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LA STORIA

La prima società di Meroni: “Inclusione e valori, così ricordiamo Gigi tutti i giorni”

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La storia della Libertas San Bartolomeo, la società di Como dove la Farfalla Granata ha iniziato a giocare che è diventata parte del progetto Academy del Torino

Gianluca Sartori

Da un oratorio sulle rive del Lago di Como alle vette più alte del calcio italiano: Gigi Meroni aveva realizzato il suo sogno di bambino e se lo stava godendo, prima che la sorte decidesse per lui qualcosa di diverso. Ma in quell’oratorio di Como c’è ancora chi porta avanti i sogni dei bambini nel nome di Gigi, rinverdendo il suo mito tutti i giorni. Si tratta della Libertas San Bartolomeo: sì, proprio la società che per prima diede la possibilità al piccolo Gigi di fare quel che più amava. Dopo tutti questi anni la Libertas è ancora operante sul territorio lariano e non tutti sanno che pochi mesi fa è entrata a far parte della famiglia Torino Academy, rendendo ancora più forte il legame che che corre sull’asse Torino-Como.

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“La nostra è stata una scelta di cuore – racconta a Toro News Enrico Bello, il presidente della Libertas San Bartolomeo -. Nel nostro territorio spopolano Inter, Milan e Juventus, le scuole calcio dei paesi limitrofi sono affiliate per la maggior parte a uno di questi club. Ma noi non potevamo che scegliere il Torino per un rapporto che è il trait-d-union tra il passato, il presente e il futuro della nostra società”. Già solo parlando con Belli si capisce lo spessore umano di un presidente che racconta che oggi il calcio dei bambini può e deve essere anzitutto crescita e integrazione, non solo ricerca ossessiva del risultato. Lo lasciamo spiegare. “Ci occupiamo soprattutto di settore giovanile, abbiamo una decina di squadre e circa 250 iscritti, con una prima squadra in terza categoria. Facciamo calcio con l’obiettivo primario di educare i giovani al saper stare insieme, all’accettazione della sconfitta. Abbiamo tesserato qualche mese fa una ventina di ragazzi richiedenti asilo, nelle nostre squadre ci sono 17 nazionalità diverse e abbiamo introdotto la figura di un mediatore culturale. L’integrazione è un valore che portiamo avanti con convinzione specie in un momento in cui purtroppo assistiamo ancora a episodi di razzismo negli stadi di Serie A. Incentriamo gli insegnamenti sul rispetto delle regole ma cercando sempre di dare modo ai bambini di esprimere appieno la propria indole. Come avrebbe voluto Gigi”.

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Gigi e suo fratello Celestino erano bambini quando si presentarono per la prima volta all’oratorio di San Bartolomeo. Un campo di calcio a cinque in terra e sassi, due pali come porte: tanto bastò al piccolo Meroni per fare vedere le sue qualità. “Cominciò qui, calcando uno dei campi che oggi usiamo noi – sorride Bello -. Poi fu portato al Como dall’osservatore e nostro collaboratore Livio Prada, che ha compiuto novant’anni pochi giorni fa. Abbiamo quindi il dovere di rendergli omaggio per quello che ci ha regalato dentro e fuori dal campo. Dal 2007 abbiamo lanciato il torneo Gigi nel Cuore, dedicato alle categorie Primi Calci e Pulcini, giornate all’insegna dello sport per tenere viva la memoria del nostro campione. Nel 2020 non abbiamo potuto giocare il torneo causa pandemia, e allora abbiamo ideato un contest artistico, “Ricordando Gigi Meroni”, chiedendo ai nostri ragazzi di realizzare un disegno per onorare la memoria del nostro campione. Quest’anno, invece, abbiamo potuto organizzarlo proprio pochi giorni fa, tra settembre e ottobre”.

E poi è arrivata la partnership col Torino, annunciata lo scorso giugno. “Per noi è una grande novità e una grande fortuna. Il responsabile del progetto, Teodoro Coppola, è una persona assolutamente capace e meritevole. Siamo contenti di essere al fianco del club granata, che ci sta dando una grande mano nella formazione dei nostri allenatori. E il prossimo 30 ottobre, con tanti dei nostri ragazzi, saremo ospiti del Toro allo stadio”. Quel giorno si giocherà Torino-Sampdoria, nel 1967 fu l’ultima partita di Gigi Meroni. Dice Bello, invece, che “Per noi sarà una prima volta importante, un giorno indimenticabile che rappresenterà davvero la nostra ripartenza dopo il Covid”. Ed è giusto, e bello, così.

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