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Piccolo, Grande Torino

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Torna l'appuntamento con "Granata dall'Europa" la rubrica di Michele Cercone: "Se conoscere la nostra vittoriosa storia non è un obbligo per nessuno, disconoscerla è un errore imperdonabile..."

Michele Cercone

Ma siamo piccoli davvero? A furia di sentirlo ripetere mi sta venendo il dubbio. In effetti se si guarda ai risultati degli ultimi vent'anni non c'è molto da discutere. Migliori piazzamenti in classifica: due settimi posti e due partecipazioni all'Europa League, con gli ottavi di finale come massimo risultato. Nello stesso periodo abbiamo vissuto retrocessioni e lunghe stagioni in B, mentre abbiamo visto emergere e ottenere risultati migliori una lunga lista di squadre che include, tra le altre, Chievo, Parma, Udinese, Palermo, Napoli, Atalanta, Fiorentina, Lazio e Roma. Dato per scontato che non siamo mai stati in grado di competere, neanche da lontano, con l'altra squadra ospitata in città, con l'Inter e il Milan, la conclusione è abbastanza evidente: da venti anni siamo una realtà minore del campionato italiano, semi-sconosciuta in Europa. Per quanto male possano fare, i fatti sono questi. Immagino questo sia anche quello che viene percepito dalla parte più giovane della tifoseria, che ha assistito in media nell'ultimo ventennio più a campionati scialbi (conditi spesso da sconfitte e figuracce) che a momenti entusiasmanti e squadre degne del tifo della Maratona.

È la stessa percezione che sembra indurre Juric a pensare che questa sia la dimensione a cui apparteniamo. D'altra parte lui questo conosce di noi, e credo che nessuno in società sia in grado (o si sia preso la briga) di insegnargli molto sulla nostra storia e sui nostri valori. Poco contano le precisazioni sulle sue parole e i tentativi di arrotondare gli angoli scabri delle sue espressioni. Il mister è persona diretta e sbrigativa, e ha dato un nome a quel che si vede davanti agli occhi. Ma siamo dunque davvero una ''piccola'' o tutt'al più, a voler coltivare una nota romantica, una ''nobile decaduta'' (che è solo un modo di indorare la pillola)? Credo che per cercare una risposta oggettiva sia indispensabile allargare il campo di analisi e guardare all'insieme della nostra storia. Un aiuto in questo senso lo offre la classifica ''perpetua'' della Serie A che si può leggere partendo dall'anno di istituzione del massimo campionato a girone unico (1929-2022) o esaminando anche i risultati dal 1898 (anno in cui si sono disputate le prime gare del formato a gironi) al 1929. La classifica 1929-2022 riporta le statistiche delle 68 squadre che hanno partecipato ad almeno una delle 90 edizioni del campionato di Serie A. Quella 1989-1929 illustra i risultati delle 155 squadre che hanno disputato almeno un incontro dei gironi suddivisi allora in aree geografiche. La classifica è calcolata sul punteggio generale effettivamente ottenuto. Il Torino è all'ottavo posto nella classifica perpetua della Serie A 1929-2022, e sale al terzo posto se si esamina solo il periodo 1898-1929. Chi pensa che tornare tanto indietro sia un puro esercizio retorico, tenga a mente che se si guarda alla storia di una squadra di calcio si deve guardare al suo insieme, non solo ad una parte.

Considerato il suo intero cammino sportivo, il Torino emerge come una delle squadre che più hanno segnato il nostro calcio e che hanno ottenuto i migliori risultati. Eppure buona parte della nostra storia viene ignorata, e la narrativa della piccola squadra viene accettata con rassegnazione. Da troppi anni e da troppe persone questa enorme eredità sembra venir vissuta come un ingombrante peso di cui liberarsi, quasi fossero polverosi ricordi di logorroici nonni che non vogliono lasciar andare il passato. Meglio ignorarlo, meglio liberarsi di questa stanca retorica che ci zavorra a sogni ormai andati che mai ritorneranno. Quindi invece di onorare le nostre radici e costruire il futuro ancorandoci ad esse, è più comodo assecondare il miope ritornello del ''questi ormai siamo, questo valiamo'', che mette al riparo dal confrontarsi con la nostra lunga e vittoriosa storia. Ma se conoscerla non è un obbligo per nessuno, disconoscerla è un errore imperdonabile: l'insieme della nostra storia afferma ad alta voce che il Toro di piccolo non ha proprio niente. A proposito, per chi se lo fosse perso il nostro stadio si chiama ''Grande Torino''… fa venire in mente qualcosa?

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Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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