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Calcio, nulla sarà più come prima?

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Torna l'appuntamento con Il Granata della Porta Accanto: quanto tempo ci vorrà per capire che svuotare di senso le competizioni “tradizionali” non è altro che un immenso boomerang che porterà il calcio alla disaffezione più totale?

It's the end of the world as we know it” cantavano i REM a fine anni Ottanta (canzone poi coverizzata da Ligabue con il titolo “A che ora è la fine del mondo?”) e dopo aver letto la sentenza della Corte di Giustizia Europea sul monopolio di Fifa e UEFA la sensazione è proprio quella, che il mondo del calcio per come lo conoscevamo sia finito il mattino del 21-12-2023. Una data epocale che rischia di essere la Waterloo di un calcio che si sta vendendo anima e corpo al puro business travolgendo qualsiasi appiglio legato alla tradizione e stravolgendo qualsiasi meccanismo che in più di un secolo gli ha permesso di diventare lo sport più amato e seguito al mondo. Qualcuno obietterà che la sentenza Bosman del 1990 aveva di fatto già cambiato per sempre il sistema calcio e forse è vero, ma fino ad oggi un attacco così frontale e diretto all’impalcatura che lo sostiene e permette di mantenerlo collegato a cosa era e a cosa rappresentava, non si era mai visto. Perché alla fine il punto è proprio questo: che senso ha combattere il “monopolio” della UEFA quando è normalissimo che esista un organismo che regola le competizioni, cioè una Federazione, quindi, sia essa nazionale o transnazionale, che stabilisce i format e i regolamenti per garantire che la competizione sia la più sportiva possibile? Cherchez l'argent, direbbero i francesi, sostituendo la parola “denaro” (argent) alla parola “donna” (femme) come nel celebre detto.

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L'ingordigia dei club più ricchi (e indebitati) d'Europa è talmente grande da non fermarsi nemmeno di fronte al rischio di uccidere questo sport, senza curarsi della possibilità tutt'altro che remota che questa breccia aperta nella struttura del calcio diventi una voragine che tutto inghiottirà. Quanto tempo ci vorrà per capire che svuotare di senso le competizioni “tradizionali”, come i campionati e le stesse coppe, in nome di nuove competizioni che garantiscano più soldi ai club non è altro che un immenso boomerang che porterà il calcio alla disaffezione più totale e alla perdita di ogni interesse legato al senso per cui ogni tifoso tifa per la propria squadra? Il problema è che quando ci si accorgerà del madornale errore sarà troppo tardi per rimettere “i cocci a posto” e tutti noi avremo perso il passatempo che sin da bambini ci ha fatto sognare ed arrabbiare, infiammare e gioire, piangere ed esultare. Invece di sedersi ad un tavolo e ragionare su come effettivamente migliorare il gioco del calcio e i suoi meccanismi, qualcuno, senza alcuna morale e scrupolo, ha pensato bene di fare saltare il banco per arraffare tutto e subito senza dare peso nemmeno minimamente alle conseguenze. Non so se si farà davvero la Superlega o qualunque altra cosa simile, ma è strano pensare una cosa: in Italia esistono Federazioni alternative alla FIGC che organizzano campionati di calcio (UISP e CSI, ad esempio) ma nessuna di queste, per quanto anche se ne avessero la possibilità, si sognerebbe di “rompere” il monopolio, se così vogliamo chiamarlo, della FIGC.

E non lo farebbero semplicemente perché non ha senso: se anche squadre tipo Juve, Milan o Inter giocassero in un campionato UISP perché più ricco di quello della FIGC, nessun tifoso si sognerebbe mai di dare più peso allo scudetto della UISP piuttosto che a quello assegnato col campionato di Serie A. Sarebbe come pensare che il Trofeo Birra Moretti valga più della Coppa Italia o il Trofeo Gamper più della Europa League! È assolutamente una follia. Creare una nuova lega e pensare che un potenziale maggior valore economico possa anche significare un maggiore prestigio solo perché a giocarlo sono tutte squadre suppostamente più “blasonate” è scioccamente supponente, quanto pateticamente autoreferenziale. Chiedete ai tifosi del Bologna, ad esempio, che quest'anno veleggiano nei quartieri alti della classifica se preferirebbero vincere lo scudetto (che non vincono dal 1964)  oppure una nuova competizione con le migliori otto squadre di serie A? Chiedete ai tifosi felsinei se il prossimo anno preferirebbero andare in Champions League piuttosto che in una nuova ipotetica Superlega? Le risposte sarebbero scontate…

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Ai tifosi non frega dei soldi, frega dei risultati della propria squadra. Non c'è denaro che può comprare il prestigio di una vittoria sul campo in una competizione universalmente riconosciuta e prestigiosa. Non si possono cancellare più di un secolo di edizioni della Serie A a girone unico o più di mezzo secolo di coppe europee inventandosi un torneo al solo scopo di lucro. E da tifoso del Toro, legato forse ancora più di tanti altri tifosi al senso di appartenenza, vorrei che la mia squadra del cuore tornasse a vincere lo scudetto come accadde nel 1976 o tornasse a partecipare alle coppe europee “tradizionali” come accadeva spesso fino a inizio anni Novanta. Non mi interesserebbe se il Torino per sua storia o prestigio si potesse iscrivere ad una Lega che nasce domani: non è quello il campo in cui voglio che i miei beniamini combattano le loro battaglie! È così difficile capirlo? Il calcio non è il wrestling dove tutto è finto ed è puro show: il calcio è sentimento, è campanilismo ed è voglia di lottare per ottenere risultati. Se lo si svuota di tutto questo che senso ha? Che gusto ci sarebbe a festeggiare una vittoria nel Trofeo Birra Moretti solo perché al via presenta squadre blasonate e cachet più alti per le società?

Va bene essere al passo con i tempi e quindi accettare che non ci saranno mai più i numeri dall’1 all’11 sulle maglie di quelli che partono titolari, ma spudoratamente vendere il calcio al primo miglior offerente che passa lì fuori è davvero inaccettabile. Non c'era peggior notizia che potesse arrivare alla vigilia di Natale. Nemmeno lo scialba prestazione del Toro contro l'Udinese sembra così deludente in confronto all'ipotesi ormai concreta che il calcio da oggi non sarà mai più come lo conoscevamo…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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