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Carlo Ancelotti nella morsa del fisco

Carlo Ancelotti nella morsa del fisco - immagine 1
Torna l'appuntamento con 'Loquor', la rubrica di Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“Non essere nato, non essere,

essere niente”.

Eschilo

 

In “Melancholia” di Lars Von Trier una donna, Justine, per consolare la sorella disperata perché da lì a poco la Terra sarà distrutta dall’impatto con un pianeta in perenne movimento, “Melancholia” appunto, usa parole sostanziate di un pessimismo consapevole della realtà: “la Terra è cattiva, non dobbiamo addolorarci per lei, nessuno sentirà la sua mancanza”. Ho pensato alla sequenza di questo film del 2011 di fronte alla notizia dell’accusa a Carlo Ancelotti, da parte della magistratura spagnola, di aver evaso una considerevole somma di denaro negli anni fiscali che vanno dal 2014 e il 2015. Colpisce la rete di trust e società riconducibili all’allenatore emiliano, messe in atto per eludere il fisco e provare a rendere legale ciò che per i comuni mortali sarebbe impossibile rendere legale.

Ho pensato al film di Lars Von Trier perché istintivamente mi è venuta la nausea per quanta sconcezza l’uomo sia capace di mettere in scena, e di quanto uso disinvolto di artifizi fa utilizzo per manipolare la realtà a proprio uso e consumo. Non si sta parlando di reati, non compete a me stabilire se ci sono o fino a che punto ci sono, ma di un contesto etico deflagrato in tutta evidenza nella nostra contemporaneità. Ai nostri sportivi vincenti perdoniamo tutto, anche la balla di risiedere a Montecarlo perché lì ci sono supermercati in cui si può fare tranquillamente la spesa. Ci piacciono, ci fanno sentire bene, ci danno l’illusione di essere vincenti insieme a loro, e quindi non facciamo nessuna fatica ad affibbiargli patenti di brave persone o di esempi da seguire. Correndo in soccorso del vincitore, e dando così ragione al genio di Ennio Flaiano, ci spertichiamo in commenti agiografici non richiesti, come i migliori servi sciocchi di un re al quale non sappiamo rivelare di essere nudo. Riusciamo a spingerci così oltre, nel nostro impegno all’adorazione, da giustificare con un “tanto lo faremmo tutti al posto loro” questo gioco fiscale da scatole cinesi portato avanti dagli sportivi da noi amati ed ammirati. Ed è proprio questa chiamata generale di correo a disturbare(almeno al sottoscritto), questo considerare tutti noi, con un giudizio senza appello, immersi nella stessa immondizia etico/morale, perché è di questo che si tratta. Gli sportivi hanno avuto molto dalla buona sorte o da Dio, fate voi, vivono in una bolla da mille e una notte avuta in dono per un talento in gran parte non meritato ma ricevuto in dono da un discernimento che rimarrà sempre un mistero inaccessibile alla ragione. Guadagnano cifre iperboliche con una facilità e un divertimento quasi scandalosi, e in virtù di questo più di ogni altro dovrebbero stare attenti di restituire al fisco, quindi contribuendo al contesto generale in cui vive anche chi è stato molto meno fortunato di loro, quanto dovuto in percentuale di quanto ricevuto da questa “Cornucopia” dal gettito inesauribile. E invece l’elenco degli sportivi beccati a frodare il fisco in ogni modo possibile e immaginabile è lungo da scomparire davanti a qualsiasi orizzonte profondo, suscitando in molti di noi perfino ammirazione per quello da alcuni considerata a abile e lucida scaltrezza. Amo lo sport, amo i racconti che lo circondano, amo la passione dei tifosi, ma mi girano assai le scatole quando vedo una parte di questi ultimi passare sopra ad una schifezza come la plusvalenza fittizia, che è raggiro delle regole e del fisco, solo in cagione di un “presidente che in fondo mi fa vincere”.

