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Toro-Modena 3-1: l’inconsapevole addio

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Nella puntata odierna di Culto Francesco Bugnone ci racconta l'ultima partita del Grande Torino al Filadelfia: una vittoria sofferta, in inferiorità numerica per dare un addio inconsapevole alla sua gente
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Il 17 aprile 1949 il Torino ospita il Modena al Filadelfia. Il pareggio di Trieste ha permesso all’Inter, vittoriosa sulla Roma, di ridurre a quattro punti il distacco dalla vetta mantenuta dai granata. A sette turni dal termine e coi due punti a vittoria il margine sarebbe ancora decisamente rassicurante se non fosse che, di lì a due partite, ci sarà lo scontro diretto a San Siro. La gara contro i “canarini” diventa delicata perché i modenesi, che hanno già battuto a domicilio la Juventus con “una gara tutto fuoco e decisione” come riporta La Stampa, lottano per la salvezza e ogni campo è buono per fare punti, anche quello della squadra più forte che ci sia. Nessuno sa che questa partita diventerà simbolica per un motivo che nessuno avrebbe potuto e voluto immaginare: sarà l’ultimo match che il Grande Torino disputerà al Fila.

La sacra liturgia della formazione del Toro  che tutti sanno a memoria oggi subisce una variazione perché Grezar viene tenuto a riposo e la quattro va sulle spalle di Danilo Martelli. L’inizio granata è da incubo: al 13’ da Bertoni a Cavazzuti che da posizione favorevole calcia così forte che Bacigalupo, uscitogli incontro, anche se tocca con la gamba non può impedire che il pallone finisca in fondo alla rete. Non è finita qui: durante l’azione Virgilio Maroso si procura uno stiramento inguinale. Per qualche minuto prova a piazzarsi sull’ala destra, nella posizione dello “zoppo”, più per occupare porzione di campo che altro, ma poi deve alzare bandiera bianca e lasciare il terreno di gioco. Sotto di un gol e sotto di un uomo, non essendo ancora previste sostituzioni, il Toro si ritrova a scalare una piccola montagna.


Mentre Lievesley riorganizza l’assetto granata, i gialli cercano di approfittare di tanta grazia e continuano ad attaccare colpendo un palo con lo scatenato Cavazzuti e sforando il raddoppio in contropiede. Il Toro lentamente si rimette in arnese e la gara diventa ardente con l’arbitro Cappucci di Roma che fatica a tenerla in pugno. Nelle situazioni di difficoltà bisogna avere qualcuno a cui aggrapparsi e il Toro ce l’ha eccome. Ha la dieci, la fascia da Capitano e si chiama Valentino. Al 35’ i padroni di casa usufruiscono di un calcio di punizione che Ossola tocca a Mazzola il cui rasoterra sorprende Corazza e riequilibra la situazione. Il Modena tiene duro e il finale di tempo recita 1-1 esattamente come a Bologna dove l’Inter è andata in vantaggio col ventesimo centro stagionale del “Fornaretto” Amadei prima di essere raggiunta da Franco Marchi più o meno nello stesso momento del pari granata.

Il Toro, nel secondo tempo, riparte a spron battuto, ma con la difesa quasi eroica dei disperati avversari è difficile sciorinare le solite trame e allora ci si affida a mischie su mischie. Passano i minuti e la preoccupazione sale, visto che l’Inter sta vincendo a Bologna grazie a una punizione di Campatelli deviata da Ballacci prima che Nyers arrotondi il risultato rendendo i nerazzurri in grado di espugnare Bologna anche senza “Veleno” Lorenzi. Il tempo che passa, però, inizia paradossalmente a giocare anche contro il Modena che, con la stanchezza montante, lascia progressivamente qualche spazio in più al Toro che inizia a costruire meglio. C’è aria di quarto d’ora granata.

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Il portiere Corazza compie due grandi interventi su Mazzola (cross di Menti e assist di Gabetto) e su un bolide di Castigliano. Poi, all’85’, è ora di raccogliere i frutti di una pressione costante: Ossola crossa, Castigliano devia e la sfera termina a Romeo Menti che, dopo uno scontro con Corazza, si ritrova zoppicante da qualche minuto. Se non in dieci il Toro ora è in nove e mezzo, ma quel mezzo basta visto che il numero sette realizza con un preciso rasoterra. Le scene di giubilo granata e quelle di disperazione dei modenesi, alcuni addirittura a terra in lacrime, indicano che la gara è definitivamente indirizzata anche se manca ancora una manciata di minuti.

Ce ne bastano due per chiudere i conti. Gabetto fugge sulla destra, lungo cross per Ossola e appoggio ad Aldo Ballarin che si è sganciato in avanti. Sì, perché nel Grande Torino che sta vincendo in inferiorità numerica a pochi minuti dal termine si buttano in attacco anche i difensori. Il numero due nativo di Chioggia realizza la sua prima rete stagionale e chiude i conti. Mazzola sfiora addirittura il quarto gol, ma sarebbe stato troppo. Il Toro mantiene i quattro punti di vantaggio sull’Inter in un turno che sembrava favorevole, ma si stava rivelando una trappola. Si può guardare con un certo ottimismo alle due trasferte consecutive di Bari e di Milano.

Non sapere il futuro a volte è un privilegio. I giocatori non sapevano che quello ascoltato all’ingresso in campo sarebbe stato l’ultimo boato che li avrebbe accolti al Filadelfia. Maroso, uscito per primo, non sapeva che avrebbe sceso quelle scalette per l’ultima volta in campionato. Aldo Ballarin non sapeva che il unico centro dell’anno sarebbe stato l’ultimo segnato dal Grande Torino sul terreno amico. Soprattutto i tifosi che abbandonavano il Fila col sorriso sulle labbra per un successo sofferto non sapevano che non avrebbero mai più visto i loro eroi correre su quel campo davanti ai loro occhi, vincendo partite e frantumando record. Si sarebbero recati a casa pensando che non vedevano l’ora che venisse l’otto maggio per andare a vedere Torino-Fiorentina. Sì, in certe circostanze non conoscere il domani è davvero la cosa migliore che possa accadere all’essere umano.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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