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Primi nel mondo: il Toro 1991/92 parte 5

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Torna l'appuntamento con Culto: "Due mesi senza Europa, due mesi per trasformarsi da belli di notte a splendidi di giorno in modo da consolidare la nostra posizione ai piani alti della classifica..."

Francesco Bugnone

Rileggi le prime quattro puntate di questa serie legata alla stagione 1991/92 del Torino:

31 dicembre 1991, Capodanno. Siamo a casa di amici dei miei genitori e allo scoccare della mezzanotte, mentre siamo in terrazza a vedere i fuochi d’artificio esplosi nelle vicinanze, in molti esprimono un desiderio. Il mio è “Speriamo che quest’anno ci porti la Coppa Uefa”. Molti ridono, gli auspici degli adulti sono altri, mio padre, l’unico a capirmi sul serio non come granata (è interista), ma come tifoso, mi abbraccia. È il desiderio di un bambino di dodici anni. Ecco, non ho mai desiderato nulla in modo così puro e non sono sicuro che oggi, trent’anni dopo, in quelle circostanze non direi esattamente le stesse cose.

Due mesi senza Europa, due mesi per trasformarsi da belli di notte a splendidi di giorno in modo da consolidare la nostra posizione ai piani alti della classifica: è questa la missione che aspetta il Toro dal cinque gennaio al primo marzo 1992. Dal terzo al dodicesimo posto ci sono cinque lunghezze, non tantissimi nemmeno nell’era dei due punti a vittoria. Il Toro è nono, ma a un solo punto dalla zona europea. Si può fare e si farà.

Con Mondonico vicino al rinnovo e Policano al rientro dopo la lunga squalifica, il morale è alto. Si va al “Ferraris” contro il Genoa, nostro compagno di sogni europei e nostro amico sugli spalti, dove siamo gemellati e ancora ignari di quello che accadrà in un orrendo e torrido pomeriggio di fine maggio 2009. Quattro stelle su cinque (assente Bresciani), ma il Toro, come dirà un orgoglioso Marchegiani negli spogliatoi, a Marassi detta legge. Vazquez e Scifo sono in una di quelle giornate che fanno vergognare chi parla di equivoci tattici. Al 21’ Casagrande non arriva per un soffio sulla rasoiata dello spagnolo. Poco dopo Vincenzino lancia “Poli” (quanto ci sei mancato) che impegna Braglia, il quale successivamente dice no anche a una girata di Casao. L’occasione più clamorosa capita a Scifo sugli sviluppi di un angolo: sul suo colpo di testa la difesa rossoblù respinge chissà come e sul secondo tentativo a colpo sicuro col destro, Braglia salva d’istinto. Si va a riposo su uno 0-0 strettissimo per noi e anche la ripresa inizia in avanti con Policano che spreca di testa un centro da destra di Cravero. Al 59’ lo strameritato vantaggio: meraviglioso cross d’esterno destro di Rafa e stacco quasi intimidatorio di Casagrande che lascia l’intera retroguardia ligure marmorizzata. La curva dei nostri esplode in maniera spettacolare, mentre Casao esulta per la sua prima rete in campionato.

Sul più bello, però, ci fermiamo e gli uomini di Bagnoli, sotto gli occhi di Souness, tecnico del Liverpool loro futuro avversario, escono fuori cingendo d’assedio la retroguardia granata che vacilla un paio di volte (clamoroso salvataggio sulla linea di Annoni, miracolo di Marchegiani su acrobazia di Ferroni) finendo per cadere a 5’ dalla fine. Lo spunto sulla destra di Skuhravy, lanciato da Bortolazzi, travolge un impreparato Benedetti. Il boemo centra basso dal fondo per il “gemello” Aguilera a cui basta mettere il piede per fare festeggiare sotto la Nord. Peccato. L’ultima parola è ancora di Marchegiani ed è dolcissima: “Speriamo di ritrovarci in finale di Coppa Uefa”. Per poco, veramente per poco non andrà così.

