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Granata dall'Europa

Altro giro altra corsa

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Torna "Granata dall'Europa", la rubrica a cura di Michele Cercone
Michele Cercone Columnist 

Il campionato si sta chiudendo mestamente, segnando la fine dell'esperienza di Juric al Toro. L'allenatore croato non è riuscito a lasciare il segno che i tifosi si sarebbero aspettati, ma ha comunque garantito tre anni di solidità ed ha costretto la società a fare progressi che si continueranno a farsi sentire anche nelle prossime stagioni. Juric ha parecchie attenuanti per non essere riuscito a fare il salto di qualità, soprattutto per quanto riguarda i primi due anni al Toro. Al suo arrivo ha trovato un vuoto pneumatico sotto il profilo della rosa e delle strutture che ha richiesto un lavoro enorme. Passare dalla ridda di ''giocatori per caso'' e ''prestiti con diritto di non-riscatto'' all'attuale ossatura della squadra non è stato semplice, e gran parte del merito va ascritto a lui. Purtroppo il problema nasce con l'analisi dell'andamento della squadra in quest'ultima stagione. I giocatori-chiave sono stati indicati da Juric, e va ammesso che la società ha investito cifre rilevanti per assicurarseli. L'allenatore non è stato in grado di spingere oltre il limite della sufficienza una rosa che rispecchiava le sue indicazioni e le sue necessità.

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La squadra di quest'anno poteva e doveva andare oltre la mediocre classifica attuale: Zapata, Ricci, Ilic, Vlasic, Bellanova e Buongiorno sono giocatori di carature superiore e non sono stati messi  nelle condizioni per esprimersi al meglio. A zavorrare il nostro campionato sono state le scelte infelici e incomprensibili sui comprimari, che avrebbero dovuto offrire ricambi all'altezza e un apporto di qualità. E' vero che il calcio non puo' basarsi solo sui numeri, ma se si calcola la media gol in carriera di Seck, Radonjic, Pellegri, Karamoh e Sanabria ci si rende subito conto che non è all'altezza di una buona squadra di serie A. Allo stesso modo, continuare ad insistere su Lazaro e Vojvoda per la corsia di sinistra si è rivelato un disastro annunciato e anche il saldo netto di Milinkovic Savic resta negativo. Ma se al mister si possono ascrivere alcune responsabilità, i problemi strutturali del Toro esistono da ben prima che lui arrivasse e non sono certo colpa sua. Come gli altri tredici allenatori che lo hanno preceduto, Juric ha dovuto arrendersi di fronte a carenze strutturali che la società non è in grado o non vuole affrontare e risolvere. Uno dei principali punti deboli è non saper scovare nuovi talenti a costi contenuti. Puntare su giovani come Schuurs, Ricci, Ilic e Bellanova è stato un ottimo affare, ma si tratta di giocatori nel mirino di molte società e per i quali è stato necessario aprire il portafogli. Chiaro che le risorse spese per assicurarseli hanno drenato le casse riducendo all'osso i soldi per ulteriori acquisti.

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Questa situazione è comune a molte squadre di serie A dai bilanci limitati, ed è qui che entrano in gioco il vivaio e la capacità di tirare fuori qualche coniglio dal cilindro. Se le giovanili del Toro hanno contribuito sfornando l'eccellenza Buongiorno e la solida speranza Gineitis, non altrettanto si puo' dire del fiuto del Toro per i futuri campioni. La lista dei vari Seck, Popa, Zima, Gojak, Karamoh, Warming, Haveri, Bayeye, Ilkhan (alla quale va aggiunto il fallimento Radonjic) illustra con chiarezza quanto scarso sia stato l'apporto delle giovani scommesse scovate in giro negli ultimi anni. Se in alcuni casi si è trattato di investimenti molto limitati (Bayeye, Warming, Haveri, Popa, Gojak), per Zima sono stati spesi 5 milioni, per Ilkhan 4,5, per Seck 4. Al di là del peso economico, la mancanza di fiuto sul mercato ha privato la squadra di quella rosa lunga necessaria per affrontare un campionato di serie A mirando alle prime sette/otto posizioni. Chiunque sia il prossimo allenatore, senza un sistema di scouting degno di questo nome, e senza professionisti esperti capaci di individuare talenti veri (e non scommesse perse in partenza), siamo destinati ad assistere ad un nuovo giro sulla giostra del vorrei ma non posso che da venti anni porta in giro i tifosi del Toro.

Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore.

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