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L’inizio della ripresa, però, ci spinge alla prudenza visto che nel giro di pochi minuti la Fiorentina, partita a spron battuto, pareggia con un rigore di Casarsa concesso per un mani di Pecci che si sostituisce a Castellini per respingere un colpo di testa, il tutto mentre Bettega impatta il risultato a Napoli. Il Toro torna a più uno in classifica, ma ci mette poco a ritrovare il vantaggio. Al 57’ Salvadori si sgancia sulla fascia veloce come un treno, triangola con Claudio Sala, rientra saltando Tendi e, mentre Beatrice sta per chiuderlo, serve Zaccarelli in mezzo all’area. “Zac” sfrutta l’assist di “Faina” con un rapido tocco di sinistro che vale il 3-2.
La Fiorentina ha un paio di opportunità per il 3-3, soprattutto con Beatrice (Castellini fa ottima guardia sul palo più vicino) poi Pulici decide di mettere il risultato al sicuro con uno dei gol più belli segnati in granata. Pupi soffia palla a Tendi, parte in progressione, si fuma Brizio, evita Superchi costretto a uscire fuori dall’area rigore e poi, da posizione leggermente defilata, mette in rete di sinistro vanificando il ritorno di Tendi. Sullo slancio il numero undici vola sotto la curva mentre la solita varia umanità appostata dietro la porta corre ad abbracciarlo in una specie di festa popolare che è solo l’antipasto di ciò che arriverà di lì a meno di un mese. Quando Pulici torna verso il centro del campo, con la maglia granata resa ancora più scura dalla chiazza di sudore che ha sul petto, succede quello che dà il titolo al pezzo, l’istantanea a cui sarà sempre legata questa partita.
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Carlo Mazzone stringe la mano a Pulici per complimentarsi per il gol. La scena viene immortalata su tutti i giornali, anche se la didascalia del Corriere della Sera lo chiamerà “Marco Mazzone”. Un momento di grande sportività, anche se, in realtà, le cose sembrano andate in maniera leggermente diversa. Pare che Carletto fosse entrato in campo per strigliare i suoi giocatori per la rete appena subita e, una volta accortosi che l’arbitro si stava avvicinando per un provvedimento disciplinare, abbia avuto un colpo di genio. D’altronde, allenando la Fiorentina, come si fai non pensare pensare al “Cos’è il genio?” di “Amici Miei” ambientato proprio nel capoluogo toscano. Mazzone, vedendo Pupi rientrare, si congratula col gol e se la cava. Questa è anche la versione che racconta Eraldo Pecci ne “Il Toro non può perdere”. Pulici confida che il mister gli abbia detto “Me hai distrutto la difesa”. Gesto di fair play o splendida furbata, ha davvero importanza? No, che non ce l’ha perché è un’immagine così bella che vogliamo tenerla così com’è con quel misto di sportività e astuzia che si fondono. Per fortuna non avrà importanza nemmeno la rete di Mimmo Caso che fisserà il risultato sul 4-3. L’unica cosa che conta veramente è aver portato la distanza a due punti sulla Juventus seconda in classifica. A ben vedere sarà il mini allungo decisivo per urlare per la settima volta (più una revocata) “Campioni”.
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Addio, Carlo Mazzone. Sei legato a una bella pagine della nostra storia come quella appena raccontata, così come a momenti più sofferti come quando il tuo Lecce sancì la nostra retrocessione del 1989. Le tue doti umane sono state grandiose, ma lo sono state anche quelle da tecnico come dimostra la gara appena narrata dove riuscisti a rimanere in partita più di altre squadre contro un Toro che in casa era inarrestabile o come quando portasti in Uefa il Cagliari o trascinasti il Bologna in una stagione da decine e decine di partite dove solo un pessimo arbitraggio contro il Marsiglia ti impedì di raggiungere la finale di Coppa Uefa che avresti meritato. Lunedì sera c’è stato uno dei minuti di raccoglimento più sentiti a cui abbia assistito su un campo di calcio. Nessun applauso prima del dovuto, solo silenzio. Mancherai a tantissimi.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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