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“Emiliano, portaci in Europa” – Parte 2

Culto / Secondo appuntamento in due giorni con Francesco Bugnone. Nella puntata odierna la prosecuzione dell'avvincente racconto dedicato all'Euro Toro di Emiliano Mondonico

Francesco Bugnone

SECONDA PARTE: "Emiliano, portaci in Europa" - Parte 1 (LEGGI QUI)

Dopo il girone d’andata, nonostante troppi gol presi nel finale, nonostante alcune critiche eccessive, soprattutto lette col senno di poi, della stampa, nonostante qualche fischio sbagliato e qualche palo di troppo, il Toro è in piena lotta per l’Europa. Ha un portiere come Marchegiani che dà sicurezza e, all’occorrenza, sfodera miracoli, facendo dimenticare che qualcuno voleva Preud’Homme al suo posto. Ha marcatori cattivi il giusto come Bruno, che in poche settimane passa dal timoroso giro di campo al Fila il giorno del raduno all’essere un idolo, e Annoni, seppur non ancora Tarzan. Ha un Cravero sempre più libero moderno, che si sgancia in avanti perché sa che tanto c’è il perfetto Fusi che gli copre le spalle. Ha un Benedetti più maturo he mai, ha giovani già pronti come Sordo e Dino Baggio. Ha un Policano letteralmente devastante. Ha un mister utilità come Mussi che sa fare di tutto e di più. Ha un regista come Romano che sta giocando una stagione straordinaria, che faccia l’otto o che faccia il dieci. Si è ritrovato una coppia offensiva a tutto Fila come il rapace Bresciani e un Lentini che quasi nessuno è in grado di tenere e di limitare, quando parte in progressione. Il problema sono gli stranieri: Vazquez ha fatto vedere cose fantastiche, ma la schiena inizia a presentargli il conto, Muller si è giocato ridicolmente tutti i bonus, Skoro è passato da bomber d’estate a zero gol coi primi freddi. In panchina Mondonico sa cosa fare, ha grandi intuizioni, cambia spesso schema e tattica. In società Borsano pronto addirittura a rilanciare per l’anno successivo i nomi che si sentono fanno girare abbastanza la testa. Sembriamo tutto, tranne che una neopromossa.

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Il girone di ritorno, però, comincia male a Roma: doppia capocciata di Pin e vittoria addirittura stretta per la Lazio. Paradossalmente uno dei pochi Tori brutti della stagione segna, a tempo quasi scaduto, uno dei suoi gol più belli con una rovesciata favolosa di Lentini. Ci si riprende subito contro il Bari, in una sorta di mini-spareggio Uefa, visto che i pugliesi sono alla pari in classifica. Il Toro tutto italiano fa sfogare i galletti e li colpisce al 40’: punizione di Policano da sinistra, testa di Lentini, diagonale di Bresciani e Annoni corregge in rete in scivolata. Nella ripresa, dopo tante partite con meno gol di quanto meritassimo, finalmente dilaghiamo. Al 60’ Sordo cerca orizzontalmente Policano che arriva come un treno e conclude dal limite con un sinistro da cineteca il suo scatto bruciante.  2’ dopo Carrera si vede sventolare in faccia il rosso per un fallo sul solito, incontenibile, Lentini e per il Toro ci sono praterie subito sfruttate con un contropiede da manuale che parte da Carillo, prosegue col lancio volante di Gigi per Romano il quale del 3-0, è “solo” autore morale, visto che offre a Bresciani un pallone solo da spingere dentro. Gol numero otto per il Buitre, numero dieci ancora una volta onorato da Ciccio. Bresciani si conquista anche un rigore. La Maratona invoca Bruno, ma il centravanti non si commuove: va lui sul dischetto, si fa ribattere il tiro da Biato, ma ribadisce dentro sulla respinta. Sono quattro e, per il nove, sono nove. Il Bari patirà la sconfitta e inizierà la parabola discendente. Il Toro continua la lotta per l’Europa.

