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LASCIARCI LE PENNE

Il fútbol bailado granata, la Tragedia del Sarriá, Leo Junior e Chico Buarque

Il fútbol bailado granata, la Tragedia del Sarriá, Leo Junior e Chico Buarque - immagine 1
Torna "Lasciarci le penne", la rubrica di Marco P. L. Bernardi: "Il 5 luglio scorso sono passati quarant'anni dall'Italia-Brasile dei Mondiali 1982"

Marco P.L. Bernardi

Pedro Pedreiro

di Chico Buarque de Hollanda, 1966

album Chico Buarque de Hollanda -  Rio Gráfica Editora

A metà degli anni Sessanta nacque in Brasile un nuovo genere musicale, la Música popular brasileira (MPB), fusione della colta ed elegante Bossa Nova, che sapeva di jazz, con la tradizionale musica folcloristica.

Uno dei massimi rappresentanti del genere, nonché del cantautorato di ogni tempo e nazione, è Chico Buarque de Hollanda, e Pedro Pedreiro è un eccellente esempio dello stile dell'autore. Esiste anche una versione italiana del brano, tradotta e cantata da Enzo Jannacci, che aveva un feeling speciale con lo spirito brasiliano e ne ha restituito con intima originalità l'atmosfera.

La storia è semplice: parla di un muratore che sta aspettando il treno e in quell'attesa vive tutte le attese della sua vita. Della nostra vita. L'attesa dell'aumento del salario, della festa, di un'agognata vincita alla lotteria. Ma anche del figlio in arrivo che è, ancora prima di nascere, destinato ad aspettare a sua volta. E poi dell'occasione di ritornare al luogo natio - ma forse non ci tornerà mai -, e della morte.

Tutto questo aspettare lo travolge in un crescendo musicale incalzante, che imita il ritmo della locomotiva. Alla fine del brano resta la speranza afflitta, benedetta, infinita del fischio del treno a spazzar via le altre attese, quelle più grandi, tanto buone e tanto cattive, esperando um trem que ja vem, que ja vem, que ja vem, ripetuto fino a sfumare, come l'incedere delle ruote metalliche sui binari.

Il medesimo passo musicale, travolgente e morbido come un samba, lo si può cogliere nelle giocate dei calciatori brasiliani, nei tocchi di palla degli esponenti di quel fútbol bailado che, per gli amanti di un football romantico e antico, è semplicemente il Calcio.

Il 5 luglio scorso sono passati quarant'anni dall'Italia-Brasile dei Mondiali 1982, dal giorno in cui la più grande squadra di tutti i tempi si fece inopinatamente beffare dagli Azzurri di Bearzot, toccati dalla grazia e dalla benevolenza del dio del pallone che scelse di renderli baluardo inviolabile perfino per quei fenomeni, in un match ancora oggi ricordato dai vinti come la tragedia del Sarriá.

Vennero sconfitti, i Brasiliani, ma giocavano così bene che chi li vide non poté più dimenticarli; fecero di noi, ragazzini di allora, devoti di quel gioco inimitabile, di quel ritmo magico e avvolgente che continuiamo a cercare in ogni calciatore brasiliano cui capiti di vestire la nostra maglia.

Lo si sentiva eccome, quel ritmo, nelle invenzioni di Leo Junior, che calpestò l'erba di quello stadio stregato e poi venne a Torino a miracol mostrare; c'era samba nella traiettoria della punizione con la quale nel novembre del 1984 schiantò il Milan, e bossa nova nelle parabole che sapeva immaginare ogni volta che batteva un calcio d'angolo.

Perché gli altri, quelli del resto del mondo, giocano al pallone, alcuni anche maledettamente bene, ma i Brasiliani fanno musica.

La sentivi, la musica, nelle movenze scattanti e indolenti al tempo stesso di Müller e perfino nelle giocate muscolari e grintose di Casagrande, uno che assomigliava a Che Guevara e che aveva animato, sotto la guida ribelle del sommo dottor Socrates, l'esperimento di autogestione della Democrazia Corinthiana: uno che ti saresti aspettato tuonasse Rage Against the Machine da ogni poro, e invece echeggiava Caetano Veloso.

Ci vorrebbe sempre un po' di Brasile nel Toro.

Bremer, che era perfettamente inserito nella tradizione, ci sta per salutare e rischia di lasciarci orfani dell'estro verdeoro.

Sembrava che dovesse passare il testimone a Luis Henrique, del quale ignoravo l'esistenza fino a qualche giorno fa e che ho conosciuto vedendo online qualche spezzone di azione.

Non so come se la potrebbe cavare nel calcio italiano, ma, in quelle poche giocate, il ritmo di Chico Buarque io l'ho sentito eccome. E' uno che parte in velocità e poi salta l'uomo, incalzante come um trem que ja vem, que ja vem, que ja vem.

In queste ore si sta accordando per abbandonare Marsiglia e ritornare a giocare in patria, ma a me piacerebbe che arrivasse da noi questo misterioso ragazzo, per portaci qualche nota di Música Popular Brasileira e magari un po' di sole, visto che è nato anche lui a João Pessoa, come il grande Junior, una città con quaranta chilometri di spiagge.

Qui a Torino abbiamo un fiume grigio senza nemmeno un granello di sabbia, quando ci sentiamo poetici chiamiamo spiaggia i Murazzi e trascorriamo inverni freddi e nebbiosi ad aspettare che ritorni aprile: chissà se toccherà a Luis Henrique provare a renderli un po' più luminosi.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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