“La verità è scandalosa”
Loquor
I politici cascati dal pero del Qatargate
Michel Houllebecq
Il mio approccio alla letteratura deve molto al genio di Hector German Oesterheld, considerato unanimemente uno dei fuoriclasse del fumetto mondiale di ogni tempo. Lo immagino, Hector, mentre rintronato da un pesante sedativo viene spinto verso il portellone aperto di un aereo della “Fuerza Aerea Argentina” perché deve fare il “salto” verso il Rio de la Plata, un mostro di acqua tumultuosa di 290 km dove, ironia della sorte, Montevideo e Buenos Aires arrivano quasi a guardarsi prima di perdersi nell’orizzonte dell’Oceano Atlantico.
Nel “volo” verso la morte chissà se Hector avrà avuto il tempo di pensare alla finale del 25 giugno 1978 all’Estadio Monumental di Buenos Aires, dove l’Argentina di Mario Kempes e Daniel Passarella piega l’Olanda e diventa campione del mondo davanti a quasi tutto l’establishment militare guidato dal generale Jorge Videla. Ma forse l’autore di quell’autentico capolavoro mondiale del fumetto e della narrazione onirica che è “L’Eternauta” ha perso la dimensione del tempo durante la lunga prigionia, forse non gli hanno nemmeno detto che “L’Albiceleste” ha vinto il mondiale, e probabilmente non sa nemmeno che, dopo Beatriz Marta e Diana Irene, anche Marina (incinta di otto mesi) ed Estrela Ines sono sate fatte “saltare” da quello stesso aereo da dove lui ha preso il “volo”. Quattro figlie “regalate” al martirio da una giunta militare talmente feroce da sorridere e festeggiare per una Coppa del Mondo alzata da Daniel Passarella mentre in vari scantinati di Buenos Aires si procede senza sosta alle torture e alle uccisioni.
La giunta militare di Videla spende 500 milioni di dollari(una cifra spaventosa per il 1978 e per un Paese avviatosi ad avere oltre il 400% di inflazione annua) per mettere in piedi una rassegna iridata con lo scopo di far accettare al mondo il nuovo corso politico argentino, non ottenendo però l’adesione del “Capitano” della “Seleccion”. “El Lobo” Jorge Carrascosa non se la sente di giocare in una messinscena voluta per rappresentare davanti al mondo una felicità assente da tempo nei luoghi del “Tango”. Non può scendere in campo mentre le “Madri di Plaza de Mayo” sfilano ininterrottamente per avere almeno un segno di verità sul triste destino dei loro figli (720 di loro saranno uccise). Carrascosa capisce come almeno lui, nel suo piccolo o grande che lo si voglia considerare, quel segno lo debba fare e lascia la nazionale e la gloria mondiale (nonché soldi a profusione da esso derivati). Non dice una parola sulla questione e non la dirà mai più. “Il calcio non c’entra nulla con la politica” tuona l’allora padre padrone della FIFA Joao Havelange, come se ciò che sta accadendo nei vari “Garage Olimpo” argentini possano davvero considerarsi “politica” e Jorge Carrascosa, un anno dopo, smette per sempre con il calcio e abbandona un contratto valido ancora per tre anni.
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Ha poco senso un “tackle” vincente in una situazione dove i militari quattro anni più tardi, in un inutile tentativo per la sua sopravvivenza, non si faranno scrupolo di usare il mai sopito revanscismo argentino sulle Falkland/Malvinas mandando a morire giovani militari di leva (saranno 900 i morti) in un’assurda guerra contro l’Inghilterra. “Il calcio non c’entra niente con la politica” è la continua filastrocca anche di Gianni Infantino, incapace di smentire la penosa continuità con i metodi di gestione della FIFA di Havelange e Blatter e continuandone i metodi da delirio di onnipotenza, cercando di convincersi, e di convincerci, di una non meglio capacità taumaturgica del calcio di favorire diritti e di fermare contese. C’è una evoluzione dello “schifo” rispetto ai mondiali del 1978 e alle Olimpiadi di Berlino del 1936, la tecnica si è raffinata e si corrompe l’occidente “persuadendolo” a forza di “buoni argomenti” (soldi) di un Qatar avviato verso un percorso di riforme e di nuove libertà.
È una boutade talmente grossa da destare sospetti nella magistratura belga, lesta a scoperchiare un giro di tangenti di parlamentari e funzionari europei desiderosi, in cambio della giusta mercede, di “vendere” buoni giudizi in favore di un emirato molto generoso con amici vecchi e, soprattutto, nuovi. È la grande commedia all’italiana ad andare in scena, quella dei Mario Monicelli e dei Pietro Germi dove la risata è sovente il prodromo di una riflessione amara sulla pochezza umana. I ricchi (sfondati) satrapi arabi stanno comprando l’anima dell’Europa con una facilità imbarazzante, avendola giustamente sgamata e inquadrata come un lembo ripiegato esclusivamente sui diritti civili, trasformatesi dalle nostre parti in propaggine di egoismi da soddisfare ad ogni costo. Anche a costo della credibilità dei diritti stessi.
