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Un Toro vero

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"Se il derby del 3-3 è stata pura follia granata, quello del ritorno fu da Toro vero per tutti e 90'. Giocato alla pari e giocato bene con uno spirito che, forse, non si è mai più visto"

Il derby del 3-3 è un momento di pazzia collettiva, di mondo alla rovescia, di cuore Toro da raccontare ai posteri, di “io c’ero”, ma la stracittadina di ritorno è una di quelle di cui dobbiamo andare più orgogliosi. E’ ahimè noto per essere il derby (che Dio mi perdoni) delle “corna di Maresca”, ma in realtà è stata una gara in cui abbiamo guardato nelle palle degli occhi una squadra sulla carta nettamente più forte di noi, poco disposta a fare sconti dopo il pacchettino che gli avevamo fatto all’andata e quindi quello del 24 febbraio 2002 può dirsi tranquillamente un derby da Toro vero, giocato come si deve, con la sua dose di rimpianti, ma anche con una serie di momenti da far battere il cuore.

Il primo arriva con le coreografie, dove la Maratona decide di battere 10-0, stile Grande Torino contro l’Alessandria, la controparte. Il bandierone granata e bianco col Toro è il meno, perché, una volta ritirato, arriva il bello. Si alzano strisce granata e argentate che fanno l’effetto delle onde e se si legge lo striscione che appare si capisce il perché: “Un oceano di passione in un mare di tifo”, con oceano e mare volutamente invertiti per far capire quanto fossimo debordanti. Nel 1999  gli avevamo stampato un “Non ce n’è” in diretta televisiva, stavolta abbiamo voluto rimarcare il concetto.

Il Toro ha iniziato bene il girone di ritorno con quattro vittorie e due pareggi che lo hanno portato dalla zona pericolo addirittura ad ammiccare all’Europa. L’ultimo successo è avvenuto a Parma dove si temeva di prendere il gol dell’ex da Sukur e si è finito per esultare grazie a una botta in mischia di Comotto allo scadere. Negli spogliatoi, però, nessuno sembra pensare alla prima vittoria granata al “Tardini”: si parla già del derby. In settimana, per stemperare, Lucarelli dice che non giocherebbe alla Juventus manco morto. E’ sentita anche dall’altra parte: la Juventus è in testa a 47 punti, Inter e Roma incalzano a 46. E’ serata con profumo di primi anni ’70, quando spesso e volentieri la Signora trovava troppo dure le tremendiste cornate granata.

Il 3-5-2 (o 5-3-2) di Mister Camolese parte deciso. Asta serve Lucarelli che va sul fondo a destra e crossa al centro per Ferrante. Si capisce subito chi sia il dodicesimo uomo in campo: se per noi è la Maratona, per i bianconeri è Paparesta che ignora allegramente un intervento di Ferrara che fa volare il nostro numero novantaquattro. Il Toro sembra partito meglio, ma al 10’ i bianconeri segnano alla prima occasione: cross da sinistra di Davids, Galante monta una guardia blanda su Trezeguet e il francese a cui ne ho dette di più in vita mia segna di testa. All’andata la Juventus andò in vantaggio al primo tiro dopo una nostra maxi-occasione di Osmanovsky, poi arrivarono subito il secondo e poco più avanti il terzo. Stavolta il Toro non è impaurito come allora, vede la rete subita come una bestemmia e non si disunisce, anzi quando può riparte, come quando Comotto ara la fascia destra e crossa per la girata di testa a lato di Ferrante. Si trema su una combinazione stretta fra Trezeguet e Del Piero. Il primo intervento di Buffon è per deviare in angolo una rasoiata da fuori di Asta. Il primo tempo finisce 0-1, De Ascentis si scalda per tutto l’intervallo caricandosi a mille e rileva proprio il capitano, infortunato, per mettersi addosso a Davids.