Quarti di Coppa Italia, gara di andata. Al “Delle Alpi”, in una notte gelida, che Bruno affronta con le maniche corte, arriva la Samp e ancora una volta il Toro gioca alla pari, se non meglio, dei futuri scudettati. Lentini la sblocca al 1’ approfittando di un retropassaggio troppo corto di Vierchowod a Pagliuca. In contropiede il Toro è devastante, soprattutto nella ripresa, trascinato da Lentini, ma sbaglia troppo (come la palla non entri dopo una respinta di Pagliuca su Gigi, con Pari e Lanna che salvano senza capire cos’abbiano fatto è un mistero), si vede negare un rigore enorme per trattenuta di Vierchowod su Bresciani e, quando il portiere doriano salva spettacolarmente su un tiro da fuori di Annoni nel finale, c’è la sensazione che si pagherà non averla chiusa all’andata. Sensazione, purtroppo, esatta.

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A San Siro il Toro subisce la sconfitta più immeritata della stagione. Privo del suo bomber Bresciani e dello squalificato Fusi, si va subito sotto per colpa di Klinsmann che evita Bruno con un’eleganza insospettabile e trova la rete complice una deviazione di Pasquale. I granata non ci stanno. Lo scatenato Policano inizia una sfida personale con Zenga: due punizioni su cui l’Uomo Ragno compie altrettanti miracoli, un tiro ravvicinato respinto di piede dal portiere, un mancino dal limite, su invito di Skoro, che supera sì il numero uno nerazzurro, ma picchia clamorosamente sul palo. In mezzo c’è Bruno che va giù in area su contatto di Matthaus, una sorta di mondo alla rovescia come un rigore in un derby di  nove anni dopo per fallo di Zidane su Tricarico, ma Pezzella non crede al capovolgimento dei ruoli e sventola un cartellino giallo per simulazione, nonostante il nostro eroe abbia in mano lo scarpino rotto dall’intervento del tedesco. A metà ripresa accade l’incredibile: centro da destra di Policano, torre di Skoro, Romano tira quasi a colpo sicuro, Zenga devia contro la traversa, la palla rimbalza a terra, torna indietro e colpisce il palo. Due legni con un tiro solo, offerta speciale. E cosa puoi fare davanti una sfiga così? Ti prendi i complimenti, fai pippa, pensi alla prossima e l’unico sorrisino lo tiri fuori per Lentini finalmente convocato in nazionale che esordirà a Terni contro il Belgio.

Arriva il Bologna di Radice, che vedrà molti ragazzi lanciati di lui diventati grandi, ma, purtroppo, sentirà anche dei cori vergognosi ai suoi danni, cori che non meritava, cori che chiunque abbia urlato quel giorno si sarà sicuramente pentito in fretta di aver fatto. Il ritorno di Bresciani sembra mettere la gara subito in discesa. Dopo 3’, servito da una punizione da destra di Skoro, Giorgito fa fuori la difesa con un tocco geniale e sblocca con un diagonale rasoterra. La gara, però, si complica, i felsinei non sembrano quelli in piena zona retrocessione, ma quelli più spavaldi di coppa Uefa e allo scadere della frazione Notaristefano pareggia approfittando di un passaggio sbagliato di Carillo. La sofferenza dura fino a 20’ dalla fine, poi il Toro va di goleada e la chiude in 7’. 65’: punizione di Policano respinta dal palo, Lentini appoggia nella porta sguarnita. 69’: Lentini vola a destra e centra per Bresciani che insacca al volo di sinistro. 72’: contropiede di Romano che fa filtrare per Policano, il quale brucia due difensori del Bologna e fa poker. Bresciani è capocannoniere, seppur in coabitazione, si parla addirittura di “gemelli del gol” vista l’intesa con Gigi, mentre Muller ha lasciato il Toro per sempre a metà settimana, ma nessuno se n’è accorto, a nessuno frega niente, perché il Toro vola. Come spesso succede, una beffa atroce lo porterà sulla terra.