Torme di opinioni vengono spalmate nell’agone della comunicazione, vogliosi come siamo di apparire progrediti per soddisfare il chiacchiericcio di fondo dei nostri salotti. Siamo tutto quello che l’onda del politicamente corretto ci chiede di essere, e presto diventiamo un paradosso della Storia: in ginocchio per chiedere giustizia per George Floyd, in “ginocchio”, in cambio di mazzette, a creare buona reputazione al Qatar. “Ho fatto tutto per soldi di cui non avevo bisogno”, ha confessato ai magistrati Francesco Giorgi, compagno dell’eurodeputata greca Eva Kaili con lui arrestata per tangenti, e la tentazione di ricordargli il dolore di una donna del Bangladesh davanti alla bara del marito, l’operaio edile Bahadur Gharti, appena scaricata da un aereo cargo proveniente dal Qatar dura lo spazio di una caduta di braccia. 3000 euro è il risarcimento concesso alla vedova, e se i “30 denari” di Giuda finiscono per terra nel “Campo di Sangue”, il miserabile compenso per la vita lasciata da Bahadur nel cantiere di uno stadio vengono immediatamente sequestrati alla sua famiglia per ripagare i debiti contratti con i procacciatori di lavoro in Qatar, i nuovi “caporali” dello sfruttamento del mondo 2.0.
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“Possibile nessuno si sia accorto che qualcosa non andava? Possibile nessuno si sia insospettito?”, si è chiesto l’ex deputato del PD Erasmo Palazzotto sulle pagine del “Fatto Quotidiano”, comprendendo solo con i fatti di questi giorni “le posizioni anomale di alcuni colleghi sulla questione del Sahara occidentale, essendo anche il Marocco coinvolto come Paese in questa vicenda. Dobbiamo partire da qui se vogliamo affrontare fino in fondo i nodi politici che stanno alla base di questa storia”. Probabilmente Palazzotto non ha mai praticato il mantra “il calcio non c’entra niente con la politica” di Havelange, Blatter e Infantino, e di sicuro dormiva ogni qual volta alcuni volenterosi giornalisti ricordavano, inascoltati, il famoso pranzo tenuto da Nicolas Sarkozy all’Eliseo pochi giorni prima dell’assegnazione dei mondiali a Russia e Qatar. Ma la politica contemporanea è così, si sveglia solo quando deve velocemente mettere una toppa su un buco troppo indecente da poter essere lasciato aperto o perché qualche riunione di lobbisty mondialisti gli dice esattamente cosa fare, brandendo la frusta dei mercati finanziari e pronti a ricordargli come di fondo contino davvero poco. Non si illudano di essere il potere, essi ne sono semplicemente la parodia o al massimo il sottoscala. Tralasciamo la classe giornalistica nostrana, immediatamente polarizzatesi sulle esigenze della destra e della sinistra, che non riesce proprio a chiedersi e a trovare una risposta credibile sul perché i qatarini stiano corrompendo mezzo mondo occidentale.
“Fanno sportwashing per non avere problemi nel fare affari in occidente con la vendita del gas liquido e con i loro affari finanziari” abbiamo dovuto ascoltare dal direttore di un quotidiano nato da poco e già in disarmo a causa di asfittiche copie vendute, e non si capisce se debba venire giù una risata o un gesto di fastidio. Con la stessa facilità usata dai saltimbanchi per passare da una gag all’altra, il giovane direttore ribalta completamente dei fatti granitici, ovvero che il Qatar non ha bisogno di nessuna opera di persuasione per vendere il suo gas(visto come noi occidentali si sia in ginocchio da lei, nella speranza ce ne venda la quantità necessaria), e meno che mai ha bisogno di convincere qualcuno ad accettare i suoi soldi per affari finanziari. Chi scrive ha visto con i suoi occhi lunghe file di potenti Amministratori Delegati di potenti aziende, conglomerati e multinazionali formarsi davanti ad emissari dell’Emiro nella speranza di ricevere fondi da uno dei più ricchi fondi sovrani del mondo. Inoltre, la “Qatar Investment” è da tempo uno dei pilastri della “City” di Londra. Quindi, a cosa realmente serve al Qatar lo “sportwashing”? Vorrei essere giunto alla stessa serenità e lucidità mostrata da Jorge Carrascosa in una intervista concessa, dopo lunghi anni di silenzio, qualche tempo fa: “L’uomo deve continuare a cercare, a farsi delle domande. Chi lavora ha l’obbligo morale di contribuire al miglioramento del suo lavoro e del mondo: coi fatti. Alla mia età sono verso la fine della partita. Mi sembra di averla giocata bene”. Ripartire da queste parole non sarebbe male. Alzo il bicchiere e brindo a Hector German Oesterheld e a tutti quelli che, dubitando, “si accorgono”.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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