di emozione, racconta il luogo della tragedia, il delitto si è consumato tra seggiolini arrugginiti e un campo senza più erba, la porta dalla rete strappata. È qui, nell’urbano abbandono, che lo hanno assassinato, il calcio. E fin qui uno potrebbe essere d’accordo avendo annusato la puzza di cadavere putrefatto durante molte partite, ma quello che sconvolge è la rivelazione del nome dell’assassino: la pirateria.

La…pirateria?

La pirateria!

No, il regista non può essere De Amicis, un professionista del pathos come lui non avrebbe mai ridicolizzato il finale di una scena così toccante. Che poi, se uno ha visto anche solo un paio di puntate di Montalbano o Don Matteo, lo intuisce subito che il bambino – stellina – è stato irretito. L’assassino del calcio non è la pirateria. Magari gli ha mollato un pestone, ma il paziente lo avevamo già perso, il nostro amato calcio – pace all’anima sua – è stato stuprato ripetutamente dai diritti televisivi; smembrato barbaramente nei tanti orari delle partite infrasettimanali; dissanguato da ingaggi stellari di giocatori che poi si sentono a loro agio a vivere come marziani; il corpo, abbandonato sull’autostrada che porta all’esempio degli States, l’impero dello sport-dollaro, deviando per il Qatar.

Insomma, guardando il video sono stata tentata di chiamare il Telefono Azzurro perché quel bambino è stato chiaramente violentato psicologicamente da una bugia che hanno chiamato, con notevole ipocrisia, Verità.

No, il regista non può essere De Amicis, lui sa che un bambino non si schiererebbe contro un pirata, che sia Capitan Harlock, Capitan Jack Sparrow o Capitan Internet.

Il pirata è un rivoltoso. Sicuramente un fuorilegge, dunque non è il caso di tesserne le lodi, ma di comprendere le ragioni del suo agire, sì, è proprio il caso, sì. Un pirata è fuori dal sistema che lo vuole omologare, lo combatte, non vuole essere integrato.

il St.Pauli sventola nel suo Jolly Roger le idee con cui scende in campo: no all’omofobia, al sessismo, al razzismo e al fascismo. Tutte idee interessanti per costruire una campagna di sensibilizzazione pirata. Un calcio di reietti e ribelli che hanno detto ‘no grazie’ addirittura alla Nike, che hanno suscitato l’interesse della CNN.

No, il regista del video Stopiracy non può essere il sentimentale De Amicis ma neanche l’avveniristico Steve Jobs, che avrebbe trattenuto a stento una risata al cospetto dell’espressione “pirateria informatica”. La rete non ha padroni, anche se in tanti se la sono comprata. È difficilmente addomesticabile la rete, se scegli di giocarci insieme per farci tanti soldi, è meglio che non rischi tutto mettendo la testa tra le sue fauci, reagirà sulla spinta di infiniti stimoli.

L’unico modo per sterminare i pirati è rendere superflua la loro rivolta: abbattere il profitto. La gamba di legno del pirata vale il ridimensionamento del prezzo degli abbonamenti, quelli fisici da stadio come quelli virtuali da divano. La benda sull’occhio guercio del pirata si infila riconducendo la partita a tradizione socio-culturale della domenica pomeriggio, con le benvenute eccezioni. Eccezioni, appunto.

Tutto questo non soddisfa le esigenze economiche dell’industria calcio? Pazienza, torneremo all’artigianato del calcio, da veri rivoltosi…

La pirateria è e resta un reato, una forzatura, in qualche modo una violenza. Miccichè è assolutamente dalla parte della legge nel condannarla, ma forse è meglio che si prepari qualcosa di meglio di un “Nel nome del Re, vi ordino di fermarvi”, quando in rete sentirà l’urlo “All’arrembaggio!”.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.