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Il ritorno degli Apaches

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Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Granata dall'Europa", a cura di Michele Cercone

Michele Cercone

Che il calcio, in barba a tutte le euroleghe, sia uno sport capace di offrire storie meravigliose lo provano quelle gocce di miracoli che ogni tanto rinfrescano e nutrono i sogni dei tifosi. Una di queste epopee coinvolge un angolo caleidoscopico di Bruxelles, dove ogni domenica scende in campo una squadra che ha conosciuto le vette del successo e gli abissi delle retrocessioni più dolorose. L’Union St. Gilloise ha tutti i crismi della squadra epica. Nata nel 1897, è una delle compagini più antiche d’Europa, ed ha dominato la scena del calcio belga nei primi decenni del 1900 quando il football gettava le basi per diventare la sport più popolare al mondo.

Tra il 1904 e il 1913 l'Union ha vinto 7 campionati nazionali, ai quali vanno aggiunti i 3 titoli del periodo 1933-1935, nel quale i giallo-blu di St Gilles hanno giocato 60 partite senza sconfitte. Un record mondiale tuttora imbattuto e ancora celebrato dal nomignolo ''Union 60''. Uno dei marchi di fabbrica dell'USG era l'atteggiamento arrembante ed aggressivo in campo dei suoi giocatori, che valse loro il soprannome di ''Apaches'', solo indirettamente legato alla tribù degli irriducibili nativi americani. Apaches erano infatti chiamate le bande di teppisti che all'epoca terrorizzavano le strade dei sobborghi parigini, ed è per richiamare le loro scorribande che gli arcigni difensori dell'Union si videro affibbiare quello che inizialmente era un epiteto offensivo, e che nel tempo è diventato un simbolo di orgoglio. Le scritte ''Apaches'' in giallo e blu campeggiano ancora oggi tutt'intorno allo stadio Joseph Marien, un piccolo impianto da appena 10.000 posti. Ma la compagine che ha dominato la prima fase del calcio belga era destinata ad una caduta libera inimmaginabile negli anni d'oro. Dopo la serie di alti e bassi che hanno segnato gli anni '50 e '60, l'Union ha conosciuto un inarrestabile declino culminato nella retrocessione in seconda serie nel 1973. Da allora gli Apaches hanno smesso di incrociare i loro tomahawk (altro simbolo amato dai tifosi) con le squadre di prima fascia per cominciare una traversata del deserto durata quasi 50 anni. Tra umiliazioni e delusioni, l'USG si è dibattuta per decenni nei pantani della seconda, terza e persino quarta divisione. Nonostante i risultati negativi però, il legame di profonda simbiosi tra l'Union e il quartiere di St Gilles non si è mai interrotto. Per suoi abitanti, ed i suoi ''Boys'', l'USG ha mantenuto un posto centrale nella vita della comunità, e poche centinaia di appassionati hanno tenuto viva la piccola fiamma tra gli spalti semi-deserti del Marien. Per loro la squadra non a mai smesso di essere un ''gigante addormentato'' che avrebbe un giorno trovato la formula magica per ritornare ai successi di un tempo. Poveri illusi? Forse. Ma gli dei del calcio sembrano amare chi sa lottare per l'impossibile, e così nel 2018 hanno deciso si regalare agli Apaches e al calcio mondiale una delle più belle favole della storia di questo sport. Il patron del Brighton, Tony Bloom, decide infatti di investire nel calcio belga e acquista l'Union a cifre quasi irrisorie. Poco mecenatismo e molto calcolo nella scelta: dopo la Brexit i club di Premier non possono tesserare giocatori under 18. Limitazione che non riguarda le squadre dell'Unione europea però. Ma quale che siano i motivi, Bloom capisce una cosa: l'USG e il quartiere di St Gilles sono una sola cosa. ''Questa squadra appartiene ai tifosi'', dice presentandosi, e in effetti lavora per rafforzare il legame con la variegata e multietnica comunità. Il risultato è immediato: lo stadio esplode e i tifosi diventano uno dei traini delle prestazioni della squadra, che nel 2021 torna in prima divisione. Ma l'esperienza nel calcio di Bloom gli permette anche di fare da subito le mosse giuste: cerca e trova i professionisti giusti a cui affidare i complessi comparti dello scouting, del reclutamento e della gestione della squadra. A chiudere il cerchio arriva un approccio innovativo alla ricerca e tesseramento dei giocatori basato sull'enorme quantità di dati processati da Starlizard (la società di Bloom specializzata in consulenza in materia di giochi d'azzardo). Gli algoritmi di Starlizard vengono infatti utilizzati per scovare profili di giocatori interessanti e poco conosciuti grazie all'analisi dei big data. Vengono quindi seguiti per lunghi periodi (fino a dieci mesi) tre tipologie di giocatori: giovani che non trovano spazio nei club più titolati, giovani delle serie minori o di nazionali poco conosciute a cui i grandi club non sono interessati, giocatori motivati e capaci di forte attaccamento al progetto. Uno sguardo ad alcuni dei più forti dei calciatori in rosa illustra bene questo approccio: il portiere Anthony Moris ha 44 presenze con il Lussemburgo, il capitano Teddy Teuma 19 con Malta, Loïc Lapoussin 8 con il Madagascar, Kaoru Mitoma 1 con il Giappone, e a questo si aggiunge Dante Vanzeir un giovane prima sconosciuto che ha da poco esordito con il Belgio. I risultati sono sotto gli occhi di tutti gli appassionati di calcio: l'Union al suo primo anno in prima divisione ha ottenuto il primo posto, cedendo la corsa per il titolo solo nelle fasi finali dei play off. E se il campionato belga non fosse considerato un banco di prova sufficiente, basta guardare allo strabiliante percorso in Europa con appena una sconfitta e con i quarti di finale da giocare contro il Bayern Leverkusen. Il tutto con investimenti complessivi limitati a poche decine di milioni di euro, con sessioni di mercato addirittura in attivo e una quantità industriale di arrivi a parametro zero. A cementare il progetto poi un gruppo di giocatori motivati e attaccati alla maglia che nell'ultima sessione di mercato di gennaio hanno fatto un patto: nessuno parte anche a fronte di offerte di stipendi più lucrosi. Nessuno infatti è partito. Se il gigante addormentato di St Gilles si sveglierà davvero e vincerà nuovi titoli non è dato sapere. Di certo sappiamo che gli Apaches hanno abbandonato la riserva indiana e sono tornati ai territori di caccia dei loro avi. Onore ai Boys e al pugno di tenaci illusi che hanno tenuto viva la fiamma. Anche il più arido deserto si puo' attraversare se ci si crede sempre fino in fondo e ci si disseta con l'acqua della passione.

Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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