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Il granata della porta accanto

Quanto Toro in questi mondiali

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Il Granata della Porta Accanto/ Non solo i giocatori granata in Qatar: Weghorst come Sordo, eroe mancato per colpa degli dèi del calcio

Alessandro Costantino

C'è stato e c'è ancora un po' di Toro ai mondiali del Qatar. Oltre ai tre serbi, Lukic, Radonjic e Milinkovic-Savic e allo svizzero Rodriguez, l'altro giocatore granata a partecipare alla competizione iridata è stato Nikola Vlasic la cui nazionale, la Croazia, battendo un po' a sorpresa il Brasile, può continuare a cullare il sogno di laurearsi campione del mondo. Toccherà quindi a Vlasic nelle semifinali della competizione iridata portare sotto la maglietta a scacchi bianca e rossa della sua nazionale un po' di colore granata.

Ma guardando le varie partite, sia dei gironi che della fase ad eliminazione diretta, non sono stati solo i giocatori citati a colorare di granata il mondiale qatariota: agli occhi di un tifoso del Toro il calcio è spesso qualcosa di più di una semplice partita di pallone, arrivando spesso a sfociare in una metafora molto realistica della vita. Alla luce di questo non sono pochi gli spunti "da Toro" che si possono trarre dalle partite che si stanno disputando nel Paese del Golfo Persico. La stessa Croazia contro il Brasile ha fatto una partita che definire "da Toro" non è assolutamente blasfemo: ha saputo soffrire contro una delle Nazionali più forti del mondo ed ha avuto il merito di non darsi per vinta neppure quando il gol di Neymar sembrava aver indirizzato la sfida inesorabilmente in favore dei verdeoro. I croati non si sono arresi ed hanno trovato un insperato, ma caparbio pareggio a pochi giri di lancetta dal novantesimo per poi trionfare nella lotteria dei rigori. Il penalty segnato da Vlasic è stato motivo di orgoglio per noi granata visto che era una vita che non vedevamo un "nostro" giocatore sgambettare in un quarto di finale di un mondiale, come ben aveva illustrato Toro News in un articolo di qualche giorno fa.

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Ci sono poi altre storie che in apparenza non hanno una particolare attinenza con le vicende granata ad attirare l'attenzione di chi guarda il calcio ancora con un occhio romantico ed un tantino nostalgico. Penso alla serata agrodolce di Weghorst, attaccante olandese che ha accarezzato per poi vedere svanire sul rigore decisivo di Lautaro Martinez il sogno di diventare eroe per una notte. Entrato come mossa della disperazione di Van Gaal con la squadra sotto due a zero, il lungagnone in forza al Besiktas ha prima accorciato le distanze con la specialità della casa, il colpo di testa, e poi nel recupero fiume accordato dall'arbitro spagnolo ha siglato il gol del pari che ha portato la partita ai supplementari. Nell'overtime, visti i troppi giocatori offensivi in campo e la sua relativa freschezza si è sfiancato in un lavoro da ala, un ruolo certo non suo dato che è la classica torre d'area (197 cm), ripiegando spesso in difesa e spendendosi con grande sacrificio per la causa. Nei calci di rigore poi, dopo i primi due errori dei suoi compagni, ha segnato il penalty che ha ridato fiducia all'Olanda portando la serie fino all'ultimo tiro, quello realizzato dal Martinez nerazzurro che ha chiuso la contesa eliminando l'Olanda.

Le sue lacrime a fine gara sono l'emblema di quanto spesso ci è capitato di vedere nella storia del Torino: l'eroe sfortunato che arriva a tanto così dall'impresa ma fallisce, l'Icaro che si spinge troppo in alto e viene cacciato giù dagli dèi. Gli stessi dèi del calcio che beffardamente hanno impedito che il gigante Weghorst battesse la pulce Messi impedendo che, in un altrettanto beffardo gioco di proporzioni, il Davide-Weghorst battesse il Golia-Messi. Una storia di eroe mancato che mi ricorda quella di Gianluca Sordo e la sua traversa di Amsterdam. A beneficiarne allora, protetto dagli dèi del calcio, fu il giovane allenatore dei lancieri dell'Ajax, Louis Van Gaal, che raccolse, senza vincere, il suo primo trofeo europeo. Lo stesso Van Gaal che trent'anni dopo era sulla panchina di questa Olanda a cui questa volta gli dèi non hanno riservato la stessa fortuna, evidentemente. È questo il bello del calcio? Per chi la vede come noi granata probabilmente sì: vincere è ciò che resta negli annali, perdere però a volte resta nel cuore con un orgoglio ancora più grande di tante vittorie farlocche…

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