Vien da dare ragione a Justine e al suo constatare come la Terra sia cattiva, quasi al punto di non ritorno della non redimibilità. Calpestiamo anche il minimo senso di giustizia con la tipica noncuranza degli avidi, convinti come aggirare il dovuto, se si è abbastanza forniti di abili consulenti, non solo si possa fare ma sia anche doveroso. Con un click questo esercito di mercenari senza nessun tipo di coscienza fanno scomparire ricavi in paradisi fiscali che sono uno sberleffo per ogni impalcatura costituzionale, che sono la prova di come gli sportivi di successo, e non solo loro, abbiano deciso di far diventare la loro fortuna donategli da madre natura in fortuna ricavata anche da un sistema da refurtiva. Bisogna essere abbastanza chiari su questo, chiari e senza troppi giri di parole ad ammorbidire i concetti: chi decide di utilizzare ogni mezzo possibile per eludere il fisco può essere definito in un solo modo, ovvero trattasi di un ladro. Per la legge è un ladro e, se credente, per la religione cristiana è in stato di peccato mortale. Non c’è possibilità di edulcorare in nessun modo, nemmeno con le più ardite giravolte semantiche,il senso delle cose di cui si sta parlando. Luis Figo, Dani Alves, Javier Mascherano, Angel Di Maria, Cristiano Ronaldo, Neymar, Lionel Messi sono solo alcuni dei casi di giocatori condannati a mesi di carcere, con pena sospesa, e a multe milionarie al fisco. Il particolare davvero misero e come sovente questi reati fiscali siano legati ai diritti d’immagine, il lucro generato dall’affetto con cui i tifosi seguono i loro beniamini viene occultato per soddisfare un’avidità senza limiti. Mi chiedo cosa smuoverebbe nell’animo di questi privilegiati un dato ricavato dal professor Michele Boldrin, celebre economista, che di recente ha trovato il tempo di fare dei calcoli per capire quanto guadagni un chirurgo della nostra sanità pubblica: 7,45 euro per ora lavorativa al netto delle tasse. Riflettere su questo dato e compararlo con chi lucra in ogni modo sulla fama raggiunta con lo sport, per poi andare ad occultare il bottino agli occhi del fisco, non è populismo, non è retorica per avere indignazione, e non è neanche invidia sociale per chi guadagna ricchi emolumenti(personalmente sono contento per loro), è ricordare a noi stessi quanto sia importante porsi il problema di avere un limite, anche al credito e all’amore provato verso sportivi con il merito di regalarci attimi di felicità. Rende perplessi come la casta di fortunati resi ricchi dallo show business, al quale anche il calcio appartiene, faccia quadrato per difendersi a vicenda quando vengono scoperti a raggirare la fiducia data a loro dalla gente.

Ha impressionato molto in negativo, scorrendo i commenti sui social, la recente intervista di Fabio Fazio a Chiara Ferragni, trasformata in occasione di tentativo da parte dell’influencer, non andato molto bene, di provare a ripulirsi l’immagine deterioratesi notevolmente per la nota vicenda dei pandori legati ad una opaca operazione di beneficenza. Sì, siamo diventati un mondo cattivo, talmente cattivo da aver lobotomizzato la coscienza, talmente cattivo da star dando ragione a Charles Darwin e al suo meccanismo inerziale della forza e della migliore capacità di adattamento di alcuni su altri destinati a soccombere. Secoli di dibattito filosofico, religioso, esistenziale per poi arrendersi senza condizioni davanti a chi ha la capacità economica di astenersi dal dovere della coscienza, dell’etica e della morale. Dovrebbe dare molto fastidio ascoltare gli sportivi essere molto attenti a fare dichiarazioni politicamente corrette su tutto ciò che il pensiero mainstream richiede, e poi tranquillamente prendere la residenza a Montecarlo con il solo scopo di non pagare ai propri Paese d’origine quanto dovuto al fisco. Dovrebbe dare fastidio, ma evidentemente non è così ad essere avvertita la questione, anzi gran parte dell’opinione pubblica da come facente parte di un percorso scontato di uno sportivo di successo la residenza monegasca. E fanno un po’ ridere tutti quei calcoli, francamente patetici e miserabili, se gli sportivi risiedano i giorni sufficienti nel Principato per giustificarne la residenza: siamo in una evidente guerra, alla Totò e Peppino, tra guardie e ladri.

Quando il diritto diventa semplicemente un covo di espedienti per cercare una scusa per farla franca rispetto ai propri doveri in modo da poter gridare impunemente di aver forse guadagnato un po’ troppo ma di averlo fatto comunque in maniera legale, allora si può star certi come il diritto sia diventato la forma ideale con cui i privilegi si difendono e non un’ansia di avere una “livella” pronta a rimettere nel giusto equilibrio le cose del mondo. Eraclito concentrò i suoi importanti studi filosofici sull’universo, la morale e gli dei, temi importanti per non perdere la verità, prezioso punto di vista importante per il nostro cammino. Forse non arriverà mai, ma sarà un bel giorno quando uno sportivo di successo, recuperando se stesso, avrà il coraggio di ammettere: “ho fatto di tutto per pagare meno tasse, ho cercato di lucrare, anche quando non sarebbe stato opportuno, il più possibile dal mio talento, ho tradito il mio essere persona di sport e ne ho travisato ogni suo significato. E cosa più importante: mi vergogno di aver fatto tutto questo”. Quel giorno il mondo sarà meno cattivo. Auguriamocelo.

 

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