"Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. La formazione tipo che ogni tifoso del Torino ha impresso come un marchio nella mente: dagli anziani sino ai più giovani. In questa società liquida dove tutto cambia e passa in base alle mode, i sostenitori del Toro rappresentano una bella eccezione. Non si tratta di vivere nei ricordi ma senza conoscere il proprio passato e la propria storia non si può neanche costruire un futuro e c'è il rischio di perdere la propria identità.
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“Il Grande Torino”: un’eterna leggenda che non tramonta mai
Mondo Granata / La storia tragica e commuovente di Valentino Mazzola non bisogna smettere di raccontarla o dimenticarla ma deve restare come simbolo d'identificazione di tutto il popolo del Toro
"Al Torino, anche negli ultimi anni, sono mutate tantissime situazioni, si è visto avvicendarsi moltissime persone: presidenti, allenatori, giocatori, capitani, dirigenti ma i tifosi con il proprio drappo granata restano sempre in quanto si riconoscono in un simbolo che va aldilà di una squadra di calcio. Sembra retorica, queste frasi le hanno pronunciate milioni di persone ma bisogna continuare a ricordarle fino all'infinito.
"Quando un bambino comincia a tifare per una squadra spesso effettua questa scelta perché ci gioca il suo giocatore preferito o perché ha trionfato nell'ultimo campionato. Ai bambini che poi diventano granata, invece, viene raccontata la leggenda del "Grande Torino": la morte tragica di una squadra che stava unendo l'intera nazione dopo la guerra più sanguinosa e crudele della storia. Sin da subito diventa quasi un dovere morale parteggiare per il Toro nonostante che negli ultimi anni non abbia brillato ed, anzi, abbia addirittura rischiato di scomparire.
"L'esempio che oggi Aldo Cappon, nipote di Aldo Ballarin, raccontava in un'intervista rilasciata al nostro giornale è commuovente. Nonostante siano passati sessantotto anni i bambini delle elementari ed i ragazzi delle medie ascoltavano affascinati a scuola una lezione sul "Grande Torino" facendo domande e restando interessati per tutto il tempo. Questo è successo a Chioggia, una città lontana dal Filadelfia ma comunque vicina con il cuore al luogo dove i due concittadini Aldo e Dino Ballarin giocavano a calcio tutti i giorni sino al momento della loro morte.
"La storia della squadra costruita da Ferruccio Novo quindi non bisogna smetterla di raccontare, anzi anche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, che diventano sempre più virali, bisogna cercare di diffonderla ancor di più perché c'è ancora troppa gente che non sa e, quindi, non può capire cosa c'è dietro al Toro. Un club che agli occhi di tutti sembra normale ma invece nasconde una storia unica e gloriosa.
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