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La gabbia maledetta

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Torna un nuovo appuntamento con "RisorgimenToro", la rubrica a cura di Massimiliano Romiti

Massimiliano Romiti

In questi giorni che seguono una domenica in cui il Toro ha sconfitto il diavolo (quale miglior preludio possibile alla festa di Ognissanti?), condivido con voi una grande mia presa di coscienza circa le sorti granata degli ultimi trent'anni circa. Chi ha un po' più di 40 anni, probabilmente, al sentire la parola gabbia abbinata al mondo del calcio, ricorderà un allenatore molto amato da noi tifosi granata. Gigi Maifredi.

Già, un allenatore della Juve. Con il grande merito di aver fatto toccare alla compagine bianconera, emigrata poi a Venaria, forse il punto più basso dell'era moderna, senza contare calciopoli ovviamente. Ora chissà che Allegri... Ma comunque prima di lui, di certo, Maifredi è stato un vero mito per noi granata, quale autore di un'impresa mai superata ma solo eguagliata, 10 anni dopo, da un altro Luigi, Del Neri. Ma torniamo alla vera protagonista di questo articolo.

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Invenzione per particolari sedute di allenamento, con paternità contesa tra Orrico e appunto Maifredi, la gabbia fece la sua comparsa al centro sportivo di Orbassano nella stagione 1990/1991, allorché i bianconeri si allenarono lì per tutta la stagione, peraltro l'unica gestita dal (da noi) rimpianto tecnico affermatosi nel Bologna. Apparentemente la gabbia di Maifredi era un campo ridotto e completamente circondato da reti e recinzioni, soffitto compreso, di modo che il pallone non potesse uscire in alcun modo ma restasse sempre in gioco.

In realtà però, evidentemente, quella gabbia era invece una specie di pentacolo diabolico in grado di assorbire completamente fortuna e forza dei malcapitati che si fossero trovati ad utilizzare questo maledetto ambiente per allenarsi. Quale fosse l'origine della maledizione, nessuno lo sa. Ma zero titoli e 7* posto in campionato, senza qualificazione europea(!), stanno a dimostrare l'immane potenza negativa di quell'apparato utilizzato, purtroppo troppo poco, dall'altra squadra di Torino. Il Toro negli anni immediatamente successivi a quelli di cui stiamo parlando, lo sappiamo tutti, divenne un grande Toro: l'ultimo grande Toro,  capace di un terzo posto in campionato, una finale di coppa UEFA e dell'ultimo trionfo in coppa Italia, seguito poi  da un dignitoso quarto di finale in Coppa Coppe. Da lì in poi una crisi infinita che perdura sostanzialmente a tutt'oggi, stabilizzatasi da ultimo in una mediocrità pressoché costante e con soddisfazioni troppo rare se parametrate al blasone storico del Club.

Di tutto ciò ve lo spiego io il perché: colpa della gabbia! Ebbene sì, non ci crederete, ma nel medesimo luogo dove Maifredi allenava i bianconeri, finirono poi ad allenarsi, una volta abbandonato il Fila (sigh!), proprio i nostri eroi granata che si trasferirono per qualche tempo alla Sisport di Orbassano, come qualcuno forse ricorderà. E malauguratamente (ed evidentemente) si avvalsero anch'essi del gobbo arnese ivi rimasto collocato (ma inutilizzato) dai tempi di Maifredi.

Sono io stesso testimone della sinistra presenza alla Sisport. Ero giovane ma l'avvertii e mi accorsi della famigerata gabbia nel frequentare gli allenamenti del Toro. Oggi ritengo che probabilmente l'abbandono dell'installazione  fu intenzionale da parte del club degli Agnelli; di certo lo fece per nuocerci, dato che ne avevano direttamente sperimentato la nefandezza sulla propria pelle a strisce. Immaginatevi poi l'effetto su un Club come il Torino di cotal pentacolo malefico. Altro che settimo posto. Innanzitutto effetto negativo  prolungatissimo. E per tutto il periodo non solo assenza di vittorie ma retrocessioni in B, fallimento societario e innumerevoli piazzamenti anonimi.

Forse, in chiave anti-granata, una volta scopertane la mala natura, la maledizione che caratterizzava la gabbia era stata persino potenziata da chissà quale malvagio personaggio esperto in arti oscure. E così da allora vediamo un Torino Fc sempre più prigioniero delle più grette logiche del calcio business e di un presidente che come tanti altri in Italia non si apre alla sua gente. E si raccolgono i risultati che sono sotto gli occhi di tutti da anni, a Torino come appunto nel resto d'Italia, dove il calcio ormai langue ma nessuno riesce a cambiare le cose. Ma d'altra parte vediamo anche tifosi del Toro ormai prigionieri dei social e delle opinioni che maturano nei social, soli nelle proprie case a rimuginare e recriminare, mentre la realtà è la' fuori che aspetterebbe di essere vissuta (insieme) e cambiata.

Insomma tutti, tutti in gabbia. A causa della gabbia maledetta. Ora però lo sappiamo. La coscienza di ciò era l'unica luce che poteva spezzare la tetra maledizione. La buona notizia quindi è che questo articolo quindi spezza la maledizione una volta per tutte.

La gabbia non c'è più, da tempo è stata rimossa da Orbassano e da tempo il Toro non ci ha più nulla a che fare, anche se, inspiegabilmente, vi è rimasto intrappolato per così tanto tempo. Siamo pure tornati al Fila laddove il suo abbandono era stato l'inizio del nefasto periodo. Ma devono tornarci non solo i calciatori ma anche i tifosi per aumentare l'energia positiva! Società, giocatori, tifosi non avete più scuse. Diamoci una mossa e facciamo uscire il Toro dalla gabbia! E facciamolo insieme, finalmente, dato che pure il diavolo, ossia colui che divide, come abbiamo potuto tutti vedere, anche se fa paura, si può battere.

 

Avvocato e mediatore civile e commerciale. Socio Fondatore dei Giuristi Granata - Toro Club Marco Filippi, dell'Associazione Curva Primavera per la Fondazione Stadio Filadelfia e dell'Associazione ToroMio. Attuale presidente del Comitato NOIF "Nelle origini il futuro" che unisce a ToroMio associazioni di varie tifoserie italiane nella promozione di una proposta di legge che introduca la partecipazione popolare nel mondo del calcio e dello sport.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo

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