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Il granata della porta accanto

Juric e il Toro nella terra di mezzo

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Il Granata della Porta Accanto/ Si naviga a vista e al mister non sta più bene: perché dovrebbe star bene a noi tifosi?

Alessandro Costantino

Ho trovato molto chiare le parole di Juric che per l'ennesima volta ha ribadito che non ha senso lottare per il nulla, ”fare un campionato da decimo posto". Un concetto che da anni viene sostenuto dalla stragrande maggioranza dei tifosi del Toro con l'eccezione di coloro che ancora vivono nello spauracchio del fallimento. È stato chiaro il mister: il rischio di non puntare mai a niente è quello di imbattersi, prima o poi, in una stagione da retrocessione, come accadde proprio al Torino nell'anno del Covid e nella stagione successiva o allo stesso Verona che dopo due annate sopra le righe quest'anno rischia la serie B.

Concetti assolutamente condivisibili che rimarcano, se ancora ce ne fosse bisogno, come l'assenza di obiettivi ambiziosi sia la peggiore condizione per chi vive e lavora in un mondo estremamente competitivo come quello del calcio e dello sport in generale. È per questo che ho trovato tanto illuminanti le dichiarazioni di Juric quanto sorprendente la replica di Cairo di qualche giorno fa: il patron granata ha in buona sostanza sostenuto di "aver accontentato in tutto e per tutto il mister" (e già questo appare strano perché altrimenti non si spiegherebbero le lamentele pubbliche di Juric stesso) e "di essere estremamente ambizioso". Ora, chiunque abbia seguito le vicende granata degli ultimi 18 anni può serenamente dire, sostenuto dai fatti, che la società guidata da Cairo ha fatto delle buone cose, ma per certo non è mai stata ambiziosa: due settimi posti e un paio di quarti di finale di Coppa Italia stridono con l'idea di risultati "ambiziosi" e, dalle strutture ampiamente carenti ai mercati spesso incompleti, anche nella gestione societaria l'ambizione ha lasciato spesso il posto ad altre più nascoste virtù come la parsimonia o la generosità, ad esempio verso la Juve alla quale abbiamo "regalato" 76 punti sugli 84 disponibili degli ultimi 28 derby disputati…

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Mentre Juric, quindi,  da un lato "urla" alla stampa e ai tifosi la sua insofferenza per essere alla guida di un Toro condannato a stare nella terra di mezzo di una classifica che lo tiene a debita distanza dall'Europa (i 3 punti di Lecce sono importantissimi, ma qui si fa un discorso generale al di là dei successi o degli insuccessi del momento) sebbene sufficientemente sopra la zona salvezza, dall'altro abbiamo un Cairo che dice sostanzialmente l'opposto senza mostrare eventuali prove (risultati, investimenti, ecc.). Juric gradirebbe più ambizione e non fa nulla per nasconderlo, Cairo ci dice che ne ha tanta, ma di fatto sa nasconderla benissimo. Un presidente ambizioso, infatti, avrebbe già blindato Juric seguendone e cavalcandone l'ardore di fare qualcosa di importante, un presidente ambizioso avrebbe promesso ai suoi giocatori lauti premi per piazzamenti europei o trofei come la Coppa Italia o anche "solo" dei derby vinti, un presidente ambizioso avrebbe già smosso mari e monti per iniziare a costruire il Robaldo e finirlo per ieri perché ogni giorno perso di questi sette anni è stato un danno enorme per l'intero settore giovanile.

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Tenere semplicemente in vita una società calcistica non è ambizione, non capire i suoi tifosi non è ambizione, non preoccuparsi di quale e quanto grande (o piccolo) sarà il bacino di tifosi del Torino nel medio lungo termine non è ambizione. La realtà è che il Torino galleggia senza una vera "mission" da più di tre lustri e la realtà ci dice che il proprietario del Torino, a capo tra l'altro del più grande gruppo editoriale italiano, non ha neanche saputo creare una narrazione il più possibile aderente ai desiderata dei tifosi granata per "mascherare" il fatto che nel calcio moderno in effetti non c'è più tanto spazio per sogni di gloria di realtà come il Torino. Per cui non è tanto grave il voler affermare di essere ambizioso senza realmente esserlo, quanto il non aver trovato, sebbene sia stato suggerito dai tifosi stessi, da una parte dei media e da tutti gli ex giocatori più amati del passato, un progetto "alternativo" al semplice vincere che permettesse alla gente di essere realmente soddisfatta di un campionato da decimo posto. Tutti sanno che il tifoso granata non ha come unica priorità la vittoria e che il suo focus spesso è sul come si gioca e sul come eventualmente si arriva alla vittoria: è un tifoso al quale si può proporre qualcosa di diverso dalla pura e convenzionale vittoria purché si sappiano toccare le giuste corde dei valori sui quali si basa il suo tifo e la sua fede.

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"Non investo sul mercato perché ritengo più importante finanziare il Robaldo o il Filadelfia" oppure "non compreremo grandi nomi perché preferiamo crescere futuri campioni nel nostro prestigioso vivaio che pertanto assorbirà buona parte dei nostri investimenti" oppure "lotteremo per salvarci ma daremo l'anima per vincere i derby e fare più strada possibile in Coppa Italia". C'erano innumerevoli dichiarazioni che ci saremmo aspettati il Presidente facesse e che pur mostrandoci una realtà limitata in quanto ad ambizioni avrebbero potuto fare accettare questa situazione ai tifosi grazie al senso di "progetto" e di aderenza ai valori granata che ognuna di queste portava con sé. Ma nessuna di queste è stata mai fatta, purtroppo, e nessuno di quei progetti è mai stato varato. La vittoria di Lecce, per quanto ci riempia di gioia, non sia la foglia di fico dietro alla quale nascondere la cruda realtà: si naviga a vista e se non sta bene a Juric, perché dovrebbe star bene a noi tifosi?

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