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Roberto Mussi: “Al Toro servono certezze: Giampaolo non alterni sempre i difensori”

Esclusiva TN / L'ex laterale difensivo del Torino ci illustra i temi della partita contro il Parma (altra sua ex squadra) e non solo

Andrea Calderoni

Roberto Mussi, classe 1963, ha scritto pagine importanti della storia del Torino e del Parma. Proprio per questo Parma-Torino del prossimo 3 gennaio alle 15 presso lo stadio “Ennio Tardini” sarà un match speciale per lui. Dal 1989 al 1995 ha indossato la maglia granata regalandosi grandi soddisfazioni, su tutte il campionato di Serie B vinto nel suo primo anno e la Coppa Italia conquistata nel 1992/1993, senza naturalmente dimenticare la cavalcata in Coppa Uefa nel 1992.

Buongiorno Roberto, era pronosticabile un Torino nei bassifondi della classifica a fine anno solare?

“Nessuno si poteva attendere un Toro così in basso in classifica. Nessuno tra gli esperti di calcio, nessuno tra i tifosi. Adesso non è semplice risalire, ma bisognerà trovare qualsiasi espediente per fare un’annata quanto meno dignitosa”.

Primo ostacolo del 2021 il Parma di Fabio Liverani.

“Vedendo la classifica e considerata la situazione di entrambe le squadre, sarà una gara nella quali nessuna delle due compagini potrà perdere. Per forza di cose, una sconfitta diventerebbe insostenibile. Si affronteranno due formazioni molto attente a non incassare gol. Prevedo una gara chiusa e tattica. Mi aspetto sinceramente una brutta partita”.

Quali sono, secondo lei, le cause della disastrosa prima parte di stagione del Torino?

“Sono troppi anni che l’ambiente del Torino non è più in sintonia con la presidenza e con la squadra. Questo non favorisce le prestazioni sul campo. Giocatori, tecnici e dirigenti vengono messi in difficoltà da tale situazione. Un’altra causa è dettata dalle scelte effettuate durante l’estate. È stato preso un allenatore come Giampaolo, ma la rosa non è costruita per Giampaolo e ogni partita tanti giocatori sono costretti a giocare fuori ruolo. Inoltre, ci sono cause più profonde che, però, dall’esterno è complicato giudicare. Si sente dire che alcuni giocatori non siano più così motivati e non abbiano più la mentalità giusta. Avevano richiesto di andare via e invece sono stati trattenuti. Diciamo, dunque, che le cause della crisi sono plurime”.

 REGGIO NELL'EMILIA, ITALY - OCTOBER 23: Andrea Belotti of Torino FC shankes hands with Torino FC President Urbano Cairo during the Serie A match between US Sassuolo and Torino FC at Mapei Stadium - Città del Tricolore on October 23, 2020 in Reggio nell'Emilia, Italy. (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

Come si spiega da appassionato granata e da ex giocatore del Torino il rapporto conflittuale tra il presidente Cairo e l’ambiente granata? E aggiungo: è giustificato?

“È giustificato per un semplice motivo: il tifoso granata ama talmente tanto il Toro che non riesce a contemplare una simile situazione di classifica. La storia del Toro parla da sola: è la storia di una delle società più gloriose del pianeta, è una storia che appassiona chiunque. Il tifoso non può giustificare, perciò, campionati di metà classifica o come nelle ultime due stagioni nei bassifondi della Serie A. Credo, inoltre, che il rapporto tra Cairo e l’ambiente si sia incrinato col tempo perché sono stati venduti stagione dopo stagione i giovani più interessanti e i giocatori più importanti. L’eccezione è Belotti, ma tanti altri giocatori sono stati ceduti per fare cassa senza permettere al Torino di fare realmente il salto di qualità. Mettendosi dalla parte di Cairo, c’è da dire che lui da presidente deve fare i conti con i bilanci. Dunque, ha ritenuto che per tenere una società sana si dovessero vendere alcuni tra i suoi pezzi pregiati”.

Un aspetto tattico. Da ex difensore un parere sulle scelte compiute e giustificate da Giampaolo riguardanti la retroguardia. Il tecnico ha dichiarato che alterna gli interpreti in base anche all’avversario che si trova di fronte. È d’accordo?

“Francamente mi lascia perplesso questa modalità di gestione dei difensori, perché bisogna dare delle certezze ai giocatori. Soltanto così un difensore risponde con autostima e con fiducia. La storia del calcio, d’altronde, insegna che le squadre più forti hanno sempre avuto una difesa stabile negli interpreti. Tre o quattro giocatori ma quasi sempre quelli, tanto che ancora oggi a distanza di anni ce li ricordiamo. Un esempio su tutti il Milan di Arrigo Sacchi con Tassotti, Maldini, Baresi e Costacurta. Bisogna, dunque, concentrarsi specificatamente su alcuni giocatori. Poi, è chiaro che il calcio contemporaneo impone più partite nell’arco di pochi giorni e quindi alcune alternanze anche in difesa sono lecite, ma alla base ci devono essere dei titolari. E poi aggiungo una cosa sul modulo. Non si può cambiare ogni volta, perché vengono meno le certezze. Giampaolo si è trovato in una situazione complicata e ha alternato 4-3-1-2 e 3-5-2, ma ora rimanga sull’ultima strada imboccata e vada avanti. Si pensi anche al mercato in quell’ottica”.