Ivano Bonetti è stato un buon giocatore, ma un gol come ha fatto a Marchegiani nel ritorno di Coppa Italia forse non l’ha segnato mai: sinistro da fuori all’incrocio, un gol della domenica capitato di martedì che pareggia i conti con l’andata. Il Toro è sempre un osso duro per la Samp e nella ripresa va più volte vicino al pareggio, la più clamorosa con Carillo che colpisce il palo. Si va ai supplementari, poi ai rigori. Gli errori superano i gol, ma Bresciani va dal dischetto per il penalty che può significare il passaggio del turno e se lo fa parare. Dopo il gol di Mancini si va a oltranza: Lentini tira in curva, Lombardo spiazza Marchegiani. Siamo eliminati e brucia da morire, potevamo andare avanti, potevamo alzare la coppa con due anni di anticipo.

Al Toro l’Olimpico non piace, visto che dopo il ko contro la Lazio perde anche con la Roma (Aldair di testa punisce uno dei pochi errori stagionali di Marchegiani, Voller raddoppia con un cucchiaio su rigore) e, non contento, perde Cravero per un brutto infortunio al ginocchio. Poco male, c’è un doppio turno casalingo contro Cagliari e Cesena, sulla carta facile. Così facile che dopo 5’ Francescoli, al volo, porta splendidamente in vantaggio i sardi dopo una punizione di Matteoli. Che bello sarebbe avere il Principe in squadra, un giorno. A limitare i danni ci pensa Policano che, dopo l’ennesimo palo colpito da distanza siderale, pareggia su punizione a inizio ripresa col suo mancino magico, Marchegiani evita conseguenze peggiori con un miracolo su Herrera, Bresciani continua a stare poco simpatico agli arbitri vedendosi negare un rigore dopo un intervento di Cornacchia. Col Cesena le cose sembrano mettersi davvero male: il gol di Piraccini alla mezzora, Fontana che para tutto, la traversa di Romano, Bresciani che calcia sul palo un rigore, c’è tutto per la partita maledetta. Poi al 75’ Amarildo si fa espellere e il Toro, dopo aver buttato nel cesso nel finale tanti punti, decide di prendersene due a pochi istanti dal triplice fischio degno della nostra maglia e, non a caso, grazie a due ragazzi del Fila. All’85’, su pallone buttato dentro da Policano, la sfera schizza a Lentini che pareggia in mischia. All’88’ la difesa cesenate sbanda su una scucchiaiata di Romano e Dino Baggio segna il suo primo gol in A. Pesantissimo. Come pesantissimo è il pari di Lecce, dove si va letteralmente contati fra infortuni e squalifiche, esordisce Cois, il botta e risposta è fra un tiro di Lentini deviato da Paolo Benedetti e un colpo di testa di Moriero sul filo dell’offside, poi ci pensa Marchegiani. Tutto questo alla vigilia di una delle partite più spettacolari e decisive dell’anno, quella col Genoa di Bagnoli che sta facendo un campionato incredibile ed è quarto in classifica con tre punti in più del Toro ottavo.

Quella che, in un mondo ideale, quindi non il nostro, sarebbe dovuta essere la finale Uefa 1991/92, si gioca sotto una pioggia battente che sembra far venire ancora più voglia di giocare a calcio ai granata. La prima mezzora è da manuale del calcio. Al 7’ Lentini centra da destra, Bresciani sul secondo palo rimette al centro e Skoro torna quello dell’estate buttandola dentro. Al 17’ le lunghe leve di Dino Baggio arpionano un pallone vagante che Policano verticalizza subito per Bresciani, il quale raddoppia infilando il pallone fra palo e portiere: un gol da Buitre, anzi, un gol da Bresciani. Al 27’ Skoro conquista palla a centrocampo, la palla schizza su Bresciani che scatta in contropiede e riscopre l’altruismo permettendo allo slavo di appoggiare a porta sguarnita  per la doppietta e per il 3-0. Il rigore di Aguilera al 39’ dice che il Genoa c’è ancora e c’è talmente che al 52’ sembra riaprire davvero la gara, quando il pallone bagnato gioca un brutto scherzo a Marchegiani sul tiro di Eranio ed è ancora Pato a insaccare, stavolta in scivolata, nonostante due difensori addosso. Il Toro però non fa nemmeno in tempo ad aver paura che al 60’ fa poker. Bresciani ci prende gusto a essere assist-man e lancia Dino Baggio che si inserisce alla perfezione e insacca nonostante il tocco di Piotti. La festa di gol si chiude al 79’ con Policano che, servito da Sordo, lascia partire l’ennesimo gran sinistro stagionale che finisce nel sacco sul tocco di Caricola. Il Toro sale al sesto posto scavalcando la Lazio e agganciando il Parma, il Genoa perde, ma non è ridimensionato: il sogno dell’Europa a braccetto continua, anche perché pochi giorni prima, da Marsiglia, è arrivato un aiuto in più. Galliani che ritira i rossoneri negli ultimi minuti della sfida di Coppa dei Campioni coi francesi apre alla squalifica dalle coppe del Milan per un anno. In parole povere, un posto in più per qualificarsi. Basterà arrivare sesti, a prescindere da chi vincerà la Coppa Italia.

