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La carica di Leo Junior a TN: “Col Toro legame eterno, dai che si vince il derby”

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In esclusiva le parole di un mito granata, uno dei più forti giocatori stranieri che abbia giocato in Serie A. E il brasiliano incorona Ivan Ilic
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

Prima che la chiamata dal Brasile si chiuda Leo Junior, con la sua voce calda e rassicurante, da vero tifoso granata dice: “Forza Vecchio Cuore Granata che si vince il derby sabato”. È un mito del Torino, uno dei più forti calciatori stranieri che abbia mai giocato in Serie A, a parlare in esclusiva su Toro News in una delle due settimane più sentite della stagione, quella che precede il derby d’andata. Leo Junior non merita proprio presentazioni. Solo due numeri: 69 apparizioni con la maglia della Nazionale A del Brasile, tre stagioni nel Torino (dal 1984 al 1987, 119 presenze e 18 gol).

Buongiorno Leo e intanto grazie per la sua voglia di parlare di Toro. È la settimana del derby: la prima cosa che gli viene in mente pensando alle partite contro la Juventus?“La prima cosa che mi viene in mente è il derby d’esordio quando vincemmo la partita con quel benedetto calcio d’angolo che portò al gol di Serena. Era l’89’, momento indimenticabile in un torneo da ricordare. Noi giocammo una grande partita. In quelli anni la Juventus era composta dalla metà della Nazionale italiana più Boniek e Platini: questo per dire quanto fosse forte. Noi disputammo un grande campionato e arrivammo secondi dietro al Verona. Fummo straordinari”.

Cosa aveva di speciale la settimana prima del derby? “Inutile dire che era una settimana particolare, era proprio speciale. Il derby è sempre il derby. Certo è che per noi nel 1984 fu semplicemente una conferma di quanto di buono facemmo durante l’intera stagione, classificandoci davanti alla Juventus e sfiorando lo Scudetto”.

A distanza di tanti anni quando si parla di Leo Junior, il popolo granata si emoziona ancora. Cosa ha lasciato il Torino in Leo Junior?“Non solo i tifosi si emozionano ricordandosi di me, ma anche io ricordando il Torino e gli anni al Toro. Ormai è passato un po’ di tempo dal centenario, quel giorno fu memorabile e mi fa vibrare ancora il cuore. Entrare nel campo insieme a Paolino Pulici: immenso. Ho capito ancor di più che esiste un legame indissolubile tra me e il Toro, e non solo per questioni di campo. Ho una figlia, Giuliana, che è nata all’ospedale Sant’Anna di Torino. Per tutte queste ragioni posso tranquillamente dire che il Toro, Torino e Leo Junior rimarranno legati per l’eternità”.

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Come definirebbe quelle tre annate a Torino?“Difficile parlare della mia esperienza al Torino come di un’esperienza di appena tre anni. Ancora oggi se incontro in Brasile qualche cuore granata è sempre un’emozione differente. È stata talmente intensa quell’esperienza che è come se fosse durata dieci o dodici anni. È difficile da spiegare e magari da credere, ma è proprio così”.

Poteva rimanere anche dopo l’estate 1987?“Sì, potevano essere anche di più le stagioni in granata. Le prime due annate sono andate benissimo, la terza meno perché la squadra aveva qualche problema e non riuscimmo a raggiungere gli obiettivi. Il terzo anno non riuscimmo a esprimerci al meglio sia come interpreti singoli sia come collettivo”.

Il suo ricordo più bello di quel percorso in granata?“Il derby d'esordio è sempre il ricordo più bello. Ma lo inserisco nel contesto della prima annata perché arrivare secondi in un campionato difficile come la Serie A non è affatto facile e dev’essere valorizzato a dovere. Fu una grandissima soddisfazione, anche perché c’era parecchio scetticismo all’inizio. Sono arrivato già a trent’anni e molti avevano dubbi su di me. Ho superato i problemi di adattamento in modo brillante e ho dovuto anche superare un inverno molto rigido, il più freddo da trent’anni a quella parte. Per me l’esperienza al Torino fu il superamento di un test di maturità perché fui capace di adattarmi a tutto quello che mi trovai di fronte. Inoltre, ho avuto la fortuna di confrontarmi con veterani come Zaccarelli, Danova, Copparoni”.

Il compagno più prezioso di quel primo anno?“Pietro Mariani. Mi ha fatto da maestro di italiano. E anche lui ha imparato qualche parola di portoghese. Sono aspetti che vanno al di là del campo, sono tasselli che porti dietro per tutta la vita”.

Come vede oggi la squadra di Ivan Juric?“Mi sembra una squadra diversa rispetto al passato. C’è una spina dorsale: Milinkovic-Savic, Schuurs, Ilic e la coppia Zapata-Radonjic. Manca però la fiducia, manca qualcosina. Non ho visto tutte le partite, ma manca la fiducia di fare. Juric deve essere il vero comandante, lo zar di questa squadra, soprattutto quando si gioca contro squadre inferiori in casa. C’è un aspetto che mi sorprende del Toro di oggi”.

Quale?“Lo scarso numero di italiani in seno alla rosa. Ci sono giocatori di ogni provenienza nel gruppo granata, ma non c’è un brasiliano. Anche questa cosa mi ha colpito. La ritengo strana perché ci sono sempre stati brasiliani nel Toro”.

Qual è il giocatore che più le piace in questo Toro?“Un solo nome: Ivan Ilic. Per me è il centrocampista più forte nella rosa del Torino”.

Si aspettava di più dal suo connazionale Bremer alla Juventus?“Non mi aspettavo niente di più. È stato anche convocato alcune volte dalla Nazionale brasiliana. Ha il suo valore, senza dubbio”.

Un’ultima: la vedremo un giorno a Torino?“Ogni tanto ci torno ma lascio il Brasile quando è estate in Italia e andare a Torino in piena estate non è mai piacevole perché fa caldo e non c’è la spiaggia. Per questo preferisco andare a Pescara. Comunque, nel giugno 2022 sono stato a Torino per il matrimonio del figlio di un mio carissimo amico, Claudio Ceresa. Sono stato molto contento perché ho rivisto tanti amici che non vedevo da molto tempo”.

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