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Rievocare perle tra amici

ROME - FEBRUARY 9:  Luca Mezzano of Torino and Enrico Chiesa of Lazio in action during the Serie A match between Lazio and Torino, played at the Olympic Stadium, Rome, Italy on February, 2003.  (Photo by Grazia Neri/Getty Images)

Culto / Torna l’appuntamento con la rubrica di Francesco Bugnone: "E’ bello parlare di Toro coi tuoi fratelli di fede, perché si finisce per rievocare ricordi comuni, episodi di stadio..."

Francesco Bugnone

Che bello quando vinciamo, soprattutto quando vinciamo come domenica e dopo la partita senti i tuoi amici e inizi a parlare di Toro gioiosamente, rilassatamente e non amareggiati e incavolati come siamo stati costretti a fare praticamente per tutte le giornate precedenti. E’ bello parlare di Toro coi tuoi fratelli di fede in quel modo, perché si finisce per rievocare ricordi comuni, episodi di stadio, curiosità spesso stupide, alcune vere perle, spesso fini a loro stesse. Stasera lo facciamo anche qui, con ancora un po’ di sorriso per il 3-0 di Parma e un principio di sana tensione per domani col Verona, visto che è molto importante. Stasera parliamo di quelle piccole cose che, quando ricordate, danno un pizzico di sapore al tifo.

LO STESSO ASSURDO TIRO VENT’ANNI DOPO

“Uno scherzo di Carnevale, piuttosto, tocca al Torino, tale da frastornare, crediamo, persino gli esperti di cinetica” Con queste parole Carlo Nesti descrive cosa succede nel secondo tempo di Toro-Catania 2-0, giocata a metà gennaio del 1984. Siamo in vantaggio 1-0 grazie a una rete di Selvaggi nella prima frazione e Schachner riceve un delicato appoggio da Dossena. L’austriaco è defilato, ma calcia comunque in diagonale. Sorrentino padre interviene in uscita, ma la sfera sembra indirizzata verso la rete, qualcuno dietro la porta inizia già ad alzarsi. Quello che succede poco dopo ha dell’assurdo. Il pallone picchia sulla linea di porta, poi invece di entrare torna verso il campo, come se fosse stato allontanata da un difensore, ma sulla linea non c’è nessuno. Poco male, Giacomo Ferri raddoppierà nel finale e il Toro inizia così il ritorno ritrovandosi secondo a un punto dalla Juve. Esattamente vent’anni dopo, sotto la stessa curva, questo strano fenomeno si ripete. E’ tutto un altro Toro, non lotta per le prime posizioni in A, ma addirittura annaspa per agganciare la posizione che porterà allo spareggio con la quarta’ultima della massima serie in quel mostro orrendo che è la serie B a ventiquattro squadre. Sta ospitando il Napoli, Dionigi ha segnato l’ennesimo gol dell’ex a fine primo tempo, Conticchio ha pareggiato complice un errore di Brivio al 68’ e, con l’inerzia che sembra girata in nostro favore, siamo rimasti in dieci per una grottesca espulsione di Pinga. Max Vieri, già in gol all’andata proprio come Dionigi, a 3’ dalla fine ha riportato avanti di partenopei. Il Toro si butta in attacco con le poche energie rimaste e al 95’ sembra raccogliere l’insperato pareggio: su lancio di Tiribocchi, Rubino si libera con un movimento vigoroso del diretto avversario e spara in diagonale. Brivio tocca, la palla picchia sulla linea, sta entrando, io in curva sto già esultando e, come i miei compagni di tifo due decenni prima, sono costretto ad abbassare le braccia e mi siedo di schianto sul seggiolino. La palla torna in campo, il difensore fantasma ha colpito ancora. Non c’è il due senza il tre, si dice. La prossima puntata sarà tra soli tre anni, prepariamoci.

IL VOLO DI MEZZANO

Il Toro 2002/2003 è, con quello 96/97 e quello 2003/2004, il più duro da ricordare per noi granata. Una retrocessione ingloriosa, deprimente, umiliante. Però qualcosa di decente da ricordare, qualche piccola fiammata c’è anche lì. I colpi di Marinelli, per esempio. O, ancora prima, il volo di Mezzano, uno dei gesti tecnici più belli del difensore fatto in casa nella sua permanenza in granata.

Succede a Bologna, prima di ritorno, quando l’inizio di girone può essere un’occasione per un nuovo inizio anche se la situazione è già compromessa, tanto vale illudersi. Al “Dall’Ara” il Toro è in vantaggio 2-1: un colpo di testa deviato di Vergassola, un rigore di Signori e uno dei gol più brutti della storia con una zampata di Franco Ramallo dopo tre/quattro rimpalli stanno popolando il tabellino. E’ a questo punto che arriva il salvataggio di Mezzano. Il Bologna batte una punizione dalla destra, Bucci, forse caricato, perde palla, Olive la rimette in mezzo e Locatelli colpisce di testa a porta vuota. Mezzano si materializza all’improvviso, capisce che è troppo tardi per contrastare l’avversario e si dirige subito verso la rete, poi, con una splendida rovesciata, allontana salvando un gol fatto. Chi conosce il calcio sa che una giocata simile può voler dire che si hanno gli dei dalla propria parte, che quel salvataggio può essere il simbolo della vittoria, una cosa da ricordare. Chi conosce il calcio, però, spesso crede solo di sapere e vuole prevedere l’imponderabile dando a gesti meravigliosi un significato che non c’è per provare a stare più tranquilli. Infatti il Bologna pareggerà con Della Rocca nel finale e tanti saluti. Che vita acre.

