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GRANATA DALL'EUROPA

Ammorbidenti, papere e gol

Ammorbidenti, papere e gol - immagine 1
Torna "Granata dall'Europa", la rubrica a cura di Michele Cercone
Michele Cercone Columnist 

Le partite in Coppa Italia e in campionato lasciano negli occhi di chi ama i portieri e le belle parate due lampi di classe cristallina. Il primo è quello di Carnesecchi  contro la Viola. La testata di Nico Gonzalez era di quelle che non perdonano, arcuata e beffarda, ma il portiere della Dea ha mostrato doti tecniche e esplosività non comuni, accarezzando appena la palla destinata al sette e portandola fuori dallo specchio. Sullo stesso giocatore viola Szczensy (gobbo lo so, ma bravo) ha fatto ieri sera un intervento splendido, togliendo dall’incrocio dei pali un tiro praticamente già in rete. Queste parate hanno in comune il perfetto posizionamento dei piedi e il tempo al millisecondo dello stacco. Alla loro base c’è un grande lavoro di preparazione tecnica ed atletica ma soprattutto un talento innato, che ha permesso di compiere vere e proprie imprese calcistiche.

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Paragonato a queste paratissime, il fiacco stacco di Milinkovic sul tiro di Cambiaghi e le sue manone piegate dal pallone assumono ancor più i contorni di una vana imitazione di una parata. Al termine della partita con la Viola, Gasperini - chiamato a commentare l’impresa del suo giovane portiere - ha scherzato sul fatto che gli serve ammorbidente sui piedi. Per Vanja invece i piedi sono il fiore all’occhiello, ma proprio questo lascia interdetti. La regola aurea nel calcio è che il portiere deve saper parare, e non ci sono deroghe, neanche per un ultimo uomo capace di fare lanci di 70 metri. Sul risultato incide alla fine la prestazione tra i pali, e il gioco al piede deve essere tutt’al più un valore aggiunto. Prova ne sia che Gasperini, nonostante la battuta, si tiene ben stretto Carnesecchi come titolare, cosi come fa Nunziata in under 21. Tra le squadre di serie A il Toro è forse l’unica che ha fatto la scelta di un estremo difensore privo di talento cristallino tra i pali in nome di una maggiore capacità di costruzione dal basso. Come tante delle decisioni prese dalla società negli ultimi anni. la scelta non si è rivelata ad oggi vincente. Le altalenanti prestazioni di Milinkovic negli ultimi anni hanno messo a nudo limiti strutturali che neanche il cambio di preparatore ha permesso di ovviare. La croce non va certo messa addosso a Vanja, che fa tutto il possibile, ma a chi ha deciso di prendere questo rischio senza alcuna rete di sicurezza. Un portiere può sbagliare e mostrare limiti, ed è a questo che serve un secondo affidabile capace di scendere efficacemente in campo in qualsiasi momento. Dietro a Milinkovic si è invece deciso di insistere su due giovani senza esperienza, lasciando così scoperto un ruolo cruciale della rosa. Se il rapporto con Berisha era irrecuperabile, bastava reclutare un estremo difensore di lungo corso in serie A, come hanno fatto praticamente tutte le altre squadre. La mancanza di lungimiranza della società sulla scelta del portiere si è ripetuta impietosamente e seguendo lo stesso schema fallimentare anche nelle scelte in attacco. Puntare tutto su un centravanti che in media non ha mai segnato più di dieci gol a stagione è stato un grosso azzardo, e scegliere come primo sostituto un giovane martoriato dagli infortuni e ad altissimo rischio di ricadute ne è stato il corollario incomprensibile. Per fortuna di noi tifosi il pasticcio della cessione di Buongiorno ha lasciato in dote uno Zapata arrivato in saldo, e capace invece di dimostrare cosa vuol dire essere una vera punta. Difficile capire come si sia deciso di costruire una squadra su un portiere altalentante e su attaccanti che segnano con il contagocce, e tuttavia lo stesso film è andato in onda due anni di fila senza che nessuno tra allenatore e vertici societari ne mettesse in dubbio la sceneggiatura.

Questo campionato volge al termine senza grandi aspettative per il Toro, ma per la prossima stagione serve una riflessione profonda su come garantire maggiore sicurezza ed affidabilità nei ruoli chiave, perché alla fine l’algoritmo del calcio è piu semplice di quanto si pensi: per vincere occorre che il portiere pari, i difensori difendano, gli attaccanti segnino. Il contrario, insomma, di quanto visto ad Empoli.

Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore.

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