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Sotto la lente: Lazio-Torino

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I granata pagano stanchezza ed errori individuali, incappando in una sconfitta: l'analisi tattica del match
Francesco Bonsi

Nella 6° giornata di Serie A, il Torino viene battuto 2-0 dalla Lazio, incappando così nella seconda sconfitta stagionale. La rivedibile prestazione di mercoledì, non è stata caratterizzata da errori strutturali, come quella contro il Milan, bensì da una grande stanchezza fisica e mentale, che hanno raggiunto il picco nel secondo tempo. I granata, infatti, hanno saputo mostrare delle buone iniziative in fase di possesso, che però non sempre si sono concluse.

Sarri ha schierato la Lazio col solito 4-3-3, cambiando cinque interpreti rispetto alla partita col Monza, tra cui il primo marcatore Vecino, e gli autori dei due assist Lazzari e Felipe Anderson.

Juric invece, ne ha cambiati solo tre rispetto alla partita di domenica contro la Roma, che sono Ricci al posto di Ilic, Vlasic al posto di Seck e Sanabria al posto di Radonjic.

Vista la presenza del paraguaiano insieme a Zapata, si è pensato che si andasse a giocare con due punte fisse, sostenute da Vlasic, ma in realtà il discorso è più complesso di quanto si creda. Non bisogna commettere l’errore di categorizzare i giocatori in base a ruoli fissi, ma è più corretto distinguerli in base alle diverse funzioni che devono svolgere:

  • Vlasic sulla carta è partito trequartista, svariando molto, ed effettuando inserimenti alle spalle dei terzini avversari, da entrambi i lati;
  • Sanabria ha lavorato più da seconda punta, venendo spesso incontro per ricevere palloni dalla difesa, aiutando molto la squadra nella risalita del campo;
  • Zapata è stato il giocatore ad aver toccato meno palloni (esclusi i subentrati e Buongiorno uscito al 27’), poiché veniva servito solo quando tagliava alle spalle di Marusic, o lo si cercava tramite lanci lunghi.
  • Dopo aver effettuato questa breve disamina iniziale, possiamo cominciare con l’analisi tattica del match.

     

    L’USCITA DAL PRESSING

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    In fase di costruzione abbiamo visto i soliti pattern: Buongiorno che si alzava sulla linea dei centrocampisti, oppure Ricci che scivolava nella prima linea. Ma la Lazio si è schierata molto bene, complicando il giro palla del Toro, e costringendoli molte volte allo sviluppo diretto. I tre attaccanti e le due mezzali, creavano densità in mezzo al campo, rendendo impossibile la ricezione ai centrocampisti granata.

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    Per evitare imbucate, e rendere ancor più difficile lo sviluppo, una mezzala o un esterno si alzava a turno su Schuurs o su Rodriguez, a seconda di chi ricevesse il pallone, coprendo sempre la linea di passaggio centrale.

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    Per ovviare a questa prima pressione, Juric ha appunto abbassato Ricci e Buongiorno, componendo una linea a 4. La risposta di Sarri, non si è fatta attendere, e la Lazio è passata ad un 4-4-2, con Vecino che si alzava costantemente in pressione sul numero 28.

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    In mezzo alle due linee di pressione, Tameze, aveva una buona porzione di campo per ricevere palla e giocarla in avanti, ma invece di effettuare un controllo orientato, rimaneva col corpo rivolto verso la difesa.

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    Ma se la Lazio alzava troppo il suo baricentro, si potevano liberare spazi alle spalle della seconda linea di pressione: in quegli spazi è stato bravissimo a muoversi Sanabria, effettuando movimenti incontro, con i tempi corretti. Se su di lui usciva Lazzari, si liberava poi tanto spazio a sinistra per Lazaro.

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    Il numero 9, veniva cercato anche con lanci lunghi nella metà campo avversaria, dove poteva ricevere indisturbato, visto che Rovella marcava Vlasic e la linea difensiva scappava all’indietro.

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    LO SVILUPPO DELLA MANOVRA

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    Anche nella metà campo avversaria, al Toro non sono mancate soluzioni per superare la difesa biancoceleste. Quando gli esterni granata ricevevano il pallone in ampiezza, si alzava su di essi il terzino lato palla: a questo punto si liberava uno spazio alle loro spalle, che veniva attaccato, come già detto, da Vlasic a sinistra e da Zapata a destra.

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    Da queste situazioni, però non si è sempre riusciti a trarre vantaggio. Prima di tutto perché, sia Lazaro che Bellanova, non sempre andavano a giocare in avanti, tornando molto spesso indietro. Dopodiché, la Lazio era molto brava a ruotare i giocatori per ricomporre lo stesso sistema di gioco ed evitare di rimanere scoperta: se il difensore centrale si allargava, Rovella scivolava in mezzo alla difesa, e Vecino prendeva posto in mediana.

