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Beccaria: “Salvadori come don Aldo Rabino, le due figure storiche del Filadelfia”

Beccaria: “Salvadori come don Aldo Rabino, le due figure storiche del Filadelfia”

Domenico Beccaria ricorda Cesare Salvadori, figura storica del Filadelfia

Gianluca Sartori

La notizia, giunta nella serata di ieri, ha rattristito tutto l’ambiente granata: è morto dopo una lunga malattia Cesare Salvadori, colui che da presidente della Fondazione Filadelfia guidò la rinascita dello stadio che oggi ospita gli allenamenti del Torino. Lo abbiamo ricordato con Domenico Beccaria, uno dei due attuali componenti del CdA della Fondazione (l’altro è Ferrauto, rappresentante del Torino FC) che ha lavorato con Salvadori tra il 2013 e il 2017 per far rinascere il Fila.

Beccaria, come va ricordato Cesare Salvadori?

“Va ricordato come il miglior presidente della storia della Fondazione Filadelfia. Questo non lo dice Beccaria, ma lo dicono i fatti. Quando è arrivato lui, il Filadelfia era un campo di sterpaglie. Quando si è dimesso, il primo lotto era stato inaugurato”.

Quali sono stati i meriti di Cesare?

“Ha avuto grandi meriti, perché ha saputo toccare i tasti giusti al momento giusto per raggiungere il risultato prefissato. Lo hanno guidato anzitutto le sue capacità, perché si trattava di una persona molto preparata professionalmente. Ad accendere il sacro fuoco in lui era però il fatto di essere un tifoso del Torino”.

 Domenico Beccaria e Leo Junior al Museo del Toro (foto Chirico)

Salvadori si dimise nel 2017, dopo la firma del contratto d’affitto del Torino. Perché?

“Perché riteneva di aver svolto il suo compito e non avvertiva più che ci fossero le condizioni per andare avanti nel suo lavoro. Dopo le sue dimissioni, la Fondazione è rimasta per un anno abbondante senza presidente: una vergogna vera e propria che è la dimostrazione che la giunta Appendino, del Filadelfia, se ne è sempre sbattuta i cosiddetti”.

Le chiediamo infine: quale è il suo ricordo personale di Salvadori?

“Lo ricorderò sempre come una persona misurata e a modo. Con lui ho avuto un rapporto aperto e sincero: sapeva che quando voglio dire una cosa io la dico, poi però sono pronto a lavorare come prima per la Fondazione. Lo paragono a Don Aldo Rabino per il suo modo di essere: due signori veri e propri che per me trovano un posto al sole nel pantheon della storia del Filadelfia e del Torino”.