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Smart calcio

Sotto le granate / Torna l'appuntamento con la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Dalla prospettiva del divano, ogni attività è diventata smart, agile"

Maria Grazia Nemour

In questi mesi di contenimento, le olimpiadi sono state soppiantate dalle divaniadi, dove ognuno diventa un tifoso smart, a suo modo protagonista.

Dalla prospettiva del divano, ogni attività è diventata smart, agile.

Ti siedi e ti dedichi al lavoro agile, ti stravacchi e ti immergi in un sonnellino ancora più agile, smart.

Dal divano abbiamo sentito Conte annunciare che il calcio italiano non è pronto a ricominciare la corsa, e dal divano abbiamo visto la Germania attivarsi nello smart calcio. La Merkel torna a ricordarcelo, i tedeschi sono smart: più veloci e precisi.

L’unico tedesco poco smart è stato l’allenatore dell’Augsburg, Heiko Herrlich, che non è stato così avveduto come Ulisse da farsi legare, magari al palo della porta, e non ha resistito al richiamo del supermercato, il dentifricio gli costa la partita e vale una quarantena.

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Comunque, che le partite di sabato siano state poi davvero smart, non lo so.

Siamo senza allenamento come tifosi,  e 90 minuti a guardare una partita sembrano perfino troppi, ci sta comodo uno spuntino agile nel mezzo, una videochiamata di lavoro o una smart pipì del cagnolino.

Il calcio senza tifosi sarà smart, ma è chirurgico, non ci si contagia ma si tende alla sedazione.

Esultare col distanziamento dopo un gol è come baciare la fidanzata in videoconferenza. Sono cose che hanno poco senso se le fai in solitaria, si sostanziano di contatto.

Certo la tecnologia renderà un’esperienza molto smart il nuovo tifo da divano: la visuale sarà quella dell’uomo che sta sul limitare del campo e ascolta le imprecazioni nelle spinte, sarà così virtuale da sentire colare il sudore dell’attaccante che corre. Volendo, il tifoso smart avrà l’impressione di sedersi in panchina, distanziato e con mascherina, si intende. Perché in campo, nel corpo a corpo, a quanto pare è basso il rischio di contagio, ma in panchina l’ambiente è pericolosissimo, infatti ogni giocatore che esce dal campo per prima cosa infila la mascherina.

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Credo di non essere abbastanza smart per questo calcio.

Preferirei un calcio meno smart e più consapevole della propria implosione: se si prevede che il fatturato si sgonfi di una percentuale fluttuante tra il 20 e il 40 per cento, potrebbe essere l’occasione per costruire un calcio dove non corrano giocatori marziani, con risultati meno figli dalle speculazioni finanziarie, campionati dove tutti siano in gara. Un gioco con un unico grande protagonista che oltre a essere smart e agile è anche, per natura, imprevedibile: il pallone.

A volte la decrescita, è una soluzione. Una soluzione molto smart.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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