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    Un’altra circostanza, dalla quale si poteva trarre vantaggio, erano i cambi gioco, specialmente da sinistra verso destra, perché in questo modo era possibile isolare Bellanova 1v1, che infatti ha completato 2 dribbling su 2 tentati.

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    Il problema, è che i cambi gioco dovevano essere effettuati rapidamente, se si voleva creare scompiglio nella linea difensiva laziale, e non sempre è stato così.

    All’inizio del secondo tempo, Vlasic è stato impiegato come trequartista destro, con il compito di effettuare movimenti per liberare Bellanova largo a destra, e consentirgli di ricevere per poi andare di nuovo a puntare l’avversario e mettere in cross in mezzo.

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    L’ACCORTEZZA DIFENSIVA

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    La fase difensiva del Torino, nel primo tempo, è stata caratterizzata da una grande attenzione, tanto da concedere poco e nulla alla Lazio: gli unici tentativi sono arrivati su sviluppi da corner, il primo in area di rigore terminato alto, e il secondo da fuori area, bloccato agevolmente da Milinkovic-Savic.

    In fase di prima pressione, i due centrali difensivi venivano marcati da Sanabria e Zapata, mentre Vlasic marcava il mediano.

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    A destra invece, non è stato Bellanova ad uscire su Marusic, ma Schuurs, che abbandonava la posizione di braccetto destro, mentre l’esterno destro rimaneva basso a marcare Zaccagni.

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    Ci possiamo fare diverseipotesi su questa scelta tattica, che probabilmente è stata presa per via di una maggiore rapidità di Bellanova, ritenuto più adatto per arginare Zaccagni.

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    Ciò impediva agli avversari, anche di sviluppare azioni sulla corsia sinistra, annullando gli inserimenti di Marusic che veniva ben marcato da Schuurs.

    Quindi, per oltrepassare la difesa del Toro, la Lazio ha spostato il proprio raggio d’azione sulla corsia di destra, dove veniva proposta un’interessante triangolazione: quando Lazzari era in possesso del pallone, Vecino tendeva ad abbassarsi, liberando uno spazio centrale che veniva occupato da Felipe Anderson, e sulla fascia destra, si inseriva LuisAlberto.

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    Ma la difesa ha mantenuto la propria solidità, e ogni elemento ha marcato eccellentemente il proprio riferimento, in qualunque zona del campo si muovesse.

     

    I PROBLEMI ED IL CROLLO

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    Nel secondo tempo, la difesa è diventata più stanca, passiva e colpita da molte imbucate per gli inserimenti delle mezzali biancocelesti. Si è trattato indubbiamente di un calo fisico, causato da due partite molto ravvicinate, ma dopo il gol del vantaggio, abbiamo assistito ad un ulteriore calo, di tipo mentale, che ha provocato un vero e proprio crollo.

    Ciò che ha creato diversi grattacapi al Toro, anche nel primo tempo, sono stati gli inserimenti di Matías Vecino, che sono stati contenuti a fatica da Ricci.

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    Il gol del 1-0 arriva proprio da questa situazione: Rodriguez e Lazaro vengono scavalcati da un’imbucata per Lazzari, che mette un cross in mezzo dove trova Vecino, che mette la palla in buca d’angolo. Ricci assorbe bene l’inserimento dell’uruguaiano, ma poi in area di rigore se lo perde, scaricando il peso di marcarlo al solo Bellanova, che arriva in ritardo.

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    Proprio Bellanova, è stato complice nel gol del raddoppio: sugli sviluppi di una rimessa laterale, la Lazio crea densità a sinistra, attirando verso l’esterno Schuurs e Rodriguez, e liberano il mezzo spazio sinistro, che viene attaccato da Zaccagni. Bellanova, non avrebbe dovuto alzarsi troppo, dato che l’avevano già fatto due difensori, e avrebbe dovuto coprire la profondità.

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    Sul filtrante di Anderson, il numero 19 si arrende troppo presto e termina la propria corsa prima che Zaccagni concludesse a rete, e questo può essere un sintomo di una stanchezza più mentale, che fisica.

    Dopo questa sconfitta, non bisogna però abbattersi, perché si sono potute intravedere delle buone idee, e una grande solidità difensiva nel primo tempo. Il trio Vlasic-Sanabria-Zapata non può assolutamente considerarsi un esperimento fallito, perché, nel loro piccolo, hanno contribuito alla creazione di occasioni, dando l’idea di poter essere complementari. Ad ogni modo, c’è bisogno di affinare la loro intesa per creare delle buone trame di gioco e beneficiare al massimo della loro concomitanza. Lunedì contro il Verona, è necessaria una reazione, in modo da arrivare carichi al derby.

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