Contro l’Atalanta torna anche Bruno e il gol è proprio merito dei “gemelli del giudice sportivo”: Pasquale centra da sinistra e Policano incorna nel sacco. Il Toro gioca bene, ma spreca molto, per esempio con Venturin che mette di un soffio a lato lo splendido assist di petto di Scifo o con Casagrande che, nella ripresa, smarcato da un altro gran tocco del belga, scarta Ferron e trova Minaudo a negargli il raddoppio sulla linea. Chi sbaglia paga e a meno di 10’ dal termine Piovanelli punisce una dormita della difesa e pareggia. Inizia ad aleggiare lo specchio del girone d’andata dell’anno precedente, dove perdemmo una marea di punti negli ultimi minuti. È una paura legittima, ma la rete di Piovanelli sarà uno degli ultimi bocconi amari del campionato.

Ad Ascoli, contro i derelitti padroni di casa, il Toro chiude il girone d’andata con una goleada. La superiorità granata è quasi imbarazzante e si concretizza già dopo pochi minuti quando Marcato devia nella propria rete un traversone di Annoni dopo un’azione alla “Garrincha” di Tarzan. Lentini raddoppia al 29’ raccogliendo un tiro sporco di Cravero e scaraventando in rete dopo un’azione a testa bassa. Il 3-0 è di una facilità sconcertante, con Scifo che ha tutto il tempo per servire in area Policano con un gran filtrante tramutato in rete dal numero tre. Chiude le marcature un rigore di Bresciani e il Toro al giro di boa è quinto con Atalanta e Parma, in piena zona Europa. Con tutte le vicissitudini passate, non è poco. La Lazio, quarta, è a un punto e il Napoli, terzo, a quattro.

Contro il Bari sulla carta sarebbe facile, ma una squadra che si ritrova incredibilmente a lottare per la salvezza nonostante un organico di tutto rispetto (Platt, Jarni, Fortunato, Boban) sa che le occasioni per risalire sono sempre meno e sfodera una prova d’orgoglio. Per una settantina di minuti il Toro soffre, patisce il succitato Jarni e non riesce a creare granché. Sugli spalti si inizia a mugugnare, ma poi, in concomitanza con l’ingresso in campo di Venturin, il Toro sfodera un gran finale. Smarcato da un tocco magico di Cravero, ormai costantemente in attacco, Bruno potrebbe segnare la sua prima rete in granata, ma Alberga respinge in uscita. Poco dopo Policano intercetta un rilancio dello stesso portiere barese e segna a porta vuota, ma Cesari annulla discutibilmente. Poi, all’86’, la giocata decisiva: Vazquez parte da lontano, finta un assist e poi si butta in profondità dribblando un avversario. Sembra posizionarsi per crossare, ma inganna nuovamente tutti con un filtrante per Venturin. Giorgio sfodera un gran diagonale su cui Alberga si allunga al massimo e riesce a respingere con Policano che, sullo slancio, finisce in porta. La palla arriva a Cravero che mette in rete. Mentre il capitano vola verso la Maratona facendosi tutto il campo, visto che la rete è stata siglata sotto la curva opposta, i galletti protestano per un fuorigioco di Policano. Robi era sì sulla linea, ma la difesa e il portiere biancorossi erano già tagliati fuori al momento della conclusione, quindi a “Poli” è bastato disinteressarsi della sfera per non diventare attivo vanificando tutto.

Roberto Cravero è stato un giocatore incredibile. Solo essersi trovato davanti mostri sacri come Scirea prima e soprattutto Baresi poi, gli hanno impedito di essere il libero della Nazionale. Piedi buonissimi, leadership, capacità di inserimento ne hanno fatto spesso un centrocampista aggiunto e proprio questa sua caratteristica è stata uno dei fulcri del Toro di Mondonico abilissimo ad arretrare Fusi quando Roberto si sganciava in avanti. Vederlo giocare è stato pura poesia, il più grande rimpianto non averlo visto alzare un trofeo con la nostra maglia. Un gol di Salsano e tre pali gliel’hanno impedito così come un furto abnorme, quando è tornato dall’esperienza alla Lazio, gli hanno negato la gioia di riportarci in Serie A vincendo lo stramaledetto spareggio contro il Perugia. Roberto Cravero, granata vero.