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L’odore acre dei fumogeni è ancora nell’aria quando Nedved ha l’occasione del raddoppio su assist di Del Piero, ma Mezzano si materializza all’improvviso e, con coraggio e precisione, toglie il pallone in scivolata dai piedi dell’ex laziale che, sorpreso da un intervento così perfetto, non ha neanche il coraggio di rotolarsi come al solito. Il Toro, a questo punto, si infiamma. Conquista angoli, Delli Carri si vede rimpallato un tiro quasi a colpo sicuro, se i cugini provano a ripartire un concentratissimo De Ascentis stoppa tutto in bello stile. Lucarelli si destreggia fra tre avversari, poi appoggia allo scatenato De Ascentis che allarga a Mezzano: splendido sinistro da fuori, la mano di Buffon spunta da chissà dove e nega l’eurogol al numero quattordici. In tutto questo Paparesta grazia Zambrotta dal rosso diretto per un fallaccio da dietro a fermare un contrattacco di Vergassola. Si pressa altissimo, si protesta, si mena, forse se guardiamo bene Camolese sta indossando un colbacco.

Al 62’ Maspero, l’uomo del 3-3, l’uomo della buca, entra in campo per Scarchilli e sembra un ulteriore segnale convenuto per aumentare i giri. Proprio lui batte una punizione dalla tre quarti sinistra 2’ dopo, Thuram, al limite dell’area, sbaglia un colpo di testa non da lui e la palla va all’indietro. Pessotto tocca ancora di testa, ma non fa altro che perfezionare l’assist per Ferrante, appostato al vertice destro dell’area piccola, leggermente defilato. Marco lascia rimbalzare la sfera, si coordina e con uno splendido diagonale di destro manda la palla sul palo opposto, nell’unico angolo possibile, dove Buffon non può arrivare neanche allungando tutto se stesso. Marco ha il fiato per farsi tutto il campo di corsa e venire sotto la Maratona, dove un tifoso gli fa passare sopra il drappo granata, mentre fa il Toro. 1-1, strameritato e rete meravigliosa, ad altissimo coefficiente di difficoltà. Camolese esulta paonazzo.

Al 74’ il mister irrobustisce il centrocampo inserendo Cauet proprio per Ferrante e all’80’ il cambio si rivela più azzeccato che mai. De Ascentis conferma di giocare a velocità doppia rispettagli altri rubando palla a Tacchinardi e fiondandosi in attacco. Appoggio a Maspero che vede l’inserimento in area di Lucarelli il quale è costretto ad allargarsi, ma si porta dietro due difensori e riesce a centrare rasoterra. L’inserimento di Cauet è perfetto, il tocco in scivolata forse un po’ meno, ma Buffon non può fermarlo. Toro in vantaggio, ennesima mossa indovinata da “Camola”. Ferrante torna sotto la curva, stavolta dalla panchina.

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La storia adesso si fa brutta. La Juventus reagisce furibonda, centra subito una traversa con Ferrara su punizione Nedved, poi Bucci compie un mezzo miracolo su Maresca. Proprio quando la pressione sembrava scemare, una saetta di Trezeguet chiama Bucci a deviare in angolo. Proprio quando la pressione sembrava scemare, quel maledetto, fortunoso colpo di testa. Maresca si mette le dita in testa, vuole imitare un Toro, sembra un unicorno e anche abbastanza brutto. Sputa anche a Comotto, scappa, si vince un buon posto nel pantheon dei più detestati da noi, e di rimbalzo dei più osannati da loro. Se in quel momento ci raccontassero che Petrachi e Ventura avrebbero voluto portarlo a Torino nel 2013/2014, chiederemmo l’alcol test per chi ci sta parlando.

Una partita vinta sta per diventare addirittura persa con Trezeguet che si ritrova il matchpoint sul destro, ma Bucci salva in angolo. Di fatto la gara finisce qui. Ci sentiamo beffati, ma siamo orgogliosi. Siamo incazzati perché ce lo meritavamo, se lo meritava la squadra per la dedizione e la voglia messa in campo, per la grinta, per quegli occhi cattivi che facevano trasparire la voglia di fargli gol. Se lo meritava il mister che ha fatto girare una partita indovinando tutte le mosse. Ce lo meritavamo noi, troppo più belli di tutto quella sera sugli spalti. Purtroppo quella sera non ci fu un derby vinto e fa male, ma quella sera ci fu un Toro vero, più vero che mai, e quello fa bene. E il Toro vero è questo, non certo un tizio che lo imita male e poi scappa via.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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