Proprio il Milan regala una Pasqua amara al Toro, in una gara decisa da un tiro di Van Basten deviato da Cravero. Col Napoli non va molto meglio. Careca risponde nel giro da un minuto al rigore di Policano e c’è poco da segnalare se non una traversa di Skoro con una maligna parabola da fuori. A 15’ dalla fine si rivede Martin Vazquez: tornerà utile nel finale. Siamo settimi, a un punto da Genoa e Parma e a tre dalla Juventus di Maifredi, in pieno psicodramma dopo la sconfitta a Firenze con Baggio che rifiuta di battere il rigore e raccoglie una sciarpa viola mentre lascia in campo. La sensazione è che la strada per l’Europa passi proprio dal vincere il derby in arrivo.

La Juventus parte piano, forse pesano le scorie del mercoledì di coppa a Barcellona, dove ha sognato per un tempo prima di prenderne tre nel secondo. O forse il Toro ha troppa voglia. Un geniale tocco di Cravero mette Skoro davanti a Tacconi che viene superato e solo il recupero di Marocchi evita l’1-0. Bisogna aspettare solo il 28’: Bresciani lancia a sinistra Skoro che ha due avversari addosso, ma anche tutto il tempo per vedere l’inserimento in area di Policano che, in mezzo a un vero e proprio museo delle cere, bissa la prodezza dell’andata con un tocco di sinistro poi si inginocchia verso la Maratona in delirio. La ripresa inizia con un gusto amaro: Di Canio, subentrato a Schillaci, pareggia con un gran tiro da fuori. Il Toro, però, ha troppa voglia di derby: Sguizzato (toh!) nega un possibile rigore per un contatto Napoli-Bresciani, il piede di Tacconi toglie a Cravero il gusto per l’assist a porta vuota a Bresciani. La Juve è solo una punizione di Baggio su cui Marchegiani para in due tempi con gran riflesso: Roberto, ci hai fregato una volta all’andata, due no. Al 71’ Lentini centra un palo su punizione con Tacconi immobile, poi al 73’ per una volta, per una cazzo di volta, la dea bendata guarda dalla nostra parte: sugli sviluppi di un angolo Martin Vazquez crossa teso e Fortunato si sente già granata come sarà da lì a due stagioni, segnando anche in due derby, buttando la palla in rete in spaccata. E’ fatta: sette anni dopo il gol di Serena all’89’ abbiamo vinto un derby, un derby che è uno scontro diretto, un derby che è fondamentale. L’istantanea è l’ex Bruno, in ginocchio ghignante a fine partita. Ma è ancora dura: il Toro è settimo a un punto da Juve, Parma e Genoa. Anche col Pisa sarà fondamentale, forse, paradossalmente, ancora di più della stracittadina.

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Coi toscani un’iniziativa di Borsano fa entrare gratis i ragazzini e io sono tra questi, pronto per la mia terza partita allo stadio dopo Bologna e Cagliari. Prima del match un Toro di giovanissimi, più o meno della mia età, gioca contro una squadra non meglio definita e ogni volta che la mettono in rete la Maratona, già piena, esulta con un boato. Nella mia innocenza, penso a cosa possa provare un dodicenne quando segna sotto la Maratona, io sverrei, Madonna se solo non avessi i piedi quadrati. (Poi magari quelli che stanno giocando sono tifosi di Inter, Milan o non dico chi e se ne strafottono, ma allora ho ancora l’idea che se metti la maglia del Toro diventi automaticamente tifoso del Toro, beata ignoranza). La partita vera è, come atteso, brutta, sporca e cattiva. Martin Vazquez, però, è sontuoso come a inizio stagione e un giovane Simeone non riesce a stargli dietro. Al 59’ lo spagnolo si lancia con eleganza sulla destra e crossa, il Cholo respinge e Cravero, dal limite, è perfetto nel calciare e superare Simoni. Quando il gioco si fa duro, la risolve il capitano e gli uomini del Mondo si ritrovano, prima della sosta, quarti alla pari di Juventus, Genoa e Parma a quota 34 a quattro giornate dal termine, dove faremo quattro punti e un gol: basteranno?