“Mondonico: scusate se siamo quarti”, questo il titolo che campeggia sulla Stampa del martedì, col Mister che, ironicamente, afferma che la squadra è stata talmente criminalizzata da voler quasi chiedere perdono per il quarto posto. Già, perché una tifoseria seconda a poche nel non sapersi godere le cose belle salvo poi rimpiangerle dopo, ha colpito ancora con qualche fischio di troppo che, tra le altre cose, ha provocato anche un gestaccio di Sordo, fra i più beccati, quando è stato sostituito. Chiedere di tirare fuori le palle a una squadra che ha dimostrato di averle di acciaio è grottesco, ma non sarà neanche l’ultima volta quell’anno.

Per coerenza i tifosi avrebbero dovuto essere più contenti nella gara successiva in casa della Lazio, dove il Toro gioca meglio dei biancocelesti, ma perde, complice qualche errore arbitrale. Doll, migliore dei suoi e per nulla distratto dalle accuse di essere un collaboratore della Stasi rivoltegli in settimana da un calciatore dell’Hannover, al 29’ si presenta davanti a Marchegiani che lo atterra: Sosa trasforma. Il pareggio arriva su corner al 40’: Vazquez calcia da sinistra, Policano prolunga e Annoni segna di testa. Un paio di minuti e accade una di quelle cose che rasentano l’incredibile. Claudio Sclosa, ex Toro, in tre anni e mezzo di Lazio non ha mai segnato, tanto che molti sostenitori biancazzurri hanno risposto “vedere segnare Sclosa” al referendum sulle cose per cui vale la pena vivere indetto dal settimanale satirico Cuore. Il momento arriva proprio contro di noi, oltretutto col destro che non è nemmeno il suo piede. Una rete meravigliosa, un eurogol, palla nel “sette” e siamo di nuovo sotto. Fiori salva la baracca nel finale di tempo, poi, a inizio ripresa, esce su Bresciani fuori area e tocca con la mano guadagnandosi il “rosso”. Undici contro dieci, ci riversiamo in avanti. Al 60’ Bresciani pareggia su splendido filtrante di Scifo, ma la rete è annullata per fuorigioco inesistente. Orsi para il parabile e Boggi nega un rigore enorme a Policano. Nulla da fare, solo rabbia da smaltire.

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Contro la Cremonese di Giagnoni, accolto come un Dio alla lettura delle formazioni, il Toro riprende a correre. Vittoria non entusiasmante forse, ma chiarissima nel punteggio. Con le Cinque Stelle nel motore, Bresciani, su invito del sempre ottimo Venturin, ha un’occasionissima in avvio, ma non punisce la zona grigiorossa. Pochi minuti e sblocchiamo la gara con Casagrande che, splendidamente imbeccato da Cravero, controlla e realizza con classe l’1-0. Gli ospiti, a parte un tiro a lato di Giandebiaggi, combinano poco e Bresciani, pur continuando a litigare incredibilmente con la rete, si conquista il rigore con cui Scifo, nel finale, chiude la gara. Nel frattempo striscioni e volantini fuori dallo stadio, questi ultimi non proprio disinteressati, criticano la candidatura di Borsano alle elezioni nelle fila del Psi.

Nei quarti di finale di Coppa Italia, il Milan, nonostante qualche riserva in campo, è ancora un osso troppo duro per noi. Gol di Baresi, due traverse di Van Basten, la rete della domenica di Simone e a inizio ripresa siamo già sotto 2-0 per il delirio dei telecronisti Fininvest che improvvisano un commento da Istituto Luce durante il Ventennio. La reazione arriva, ma la rete che riapre il discorso qualificazione, complice una combo Antonioli-palo a fermare Lentini, no. Se i riflettori in notturna per una volta ci sono stati nemici, il tiepido sole di Napoli, la domenica successiva, non lo sarà.

Il Toro si presenta con le Cinque Stelle per la prima volta lontano dalle mura amiche e, come nelle precedenti circostanze interne, arriva il successo, anche se il gol arriverà dalle retrovie e dal giocatore più inaspettato, ma andiamo con ordine. Il Napoli inizia con Zola in panchina, noi siamo senza Bruno e Policano. Il primo tempo è molto bloccato e con poco da raccontare, ma la ripresa si accende soprattutto nella seconda parte. Sul colpo di testa di Silenzi, che di lì a un anno ci farà impazzire di gioia nella doppia finale di Coppa Italia con la Roma, Marchegiani compie una parata prodigiosa e, paradossalmente, il pericolo corso fa venire al Toro voglia di vincere. Martin Vazquez ha un’occasione clamorosa, ma, forse perché abituato a scoccare passaggi immaginifici ai compagni, finisce per farne uno anche a Galli che blocca senza affanno. Rafa si fa subito perdonare con un dolce esterno a smarcare Bresciani, ma il portiere partenopeo salva in angolo in uscita. Mani nei capelli per tutti anche se le inquadrature televisive indugiano su Marchegiani e Fusi che decide di andare avanti sulla battuta del corner.

