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Toro-Padova 2-0: questione di scienza

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Beppe Scienza ha girato l'Italia, ma il legame col Toro è stato speciale. Francesco Bugnone ce lo racconta e il suo Culto si sofferma su un pomeriggio di settembre dove il centrocampista ci tolse parecchie castagne dal fuoco
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Ho sempre avuto un debole per i centrocampisti intelligenti, quelli che nelle cronache vengono descritti come portatori di “fosforo”, che sanno sempre dove mettersi in campo e che gli allenatori, a ragione, non tolgono nemmeno se minacciati. Giuseppe Scienza è stato uno dei miei preferiti anche perché oltre a una bravura tattica davvero notevole, rispetto a un Brambilla pre-infortunio, tanto per fare un esempio, aveva una caratteristica sempre apprezzata: la natta da fuori.

Scienza inizia la sua avventura calcistica nel Verbano, passa al Toro primavera nel 1984/85 e poi inizia a girare l’Italia in lungo e in largo con un colore nel destino: il granata. Granata è la maglia della Campania Puteolana, ma soprattutto è la maglia della Reggiana. Al “Mirabello” Beppe trova la consacrazione. Nelle tre stagione disputate sotto la guida di Pippo Marchioro (allenatore del Cesena che giocò contro il Toro una certa partita disputata il 16 maggio 1976) il nostro è fra i protagonisti della prima promozione nella massima serie degli emiliani e dell’epica salvezza dell’anno successivo. Una punizione di seconda scaraventata sotto l’incrocio dei pali contro l’Inter alla prima di ritorno è la prima pesantissima rete in serie A del ragazzo del nativo di Domodossola. Qualche giornata dopo un tiro sporco contro il Genoa è la seconda gioia, ma nulla sarà come quella che proverà nell’ultima giornata di campionato. 

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Primo maggio 1994, data tristemente nota per la morte di Ayrton Senna a Imola. Col Milan che si è cucito lo scudetto addosso già da due giornate, il clou è la lotta per non retrocedere con Piacenza e Reggiana a pari punti. L’impegno del Parma nella finale di Coppa delle Coppe anticipa al venerdì la sfida dei ducali contro l’undici tutto italiano di Gigi Cagni che riesce a strappare un pareggio. La Reggiana, quindi, va nella San Siro rossonera sapendo che con un pari andrebbe a disputare lo spareggio contro i biancorossi. In caso di vittoria sarebbe salvezza, ma, anche se la squadra di Capello ormai ha la testa alla finale di Champions in cui strapazzerà il Barcellona, sono in pochi a pensare a una debacle davanti al proprio pubblico. A venti minuti dal termine è proprio Scienza a strappare in avanti e ad allargare a Massimiliano Esposito che con un destro formidabile entra nella storia del club. Il Milan non riesce a rimontare e tutta Reggio Emilia, gran parte della quale è sugli spalti del “Meazza”, va in delirio.

Parecchi chilometri più a sud, quello stesso giorno, l’umore di altri granata è molto diverso. Il Toro, dopo un’annata tormentata da problemi societari clamorosi, cede di schianto nel finale. La sconfitta 2-0 contro la Roma, in un pomeriggio dove non siamo mai stati in partita, chiude definitivamente le porte al sogno europeo e, soprattutto, chiude il primo, stupendo, ciclo del Toro di Emiliano Mondonico che saluta e torna all’Atalanta. É la fine di un’epoca: il neopresidente Calleri venderà la stragrande maggioranza della rosa e la rivoluzione ci porterà a perdere tutti i reduci della finale di Amsterdam di due anni prima. Nel pantagruelico tourbillon delle manovre di mercato granata tra un Rizzitelli e un Angloma, tra un Pessotto e un Abedi Pelè c’è anche Giuseppe Scienza che torna sì “a casa”, ma non trova più la casa dove aveva mosso i primi passi tra i grandi, perché non ci si allena più al Fila.

Il nuovo Toro affidato a Rosario Rampanti inizia in salita complici grosse difficoltà realizzative. L’esordio interno contro l’Inter è coraggioso e sfortunato con uno 0-2 che fa male soprattutto ripensando al gol sbagliato da Rizzitelli poco prima del raddoppio di Bergkamp. Contro la Lazio va molto peggio con un 3-0 senza appello e la partita finita già nel primo tempo. La sfida interna contro il Padova arriva solo alla terza giornata, ma è già fondamentale: non vincere vorrebbe dire, senza troppi giri di parole e citando “La 25a ora”, che “sono cazzi”. 