A Parma è scontro diretto, ma non ci si fa male: zero a zero. La Juve ne prende tre in casa dal Milan, il Genoa pareggia in casa col Cagliari: Toro, Genoa e Parma sono a 35, i gobbi restano a 34. In questo momento, sono fuori dall’Europa.

Con la Samp è pari annunciato, ma arriva in un bel modo: sotto per un gol di Invernizzi dopo un errore di Sordo, la reazione granata è furente, capita di tutto, tra miracoli di Pagliuca e gol fantasma. Un rigore di Bresciani ci salva. Il Genoa ne fa 3 all’Inter, la Juventus rimedia un pari a Napoli, il Parma perde a Lecce. Genoa quarto a 37, Toro quinto a 36, Juventus e Parma seste a 35.

A Firenze finisce a reti inviolate in una gara di cui rimane poco da ricordare nel giorno in cui la Samp si laurea campione d’Italia. Il Genoa pareggia a Bergamo ed è quarto a 38, Parma e Juventus, regolando Cesena e Pisa, agganciano il Toro a 37. L’ultima giornata dice Genoa-Juventus, Milan-Parma e Toro-Atalanta. Una vittoria ed è fatta.

In una puntata di “Dalla parte del Toro”, Mondo disse che prima di quella gara chiese ai ragazzi di stare tranquilli, di non farsi prendere dal nervosismo inutile. 54 secondi e Policano ranza Bonacina rischiando l’espulsione. Il Toro è teso, l’Atalanta di Giorgi è sciolta e ci deve pensare Marchegiani a salvare il risultato. I gol che valgono l’Europa però arrivano. Arrivano da Genova. A Marassi una punizione capolavoro di Branco al 19’ e un inserimento di Skuhravy su tocco di Bortolazzi con la difesa bianconera a spasso al 47’ certificano il crollo della Juventus di Maifredi.

E allora va bene anche se non arrivano i due punti, se un colpo di testa di Dino Baggio non va dentro non si sa come, se il tiro di Vazquez picchia contro la base del palo, se Bresciani deve ancora lottare con una spalla che gli fa malissimo. La partita rallenta, i tifosi lasciano la curva e si siedono intorno al campo. Ceccarini fischia la fine: il Toro pareggia, il Parma pareggia, la Juve perde. Juventino, guardati Twin Peaks. (Anche lì: quand’è che la Juventus sta fuori dalle coppe? Quando a metà settimana trasmettono una serie capolavoro, non, con tutto il rispetto, “Caro Maestro” o simili). Emiliano, lo hai fatto. Ci hai portato in Europa.

Si dice che Bearzot “preferisse” la nazionale del 1978 a quella del 1982, nonostante questa fosse più solida, quadrata e, soprattutto, capace di vincere il Mondiale. Quella del ’78 però era più “bella”, forse ingenua nella sua leggerezza. Il Toro del 1991/92 sarà ancora più forte, impenetrabile, duro, consapevole e a pochi millimetri da una gioia unica. Però quello 90/91, nel mio cuore, avrà sempre qualcosina in più, una sorta di innocenza, di gioventù che non ho più trovato. Avrebbe potuto fare ancora di più se fosse stato più sgamato in alcune circostanze. Per esempio inserirsi nella corsa scudetto o vincere la coppa Italia, ma andare in Uefa da neopromossa davanti ai cugini, giocando spesso meglio degli avversari, è un risultato comunque enorme, che non si dimentica. E ci sarebbe ancora da raccontare della Mitropa. Ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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