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GRAN TORINO

Noi, il caso, il passato e Max

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Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Gran Torino", a cura di Danilo Baccarani

Una partita può essere crocevia di una stagione, lo snodo, il punto di non ritorno. Può esserlo per una squadra, per un calciatore, per un allenatore. Può esserlo se vinci o se perdi, se sei quello a cui la svolta restituisce significati positivi, oppure se sei quello che subisce il cazzotto e allora non ti resta che abbozzare. Destino cieco, Ritorno al Futuro, Sliding doors, sono tre film, esempi di come gli avvenimenti mutano a seconda del caso, riproponendosi ogni volta differenti nel tempo e nello spazio, modificando l'andamento, cambiano a seconda degli eventi stessi. Per presentarvi Toro-Cagliari, prima giornata di campionato 2023/24, si va a ritroso a raccontare una sconfitta tanto assurda e crudele. Correva l'anno 2008, era solo la settima giornata di campionato ma al termine di quella partita si intuì che la stagione granata nasceva sotto una stella sbagliata. La classifica delle due contendenti era deficitaria: 5 punti in 6 partite per i granata, 1 per i sardi, ultimi in classifica. Sulla panchina del Toro c'era De Biasi, su quella del Cagliari, Massimiliano Allegri.

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Toro tutto italiano per la quarta volta da quando De Biasi allenava i granata: Rosina in panca per qualche problema muscolare, Bianchi titolare, in cabina di regia Corini e classico 4-4-2. Tra gli ospiti spiccano le vecchie conoscenze Marchetti, una presenza nel 2004/05 e Acquafresca, in prestito dall'Inter, caso di mercato all'epoca del post fallimento Cimminelliano.

Il Toro parte alla grande. Sesto minuto, calcio d'angolo di Corini, respinta della difesa, contro cross del pelato. La difesa sputa fuori il pallone che arriva dritto per dritto sul mancino di Rubin. Botta di prima, gran gol. Vista dallo stadio, all'epoca, mi sembrò un sogno, una folgore di rara potenza che si infilò all'incrocio. Una roba non da Toro. "Non può essere. È infatti non è", recitava Oronzo Canà ne L'allenatore nel pallone e l'arbitro Banti di Livorno, infatti, annullava per fuorigioco molto dubbio di Bianchi, reo di aver ostruito la visuale di Marchetti. Un gol da notte europea, con la palla che esce dall'area costringendo il regista ad allargare l'inquadratura, mentre lo spettatore spera che incontro a quel pallone arrivi un tiratore in grado di cambiare il corso degli eventi. Deve essere questo il motivo che ci impedì di passare in vantaggio: lesa maestà nei confronti di cotanta bellezza.

Il Toro sfiorava il gol a più riprese con Bianchi e Amoruso, trovando sulla propria strada un eccellente Marchetti. Il Cagliari era alle corde, il Toro insisteva e Amoruso divorava una clamorosa opportunità a tu per tu con l'estremo difensore sardo. Alla fine del primo tempo, il risultato era di 0-0.

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Il vento però, stava girando. Le nubi, prima della partita, erano tutte sul capo di Max Allegri, ad un passo dall'esonero e, alla fine di una prima frazione letteralmente dominata, in curva iniziava ad aleggiare un sentore di fregatura. Nella ripresa il Cagliari si destava, si notava che la squadra, pur senza fare nulla di trascendentale, stesse reagendo. Jeda e Larrivey sfioravano il gol, con il primo che, per sua sfortuna, coglieva la traversa a Sereni battuto. Era un momento e il vento girava ancora, con il Toro, che pareva in grado di portare la partita dalla sua.

Abate centrava basso per Bianchi che mancava l'appuntamento con il gol proprio sotto la Maratona. Era un sussulto che durava un attimo poi la partita si addormentava, proprio come il mare che si tranquillizza prima di una tempesta. Negli ospiti entravano Acquafresca e Lazzari per Cossu e Larrivey. Il Toro inseriva Rosina nel tentativo di sparigliare le carte.

Ma tre minuti dopo, tutto cambiava. La partita prendeva una via inattesa, cambiando il corso della storia grazie ad un flusso canalizzatore contrario che tornava indietro nel tempo aprendo uno spazio-tempo che consegnava agli annali un esito totalmente imprevisto. Roba che a Marty Mcfly e Doc, gli facciamo un baffo.

Era il destino che cambiava in un amen, perché il calcio, da sempre scienza non esatta, regalava ai sardi tre punti tanto ingiusti quanto insperati. L'evergreen contropiedistico, alla faccia degli allenatori giovani con tante belle idee (che poi avremmo modo di vederle queste avanguardie futuriste, come no), prevedeva un lancio di Conti per Acquafresca che entrava in area e batteva impagabilmente Sereni. Chi se non lui? Robert Acquafresca era la quadratura del cerchio, tornava dal passato per purgarci nel presente. L'attaccante di Alpignano si toglieva la maglietta ed esultava sotto la tribuna per il vantaggio cagliaritano.

Quel gol cambiava i destini delle due squadre. Il Cagliari iniziava così il suo torneo, macinando punti, finendo nono a quota 53, dopo aver respirato a più riprese aria d'Europa. Il Toro si ammutoliva, vinceva qualche partita, ne perdeva moltissime, esonerava due tecnici, De Biasi prima, Novellino poi e chiudeva con Camolese quando oramai era francamente troppo tardi per sperare in un colpo di coda. Le schermaglie con la Menarini, allora presidente del Bologna, una traversa di Colombo contro lo stesso Bologna, una gazzarra ignobile contro il Genoa quando oramai non bastava nemmeno più sperare.

Caso e sorte condannarono una squadra tanto brutta quanto sbagliata. La storia non si scrive con i se e con i ma, lo sappiamo. Ma quel Torello che alla fine di quella stagione scenderà in B, avrebbe potuto davvero cambiare il corso della storia vincendo quell'anonimo e banale Toro-Cagliari. Avrebbe staccato i sardi di sette punti, lasciandoli in fondo alla classifica. Avrebbe, forse, contribuito all'esonero di Max Allegri, stravolgendone magari l'intera carriera, costellata poi di scudetti irreali, vinti di corto muso. Avrebbe, forse, dato inizio ad un campionato più tranquillo per i granata.

E Max, lo so che non stai leggendo, ma sono convinto che quel gol di Acquafresca lo conservi come uno dei ricordi più cari.

Ci siamo capiti.

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