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Aldo Grasso: “Il modello del Toro è La7. Cairo? Spero che non si ripeta la fine di Rossi”

Esclusiva TN / Le parole del famoso critico televisivo grande tifoso del Torino sul momento dei granata

Andrea Calderoni

Critico televisivo, giornalista, professore universitario ma soprattutto tifoso del Torino da sempre: questa in sommi capi la presentazione di Aldo Grasso, classe 1948. Laureato in lettere, con una tesi in Storia del Cinema dedicata al regista russo Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, celebre soprattutto per La corazzata Potemkin, capolavoro cinematografico degli anni Trenta che, però, nell’immaginario comune è legato alla celeberrima scena di Fantozzi.

Buongiorno dottor Grasso, il 2020 del Torino e l’attuale stagione dei granata ricordano da vicino l’esclamazione del famoso ragioniere interpretato da Villaggio. Da tifoso come sta vivendo questo momento?

“Si vive con tristezza e soprattutto con incredulità. Nessuno poteva immaginare di trovare il Torino all’ultimo posto. Se penso a tutte le partite in cui ci trovavamo in vantaggio e a come abbiamo dissipato quei punti, non riesco a rendermi conto della situazione in cui ci troviamo. Non bastano analisi tecnico o tattiche per descrivere quello che sta accadendo. C’è qualcosa di inspiegabile, qualcosa che va oltre anche all’allenatore. Una cosa, però, bisogna dirla. Se scegli Giampaolo, devi poi mettergli gli uomini adatti a disposizione. Però, nello stesso tempo, se vai ad analizzare la rosa del Torino, trovi parecchi uomini di rilievo. Rispetto ad altre squadre ritengo che non siamo così scarsi. Abbiamo, ad esempio, il miglior centravanti del campionato. Faccio veramente fatica a capire, forse c’è qualcosa che appartiene alla storia del Torino che ancora una volta non ci risparmia fatiche e sofferenze”.

Difficile, dunque, trovare una spiegazione.

“Guardi bisognerebbe entrare nella testa dei giocatori. Sono professionisti, sono dei privilegiati sotto alcuni punti di vista. Alcuni non si rendono conto che è da pochi poter trasformare un gioco in una professione di quel livello. E poi francamente non sono preoccupato soltanto per la classifica attuale”.

Quali sono gli altri motivi di affanno?

“Avendo una fede radicata negli anni, sono preoccupato anche a livello societario. Non vorrei che si ripetesse quanto capitato con il presidente Rossi. Era un presidente serio e investì grandissimi capitali. Incredibilmente ci fu una rivolta dei tifosi, che devono sempre trovare un capro espiatorio, e Rossi lasciò. Non vorrei che la storia si ripetesse. Spero che i tifosi non facciano stufare Cairo, perché poi si rischia, come accaduto dopo Rossi, di finire nelle mani di personaggi di cui non si sa bene che cosa vogliano. Noi tifosi commettiamo sempre due errori fondamentali. Pensiamo innanzitutto che il calcio sia rimasto alle figurine Panini e invece il calcio è una delicata questione economica. Alcuni anni puoi comprare giocatori che rendono, altri anni invece puoi sbagliare acquisti: questo fa parte dell’economia del calcio. Dunque, troppo spesso non si valuta la complessità della gestione di una società calcistica. Il secondo errore di noi tifosi è di trovare sempre e comunque un capro espiatorio: una volta un giocatore, l’altra volta un allenatore e quasi sempre il presidente. Finché non vediamo la crocefissione di colui il quale, a nostro giudizio, ha tutte le colpe non siamo soddisfatti. Ma la vita è più complessa di così”.

Dunque, secondo lei, il clima attuale rende più complicata l’attività agonistica dei giocatori?

“Indubbiamente questo clima di disamore e di critica continua non sta aiutando. I giocatori non sono certamente aiutati. Reputo che siano i calciatori attualmente in rosa a doversi fare per primi un esame di coscienza. Non è possibile che un giocatore con un contratto, sebbene voglia andare altrove, non giochi più con la stessa concentrazione e la stessa determinazione. Però, anche i calciatori sono uomini e vivono di emozioni. Dunque, se sentono soltanto fischi e percepiscono un ambiente ostile, è più facile che il disastro accada”.

Però, è indubbio che se il Torino si trova ultimo in classifica ci siano degli errori che partono anche dal vertice della società. Cosa imputa alla gestione Cairo?

“Le colpe societarie vivono nelle scommesse che una società stagione dopo stagione fa. Quando è stato comprato Verdi ero convinto che fosse il giocatore giusto per far fare il salto di qualità al Torino. I soldi sono stati spesi per Verdi, non è stato regalato. Se poi il giocatore non rende e non ripete la stagione di Bologna, non è imputabile a Cairo. Oppure un altro esempio. Cairo si è fidato di Petrachi quando c’era da prendere Zaza. Un presidente si fida di alcune persone, poi è chiaro che se le cose vanno male il primo responsabile diventa proprio il presidente. Cairo mi sembra vicino alla squadra, la segue sempre. Non so quali colpe così enormi gli sono imputabili. Il Torino è una squadra che può aspirare a dei campionati tranquilli e ad essere nella parte sinistra della classifica. Non possiamo permetterci molto di più. Quando siamo andati a fare le coppe recentemente, abbiamo visto il rendimento deficitario in campionato. Dobbiamo, prima di tutto, renderci conto di cosa siamo. Non abbiamo gli investimenti di Juventus, Milan, Inter ed altre squadre. Dobbiamo commisurare i nostri sogni a quello che è il Torino attualmente. Poi, se ci compra la Red Bull o uno sceicco faremo altri sogni. Per adesso bisogna fare sogni realistici, pensare di svolgere discreti campionati e toglierci qualche soddisfazione”.

Se dovesse paragonare il Torino a una rete televisiva, a quale lo accosterebbe?

“Al canale televisivo proprio di Cairo, La 7. È una rete televisiva che deve combattere contro dei colossi: Rai, Mediaset e piattaforme internazionali. La 7 ha trovato una sua strada, quella dell’informazione, e sta svolgendo un compito che altre reti non svolgono più. Sta svolgendo un compito di servizio pubblico, è una rete sempre accesa sull’attualità. Il modello del Torino dev’essere quello. Però, deve ritrovare la strada maestra che con Ventura era stata imboccata e percorsa. Prendi dei giovani e li valorizzi, ne vendi uno all’anno che ti ripaga di tutto il resto. È questo il nostro orizzonte, non possiamo permetterci altro. Concludo ribadendo che ho il timore che accada quello che è successo con la presidenza Rossi. E ricordo a tutti che sono trascorsi molti anni per riprenderci, perché dopo Rossi arrivarono soltanto mascalzoni”.