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IL GRANATA DELLA PORTA ACCANTO

Nove milioni di buoni motivi per vendere il Toro

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Il Granata della Porta Accanto / All'alba del ventesimo anno di presidenza viene da chiedersi a fronte di una società che non ottiene risultati sportivi ed economici, cosa serva a Cairo continuare la sua avventura alla guida del Torino
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

È uscito il bilancio del Torino FC e, senza grande sorpresa, l'esercizio 2023 è stato chiuso con una perdita di circa 9 milioni di euro. Niente se paragonato alle perdite registrate da club come Inter e Juve, ma comunque il sintomo di una gestione che da qualche anno a questa parte non riesce a fare quadrare i conti fra entrate ed uscite. Senza addentrarci in un discorso più generale sull'insostenibilità del modello attuale di business del calcio dove i costi sono sproporzionati rispetto ai ricavi, discorso che, seppur doveroso, ci porterebbe lontano dal focus sul Torino, è ovvio che una riflessione su come è gestito il modello Toro va fatta. Sappiamo tutti benissimo che la parabola nel calcio del presidente Cairo è stata sinusoidale e che a fronte di un entusiasmo iniziale con la repentina promozione in A in seguito allo spareggio col Mantova e a un abisso con tre anni consecutivi di Serie B, solo con l'avvento di Ventura e Petrachi i risultati sportivi ed economici avevano preso a risalire per poi stabilizzarsi, tanto che nell'ultimo decennio, a parte le due annate disastrose del covid con il rischio retrocessione, il Torino veleggia a metà classifica sul lato sportivo e sotto la linea di galleggiamento a livello economico perché non produce utili.

All'alba del ventesimo anno di presidenza viene, quindi, da chiedersi se a fronte di una società che non ottiene risultati sportivi ed economicamente non si regge in piedi autonomamente, cosa serva al presidente Cairo continuare la sua avventura alla guida del Torino. Ci sono stati presidenti che hanno investito tanti soldi, ma almeno hanno ottenuto successi e soddisfazioni vincendo campionati e coppe, così come ci sono stati presidenti che non vincendo nulla hanno lucrato parecchio bene sulle loro società: il nostro presidente, visti i risultati in campo e gli ultimi cinque o sei bilanci pare non appartenere a nessuna di queste due categorie, il che alimenta ulteriormente il mistero sul perché abbia così tanta voglia di mantenere le redini di questo club. C'è chi dice che lo faccia per il ritorno di immagine “gratuito” e la visibilità mediatica che l'essere proprietario di una squadra di calcio regala o chi si avventura in teorie molto più complottiste. Di certo analizzando il cammino della Fiorentina in Conference League dell'anno scorso e di quest'anno viene spontaneo immaginare che se al posto del club di Commisso ci fosse stato il Torino, il bilancio 2023 si sarebbe chiuso almeno in pareggio grazie agli introiti di botteghino e premi UEFA che le coppe garantiscono. È altresì vero che se Buongiorno non si fosse opposto alla cessione all'Atalanta il bilancio sarebbe stato addirittura in utile, ma anche qui la riflessione nasce spontanea: è più semplice fare del Torino un “plusvalenzificio” e sistemare i conti ogni anno con una o due cessioni eccellenti o è meglio, sí, avvalersi di plusvalenze di tanto in tanto e però nel frattempo investire sul vivaio e sullo scouting per alzare il livello della squadra e finanziarsi anche con gli introiti derivati da risultati sportivi (coppe europee, sponsor, marketing, ecc)?

Il presidente Cairo è in una botte di ferro perché in qualunque momento voglia vendere il Torino realizzerà una plusvalenza da capogiro contando che ha rilevato la società dai lodisti per poche decine di migliaia di euro nel lontano 2005. Ma se nel frattempo non ottiene risultati, vende i pezzi migliori (chi saranno i prossimi Buongiorno? Schuurs?) “inimicandosi” i tifosi, non patrimonializza la società e non granatizza l'ambiente, non avrà per caso una serie di buoni motivi per vendere il Toro? Magari, buttando l'occhio al bilancio, direi circa nove milioni di buoni motivi in più per decidersi a farlo…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

 

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