UN MINUTO PER SEMPRE

Ci sono minuti che cambiano tutto, che girano la storia di una partita, minuti dove un attimo sei sorridente e quello dopo ti deprimi e, quelli che si ricordano più volentieri, quando passi dallo sconforto al delirio in pochi secondi.  Il 7 maggio 2005, contro l’Arezzo, viviamo uno di quei minuti. Il secondo Toro di Ezio Rossi è un gran bel Toro e sta lottando per andare direttamente in massima serie senza passare per i playoff. Al 30’ i toscani usufruiscono di un calcio di rigore. Sconforto sul “Delle Alpi”, Spinesi dal dischetto. Sorrentino figlio è freddissimo, va giù all’ultimo e para. Boato in Maratona, il portiere rinvia, la voce dello speaker che urla “per il Torino ha parato il rigore Stefanoooo SORRENTINO”, l’estremo difensore alza le braccia per ringraziare e non ci siamo nemmeno resi conto di essere dall’altra parte. Balzaretti crossa, la difesa aretina non è perfetta e Marazzina, in spaccata, colpisce al volo e fa venire giù lo stadio. Passare dalla prima esultanza alla seconda in un attimo non è cosa da tutti i giorni ed è quello che renderà indimenticabile una partita, per il resto, bruttarella. La cosa si ripeterà un anno e mezzo dopo. Ad Ascoli Abbiati parerà, al 90’, un rigore a Bjelanovic e, sull’azione successiva, Rosina segnerà il raddoppio che chiuderà la gara. Meno intenso della prima volta, forse, ma ugualmente bello. Anche qui se non c’è il due senza il tre, speriamo ricapiti.

LA RABONA DI SANTANA

Primo settembre 2012, dopo tre anni di purgatorio lo stadio Olimpico ospita nuovamente, e finalmente, la serie A color granata. Anche se il secondo turno è un Toro-Pescara che sa ancora di serie cadetta sia per collocazione (sabato) che per il fatto che le due squadre sono neopromosse, siamo finalmente tornati. Non è tanto il 3-0, non è tanto l’esordio di Alessio Cerci nel finale, ma è quello che capita a risultato acquisito che ci fa capire che, finalmente, siamo in serie A e, soprattutto, siamo da serie A. Mario Alberto Santana fa un cross di rabona. Non mi ricordo nemmeno se sia andato a buon fine o meno, ma quel colpo, dopo mesi, anzi anni di pane duro, di giocatori che davano del voi al pallone, di colpi di tacco tentati a un metro dalla porta e miseramente falliti, ci ha fatto assaggiare nuovamente il dolce delle grandi giocate. Un modo per dire “ci siamo, eccoci qua” e dirlo in modo figo. Con una rabona.

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LA TRAVERSA DI MILINKOVIC SAVIC

Quella contro il Carpi, a fine 2017, sembrava una normale partita di Coppa Italia, troppo forti noi rispetto a loro, 2-0 già nel primo tempo, ripresa senza spremersi troppo e tanto freddo in corpo. Poi, in pieno recupero, succede qualcosa che trasforma una partita banale in qualcosa da ricordare e, perché no, da raccontare. Il Toro conquista un calcio di punizione centrale, da una ventina di metri. A un certo punto si sente un boato: Vanja Milinkovic Savic, portiere di coppa, corre verso il pallone. Sarà lui a battere il calcio di punizione, lui che in allenamento pare ne segni parecchie. Siamo tutti lì a guardare il nostro Chilavert che prende la rincorsa, tra il timore di una figuraccia e il desiderio di assistere a qualcosa di epico. “OOOOO” d’ordinanza prima della rincorsa e stangata terrificante di destro: traversa piena. Il boato del pubblico è un misto di stupore, ammirazione e disappunto. Però, da quel momento, noi tifosi rincoglioniamo. Sui social, nei messaggi, si scrive una sola cosa: la traversa di Milinkovic Savic. La prima cosa che faccio arrivato a casa, una volta riscaldate le dita, è vedere se c’è già il video su YouTube. E c’è, la bordata è impressionante come sembrava dal vivo. Sdeng. Dei gol di Falque e Belotti, quella sera, si ricordano in pochi. Di quel legno che trema ancora, invece, si ricordano tutti. E speriamo ancora di rivedere quel tiro, ma stavolta un paio di centimetri più in basso.

E speriamo di ritrovarci un’altra volta qui, belli rilassati, per ricordare altre chicche. Mica le ho sparate tutte stavolta. Tutti noi ne abbiamo una marea.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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