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Torino, Mandragora: “Juric carismatico, al Toro un ambiente caldo e familiare”

A Torino Channel le parole del centrocampista granata entrato subito nel cuore dei tifosi: dalla Scuola calcio del papà all'esordio in Serie A

Redazione Toro News

Torino, Mandragora: “Juric carismatico, al Toro un ambiente caldo e familiare”- immagine 2

Curiosità, modelli e una passione innata per il pallone: questo e molto altro nell'intervista a Rolando Mandragora a Torino Channel, un'occasione per conoscere più da vicino il centrocampista granata.

La passione per il calcio come nasce?

Sì, mio padre Giustino gestiva una scuola calcio. Il calcio è una passione innata. Sono cresciuto con questa passione, era dentro le mura di casa, era nei discorsi quotidiani, faceva parte della nostra famiglia. Sono cresciuto a pane e pallone. Anche mio zio Bruno ha allenato squadre di Serie C e Serie D. Guardavo le sue partite, mi ricordo interviste al suo fianco. Anche da bambino riuscivo ad apprendere dei segreti. Giocavo sempre a pallone, anche a scuola”.

Sei cresciuto a Scampia: è uno dei quartieri più difficili?

“Viene etichettato in modo particolare ma noi che ci siamo nati lo amiamo per quello che è. Come dappertutto c’è brava gente. Sarà sempre il quartiere che amo e lo continuerò a difendere dalle voci che circolano. Viverci è stato normalissimo, è quello che mi ha portato ad essere quello che sono, anche se a 14 anni mi sono trasferito e sono andato a Genova”.

A scuola eri diligente?

“La verità è che non mi piaceva studiare. Non amavo molto lo studio a casa. Fortunatamente riuscivo ad apprendere durante le ore di lezione e a scuola problemi non ne ho mai avuti”.

Hai voluto cercare squadre importanti. Hai fatto tanti provini. Hai ricevuto tanti no?

Sì, tanti no. Ho iniziato a girare l’Italia. Era un sogno, l’ultimo provino è stato il Genoa, uno degli ultimi prima dell’esame di terza media e alla fine è stato quello vincente perché è stata la squadra che ha creduto in me. Non ho voluto mollare, ho voluto proseguire sino all’ultima squadra anche se avevo ricevuto tante porte in faccia”.

La giovane età ti ha aiutato?

Ha aiutato sia la spensieratezza della giovane età sia il credere nel sogno, perché il sogno è ciò che ti tiene vivo. La risposta ha tardato un po’ ad arrivare ma le impressioni erano state positive. Oggi sono contento del percorso che ho fatto e del percorso che ho avuto. Al Genoa ho fatto l’esordio in A e ho solo ricordi piacevoli”.

Al Genoa eri magrolino, hai dovuto lavorare su questo?

“Ho lavorato tanto in palestra sulla parte alta, ma non è stato solo quello. C’è stata anche la crescita naturale. Però sì, ero gracilino e molto magro, per questo molte squadre mi hanno scartato”.

Dunque ti sei dovuto trasferire da Napoli a Genova a soli 14 anni. Non è stato facile ma lì hai trovato un secondo papà…

Sì, Marco Pellegri. Per me è stato un secondo papà. Quindi il trasferimento è stato più complicato per i miei genitori che per me. I genitori a quell’età fanno fatica a lasciarti andare. Mia madre ha provato a tenermi a Napoli, perché anche il Napoli era interessato. Ma io avevo voglia di qualcosa di diverso, pensavo che a Napoli sarei cresciuto in modo diverso. Alla fine è stata la scelta giusta. Anche io ho patito la mancanza dei miei nelle cose di tutti i giorni. Il primo anno fu difficile, per il convitto. Marco è stato un secondo papà con me come con tutti i ragazzi del convitto. Ci dava una mano, ci tirava su di morale. Lo ringrazio in pubblico, soprattutto ora che l’ho ritrovato qui e lo vivo nel quotidiano”.

Con Gasperini il tuo esordio in A, ce lo racconti?

“Fu in un Genoa-Juventus. Un mix di emozioni, dalla riunione prepartita al riscaldamento, ai crampi e alla sostituzione. Un insieme di emozioni bello che porterò sempre con me. Ero un po’ teso, ma i ragazzi come Rincon, Bertolacci, mi hanno dato una grande mano. Soprattutto Bertolacci mi ha fatto fare riscaldamento con lui, e così ho preso confidenza con il campo. Lo stadio era pieno, è stata una bella emozione”.

Gasperini è stato anche al Pescara, poi è stato il maestro del tuo attuale allenatore. Tante coincidenze…

“A Pescara è stato un anno bellissimo, tanti ricordi belli a parte l’infortunio verso la fine. Lì ho conosciuto mister Oddo. Lui allenava gli Allievi, l’ho conosciuto perché il giovedì c’era la partita contro di loro. Essere allenato da lui è stato un onore”.

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