Martin Vazquez va dalla bandierina da sinistra e vede Luca solo al limite dell’area. Pallone rasoterra e il numero quattro controlla di destro e lascia partire una splendida parabola di sinistro (il piede sbagliato) che lascia di sasso Galli. Ci sono delle analogie con la rete di Sclosa due giornate prima: ex di turno (fra l’altro accolto benissimo), gran rendimento, ancora a secco, tiro con l’altro piede. Fusi è quasi incredulo, un mix di gioia per la rete e dispiacere per aver inflitto un danno a quella che era la sua gente, ma esulta comunque per un gol pesantissimo a poco più di dieci minuti dal termine.

Luca Fusi è difficile da descrivere a parole. Arriva da Napoli dove è stato preziosissimo negli ultimi due anni e diventa subito fondamentale nello scacchiere di Mondonico. Copre le spalle a tutti, lascia che Cravero si sganci perché tanto dietro ci pensa lui, quando supera la metà campo lo fa per cose mai banali. Il gol col Napoli, quello contro il Real (ripeto: quello contro il Real), la rete contro la Lazio in Coppa Italia che ributta nell’arena un Toro vicino all’eliminazione e che invece vincerà il torneo che sarà proprio Luca, da capitano, ad alzare. Dopo un suo errore contro il Cagliari che mandò in rete Francescoli, tutto il pubblico lo applaudì: era il suo primo errore in granata. Non è un aneddoto tanto per. Io c’ero e lo ricordo. Sarebbe rimasto al Toro a vita, anche dopo avere smesso, ma fu costretto (sì, costretto) ad andare alla Juventus senza che nessuno vivesse la cosa come un tradimento. Anzi, qualcuno di noi pensa che quando Ravanelli si fece parare il rigore da Pastine nel derby ‘95, un sorriso interiore Fusi, in quel momento negli spogliatoi, se lo sia concesso.

Nel finale si aprono delle praterie per i granata: il gioco degli ex premia ancora il Toro visto che Francini commette fallo da ultimo uomo su Lentini e si prende un rosso sacrosanto. Scifo si vede annullare una rete per un fuorigioco inesistente e l’ultimo brivido lo regala l’ennesimo ex (Crippa) con una botta da fuori su cui Marchegiani è bravo a mettere in angolo. Portiamo a casa uno scalpo importantissimo. Toro quinto a meno due dai partenopei, a un punto dal Parma e a più due sulla Lazio che solo due domeniche prima ci imponeva lo stop.

Contro il Cagliari ancora Cinque Stelle, ancora vittoria, ancora un gol dalle retrovie con Policano. Trascinati da uno Scifo mostruoso, i granata non trovano la goleada un po’ per imprecisione e un po’ per Ielpo che arriva a prendere qualsiasi cosa. Mazzone stesso riconoscerà lo strapotere del Toro negli spogliatoi, cosa che i tecnici ammettono di rado, ma davanti a un dominio del genere è impossibile tacere. La terza vittoria consecutiva in Serie A (non succedeva dal 1981/82, c’era Giacomini in panchina e Pulici in campo per l’ultima stagione con noi) arriva al 60’ grazie a un’azione splendida. Sugli sviluppi di un corner, Scifo di prima serve in area Casagrande che fa un’ottima sponda di testa su cui si catapulta Bresciani che conferma il periodo “no” sbucciando il pallone. Poco male: alle sue spalle arriva ancora Scifo, bravissimo a seguire l’azione, che crossa per la testa di Policano, il quale non manca l’appuntamento con la facile deviazione. Nessuno ricorda più i fischi durante il match contro il Bari, il Toro sembra davvero diventato grande tanto che qualcuno inizia a pensare alla possibilità di ribaltare il 2-0 contro il Milan in Coppa Italia il mercoledì successivo. Non succederà, ma sarà comunque una serata da ricordare per molti motivi.

(5-continua)                                                                                                                      

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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