Rampanti è conscio che il Toro si stia giocando già molto del suo futuro, anche perché in vista ci sono due trasferte consecutive, e il Padova neopromosso è il classico appuntamento che non si deve fallire. Scienza è tra i più attivi nel caricare l’ambiente: “Sulla crisi del gol prima di definirla una malattia, una specie di sindrome, aspettiamo ancora quattro o cinque giornate. Con il Padova comincia il campionato del Toro (…) Con un successo toglieremo i tifosi dalla depressione; ma si rendano conto che non abbiamo la bacchetta magica”. Parole da leader o da qualcuno che forse ha avuto un’illuminazione di ciò che farà quel pomeriggio.

Si comincia con un caso: Rizzitelli va in tribuna per scelta tecnica e Rampanti schiera Pelè e Silenzi di punta. L’ex romanista non viene portato in panchina per “non avvilirlo” e la scelta è indubbiamente coraggiosa. Il primo tempo purtroppo non ci dà ragione e sono addirittura i patavini a sfiorare il vantaggio con un’opportunità per Maniero che scheggia la traversa della porta difesa dal Pastine. La nostra produzione offensiva si ferma a un’acrobazia un po’ gratuita di Pelè da buona posizione che termina molto alta.

Nel secondo tempo si attacca sotto la Maratona e poco dopo l’ora di gioco finalmente si può liberare l’urlo per una rete tanto attesa. Un’improvvisa percussione di Pessotto porta l’ex veronese ai venti metri dopo aver evitato un paio di avversari. Palla appoggiata verso il centro che Silenzi fa sfilare per l’accorrente Scienza che trova l’incrocio dei pali con un bolide di destro dalla lunetta: Bonauti resta immobile, la rete è bellissima, il numero quattro gioisce verso la curva.

Al 73’ il Toro raddoppia: l’esterno destro di Angloma dal vertice dell’area è delizia per l’anima e Scienza si trasforma in centravanti controllando col destro e girando verso la porta prima che la sfera tocchi terra. Il rasoterra è precisissimo ed è ancora tempo di correre verso la Maratona (ahimè, non sotto pena l’ammonizione) e inginocchiarsi felici. La domenica del centrocampista diventa ancora più memorabile quando Silenzi gli cede la fascia da capitano prima di lasciare il posto a Luiso. Le dichiarazioni di prima partita sono romantiche: la gioia di avere segnato sotto la “sua” curva, la consapevolezza di essersi creato un bel ricordo per quando i tempi si faranno duri.

Purtroppo di lì a qualche mese i tempi si faranno duri sul serio. Il Toro passa da Rampanti a Sonetti con Serino esonerato pochi giorni dopo aver sconfitto il Padova e in seguito alla qualificazione in Coppa Italia contro il Monza, ma Beppe continua a rimanere un perno del centrocampo granata. A metà gennaio, dopo una sconfitta contro la “sua” Reggiana, Scienza è costretto a fermarsi per un infortunio muscolare e starà fuori tre mesi e mezzo. Il rientro però è brillantissimo: uno spezzone contro il Cagliari, ma di quelli buoni visto che i granata ribaltano il risultato con lui in campo, è un assist nel derby. Sull’errato rilancio di Carrera è proprio la testa di Giuseppe a mettere Rizzitelli a tu per tu con Peruzzi per l’1-0. La mancata conferma per l’anno successivo rimane misteriosa e mentre il Toro retrocederà il nostro sarà a Venezia fra i cadetti prima e in massima serie contro il Piacenza poi. Dopo due salvezze, una delle quali impreziosita da una sua punizione deviata nello spareggio contro il Cagliari, è di nuovo il tempo di tornare sotto la Mole.

Trova un Toro ferito dopo il drammatico spareggio promozione contro il Perugia, ma che sotto la guida di Mondonico deve e vuole tornare al piano di sopra. Scienza veste nuovamente il granata dopo un biennio ad alto livello, aveva dato il suo assenso prima di sapere come sarebbe finita contro gli umbri e non si è pentito perché al sangue non si comanda. Un gran gol da fuori area contro l’Alzano indirizza bene il primo turno in Coppa Italia, ma salta la prima gara di campionato per squalifica con la Cremonese. Il ko inaspettato dello “Zini” rende l’esordio interno contro il Ravenna qualcosa di simile a Toro-Padova in quanto a delicatezza. In settimana è stato sconfitto il Milan nell’andata del turno di Coppa Italia, ma toppare contro i romagnoli potrebbe complicare l’avvio di una squadra il cui vero obiettivo è rivedere la massima serie dopo un triennio vissuto in purgatorio. La gara viene dominata, ma non si sblocca fra legni colpiti e miracoli del portiere: ci vuole un inserimento offensivo di Scienza al 71’ per aprire le danze chiuse da una doppietta di Ferrante. Un pallonetto alla Cremonese a inizio ritorno sarà l’ultimo sigillo granata prima di festeggiare la promozione e salutare ancora una volta troppo presto, ma ci sarà ancora tempo di tornare per allenare le giovanili. Perché, alla fin fine, casa è sempre casa.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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